Articolo 21 - Editoriali
Un premio che vuol essere una sollecitazione alla politica
di Don Antonio Sciortino
Pazienza se qualche voce politica ha stonato nel coro. Come sempre. Ma dopo che Famiglia Cristiana ha assegnato a Laura Boldrini il titolo di “Italiano dell’anno 2010”, i consensi in redazione sono arrivati a pioggia, soprattutto da parte delle persone impegnate, più direttamente, nel campo dell’accoglienza e della solidarietà. Ma non solo. Si va da Andrea Olivero delle Acli a don Vinicio Albanesi della Comunità di Capodarco, da Flavio Lotti della Tavola della Pace a don Vittorio Nozza della Caritas italiana, da don Luigi Ciotti del Gruppo Abele a Savino Pezzotta del Consiglio italiano per i rifugiati. Tanto per fare qualche nome. Persone che, comunque, sanno di quel che parlano, avendo le “mani in pasta”, impegnati anch’essi nella difesa dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Al di là del colore della pelle, della provenienza e del credo religioso. Contrariamente agli insopportabili “dichiaranti per professione, tanto al giorno”, buoni solo per acide e sterili polemiche.
Il riconoscimento a Laura Boldrini vuol essere anche una sollecitazione alla politica perché si attrezzi a governare le immense sfide della globalizzazione e dell’immigrazione. Almeno con intelligenza e saggezza. Senza cedere alle sirene della xenofobia e del razzismo, che enfatizzano solo le paure. Certo, sarebbe troppo chiedere la stessa passione umanitaria e civile della Boldrini che, con grande dignità, nell’estate 2009, ha contrastato gli attacchi isterici dei politici che l’accusavano d’essere sovversiva o di “non contare un fico secco”. Senza mai entrare nel merito delle questioni. La sua colpa? Aver osato criticare la politica dei respingimenti, senza alcuna attenzione umanitaria verso gli immigrati. Nemmeno verso chi poteva aver diritto all’asilo.
Come è scritto nella motivazione del premio, l’augurio è che questa scelta riporti all’attenzione dell’opinione pubblica un problema, che non si può ignorare nascondendolo, ma affrontandolo come dovrebbe fare un Paese civile che, nei secoli, è stato culla del diritto. Facendo, cioè, prevalere la via dei valori e dei diritti. Nella legalità e nell’accoglienza.
*Direttore di Famiglia Cristiana
Il riconoscimento a Laura Boldrini vuol essere anche una sollecitazione alla politica perché si attrezzi a governare le immense sfide della globalizzazione e dell’immigrazione. Almeno con intelligenza e saggezza. Senza cedere alle sirene della xenofobia e del razzismo, che enfatizzano solo le paure. Certo, sarebbe troppo chiedere la stessa passione umanitaria e civile della Boldrini che, con grande dignità, nell’estate 2009, ha contrastato gli attacchi isterici dei politici che l’accusavano d’essere sovversiva o di “non contare un fico secco”. Senza mai entrare nel merito delle questioni. La sua colpa? Aver osato criticare la politica dei respingimenti, senza alcuna attenzione umanitaria verso gli immigrati. Nemmeno verso chi poteva aver diritto all’asilo.
Come è scritto nella motivazione del premio, l’augurio è che questa scelta riporti all’attenzione dell’opinione pubblica un problema, che non si può ignorare nascondendolo, ma affrontandolo come dovrebbe fare un Paese civile che, nei secoli, è stato culla del diritto. Facendo, cioè, prevalere la via dei valori e dei diritti. Nella legalità e nell’accoglienza.
*Direttore di Famiglia Cristiana
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