di Giuseppe Giulietti
La Mondadori non ha firmato l’appello degli editori contro la legge bavaglio e perché mai avrebbe dovuto o potuto farlo? Come si può chiedere ad una figlia di ribellarsi ad un padre?
Al di là della facile ironia, l’episodio rappresenta la migliore conferma non solo e non tanto del conflitto di interessi, quanto della natura della legge sulle intercettazioni.
Si tratta di una legge berlusconissima, esattamente come lo fu quella sulla stampa voluta da Mussolini dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, chi sgarra non avrà possibilità alcuna di restare nella setta di Arcore. Non casualmente, almeno sino a questo momento, anche la pattuglia dei senatori restati vicini al presidente Fini si guarda bene dall’annunciare voti in dissenso. Nella real casa si può persino tollerare un dissenso sull'unità di Italia o sull'immigrazione, ma guai a sfiorare qualsiasi argomento che abbia connessione con la libertà di informazione, con il diritto di cronaca, con il controllo delle reti RaiSet.
Eppure gli editori dei libri hanno non ragione ma ragionissima. La norma così com'è formulata li riguarda direttamente e in particolare ma, guarda che combinazione, riguarda quelli tra loro che si sono dedicati alla memorialistica civile, ai misteri d'Italia, alla ricostruzione, anche attraverso materiali processuali, dei momenti chiave della nostra storia recente
Questi editori, per altro, hanno conquistato una buona fetta del mercato, ed hanno attirato migliaia e migliaia di nuovi lettori, soprattutto nella fascia giovanile; con le nuove norme non potrebbero più pubblicare questi testi. Tanto per esemplificare, dal 1970 al 2000 non sarebbe stato possibile pubblicare libro alcuno sulla strage di Ustica perché quel processo non era approdato alla sua fase pubblica. Non parliamo poi dei tanti libri di Travaglio, Gomez, Barbacetto, Lucarelli, Stella, Rizzo, per fare solo qualche nome, che probabilmente sarebbero stati bruciati sulle pubbliche piazze.
I coraggiosi che dovessero continuare a provarci non saranno condannati al rogo, ma al pagamento di una multa stratosferica tale da determinare il fallimento di qualsiasi casa editrice, piccola o media. Cosa volete che gliene freghi alla Mondadori, ai suoi proprietari, padre, figlia e spirito santo?
Per la eventuale multa si potrà sempre fare un bel condono ad aziendam e in ogni caso l’abolizione del diritto di cronaca e il simbolico falò di tanti libri qualche piccolo costo lo debbono pur comportare.
Chiunque continui a pensare o a illudersi che quella legge possa essere radicalmente modificata o ritirata si sbaglia, andranno avanti, si infileranno l’elmetto, vogliono il lasciapassare e l’oscuramento della pubblica opinione.
In questi giorni si stanno moltiplicando gli appelli, a cominciare da quello di Rodotà, i sit in, le iniziative di protesta civile, ma occorre uno scatto ulteriore sino alla convocazione di una grande iniziativa nazionale che veda insieme quanti, comunque schierati, non vogliono accettare lo smantellamento della Costituzione e l’abrogazione del diritto di cronaca.
Per queste ragioni l’associazione Articolo21 insieme alla Tavola della Pace, a Libera informazione, a Mediacoop, alla Cgil, ha chiesto al sindacato dei giornalisti di riconvocare tutte le realtà che diedero vita alla straordinaria giornata del tre ottobre scorso per la libertà di informazione e di definire non solo la data della manifestazione, ma anche e soprattutto un piano di azioni politiche, legali e civili capaci di contrastare la norma e di disattivarla.
Ci piacerebbe, ma dovremo deciderlo tutti insieme, che ne uscisse anche una sorta di appello che potrebbe suonare più o meno cosi: ”I sottoscritti, se e quando verrà approvata la legge bavaglio, continueranno ad obbedire alla Costituzione e alla stessa legge professionale dei giornalisti e di conseguenza daranno sempre e comunque tutte le notizie che avranno il requisito del pubblico interesse e della rilevanza sociale, privilegiando sempre e comunque il diritto della pubblica opinione ad essere informata in modo completo e tempestivo. Se e quando un solo cronista, un solo editore, un solo sito o blog dovesse essere colpito dalle nuove norme ci impegniamo ad autodenunciarci, a garantirgli il gratuito patrocinio e a trasformare la sua causa nella nostra causa...”.
Se non andrà bene questo testo ne faremo un altro, ma bisogna reagire da subito, nell’unico modo che questi signori temono: l’impegno a fare luce laddove vorrebbero silenzio e oscurità.
Alla fine porteranno a casa la loro legge bavaglio, ma per loro potrebbe essere l’inizio della fine. Persino una parte del loro elettorato non ne può più della cricca e delle bande, e si attende provvedimenti esemplari.
A tutti costoro risponderanno non con la cacciata dei corrotti, ma con le manette e i bavagli a quanti vorrebbero indagare, scrivere o semplicemente essere informati, alla faccia del Berlusconi anticorrotti e di quelli che ancora credevano che la Mondadori non fosse controllata dalla famiglia del sultano.