di Graziella Di Mambro*
Un giorno torrido dell’estate del 2008 mi accingo a fare quel che faccio da quindici anni: leggo gli atti di un procedimento penale del quale è stata appena dichiarata la “chiusa inchiesta”. Sono sicura che sto per approfondire un brutto filone di indagine sull’usura con metodo mafioso praticata a Fondi da un manipolo di soggetti borderline, tutti guidati da un vecchio leone ndranghetista, Vincenzo Garruzzo, che (io penso) è il personaggio chiave di tutta la storia. E invece mi sbaglio. Perché quando comincio a leggere gli atti del fascicolo <Damasco> della Direzione distrettuale antimafia di Roma scopro che il primo intestatario del procedimento è un consigliere regionale di Forza Italia, Romolo Del Balzo, e che dentro quegli atti c’è una cloaca di interessi mafiosi che si intrecciano con la politica. La prova del condizionamento di tipo mafioso sulla macchina amministrativa e politica del Comune di Fondi nonché uno spaccato impietoso degli infernali interessi della politica locale nell’economia, negli affari, negli appalti, nei concorsi pubblici.
Ecco la vera storia dell’inchiesta giornalistica di Latina Oggi sul caso Fondi, iniziata l’undici agosto del 2008 e ancora in essere. Un lavoro di indagine sugli atti, di ascolto e interviste dei protagonisti, anche quelli scomodi come l’ex assessore Riccardo Izzi e suo padre Mario; una ricerca il più scrupolosa possibile delle prove nelle carte della Procura distrettuale e in quelle della Commissione d’accesso agli atti. Pagine e pagine di descrizione dei personaggi: Romolo Del Balzo aveva rilevato le aziende del boss Alberto Beneduce dopo che questi è stato ucciso nel 1990 nella guerra tra casalesi e La Torre. Questo non era noto a nessuno. Viene scritto per la prima volta in <Damasco>. Ma Del Balzo è anche quello che manda le domande dei test per i concorsi il giorno prima delle prove a candidati suoi amici con la collaborazione di mezza Forza Italia locale. E poi ci sono i vigili urbani di Fondi che non vanno a controllare gli abusi edilizi di elementi ostentatamente vicini alla ndrangheta. E la dirigente dell’Ufficio finanze che liquida le fatture della società di Carmelo Tripodo prima di tutte le altre. E un avvocato civilista che per accelerare la liquidazione di una consulenza chiede il <favore> a Aldo Trani, sorvegliato speciale a capo della cosca Trani-Tripodo. E c’è Venanzio Tripodo che dice: <Al Mof entra chi dico io>. E c’è il consigliere Pasquale Rega descritto minuziosamente come il guardaspalle di Tripodo. E ci sono il senatore del Pdl Claudio fazione che insieme al sindaco di Fondi Luigi Parisella e a Luigi Peppe (Fratello del delfino dei Tripodo, Franco Peppe) si sono fatti dare i soldi dell’imprenditoria giovanile senza realizzare l’impresa che avevano annunciato e ora devono restituire i soldi a Sviluppo Italia. Tutto questo i cittadini della provincia di Latina non lo sapevano. Lo hanno appreso da Latina Oggi. Poi sono partite le prime bordate della politica contro <la gogna mediatica> del <giornaletto di Ciarrapico>. Nulla di quello che veniva scritto è stato confutato, bensì è stata rispolverata la parola magica, <strumentalizzazione>. Il solito refrain della politica contro l’informazione scomoda. Senza contare le querele annunciate e presentate che, viste da vicino, si mostrano per quello che sono: intimidazioni. Non hanno sortito effetto.
Latina Oggi ha pubblicato, per prima ma non da sola, la relazione riassuntiva del prefetto con la richiesta di scioglimento anticipato del consiglio comunale di Fondi per condizionamento esterno di tipo mafioso. E’ stata una violazione di atti secretati. Meno male che c’è stata. Non siamo pentiti. E lo rifaremmo ancora perché l’inchiesta (le inchieste) sulla presenza della mafia a Fondi e in provincia di Latina, strada facendo, sono diventate più che notizie meritevoli di essere pubblicate; si sono trasformate in impegno civile di giornalisti che in questa difficile provincia ci vivono oltre che lavorarci. I giornalisti di Latina Oggi avevano (ed hanno) il dovere di pubblicare tutti i dettagli di quella perniciosa illegalità che ha attaccato l’economia, il territorio con un devastante abusivismo edilizio e persino pezzi di istituzioni. Ma, soprattutto, i cittadini della provincia di Latina avevano il diritto di sapere quel che stava succedendo, quello che era già successo al loro patrimonio più importante, la democrazia. Il fatto che oggi, grazie al lavoro di molti colleghi di testate più importanti e prestigiose, tutto il Paese conosca il ruolo che la mafia ha avuto (e purtroppo ha ancora) sul territorio pontino è sicuramente un punto a favore della libertà di informare e di essere informati. Con il mancato scioglimento del consiglio comunale di Fondi, nonostante la richiesta del Ministro Maroni, la storia di questa piccola città molto ben protetta politicamente è tornata alla ribalta. Questa volta anche delle televisioni nazionali e ha prodotto un doppio effetto. Il primo: raccontare a tutto il Paese il caso Fondi e l’inspiegabile diniego dello scioglimento per mafia . Il secondo: mostrare il vero volto della provincia di Latina, il luogo complicato dove fare cronaca è un percorso tortuoso lungo il quale si incontrano politici arroganti, denunce per diffamazione, insulti gratuiti e, soprattutto, quel certo modo di svilire il lavoro di inchiesta giornalistica riconducendolo nell’alveo delle <volontà politiche> di questo o quell’editore. E, in fondo, questa è la strada più semplice: bollare una notizia come strumentalizzazione evita di entrare nel merito. Evita di mettere il naso, gli occhi e la testa dentro certi fascicoli scottanti. Come Damasco.
*Vicedirettore di Latina Oggi