di Fulvio Fammoni
Il decreto sulle TV è stato approvato in estrema fretta. Delle norme e degli impegni sull’editoria nessuna traccia.
Questa è l’idea di parità di condizioni del Governo sull’informazione.
Il sistema editoriale italiano, già in difficoltà e fortemente colpito dalla crisi, non ha bisogno di tagli ma di certezze.
Tutto il mondo dell’editoria ha chiesto il ripristino del diritto soggettivo di cui ad oggi non c’è traccia, si vuole invece sopprimere il sistema autoritativo per la rete distributiva senza preoccuparsi della possibilità di accesso a tutte le testate.
Si interviene insomma solo su quello a cui si è interessati, producendo ulteriore concentrazione e monopolio.
E’ intenzione dichiarata di tutti gli operatori del settore intervenire su sprechi e distorsioni. Parlare di effettiva vendita e non di tiratura, togliere l’IVA agevolata sui prodotti non editoriali e così via.
La convocazione degli stati generali più volte annunciata dal Governo e mai attuata serviva a questo ed ad arrivare ad una organica legge di riforma.
Ma il primo atto non possono essere ulteriori tagli. Non è così che si fa trasparenza nel settore. L’emendamento bipartisan presentato da alcuni Senatori al decreto Milleproroghe, che stabilisce il rinvio di due anni del sistema del riparto nell’erogazione dei contributi all’editoria, consentirebbe di cambiare approccio, di aprire un confronto approfondito per costruire una proposta condivisa.
I tagli del 20% all’editoria annunciati provocheranno invece solo ulteriori chiusure e perdite di posti di lavoro.