di Ennio Remondino*
Avete presente la filastrocca del nostro infantile “Giro tondo”? Gira e rigira alla fine “casca il mondo, casca la terra e tutti giù per terra”. Nel girotondo telegiornalistico italiano, i sette Tg nazionali (Rai, Mediaset e La7), nelle loro edizioni di massimo ascolto, il Mondo lo buttano davvero per terra. Nell’angolino più nascosto dei loro titoli. Su 287 edizioni dei Tg di prima serata presi in esame, soltanto il 20 per cento dei titoli, la vetrina a vendere, riguarda argomenti non avvenuti in Italia. Provincialismo? Un po’ di più. Di questo già sparuto blocco di notizie, il 75 per cento riguarda il Nord del mondo, economia, politica, cultura occidentale. Sempre cosa nostra, insomma. Aggiungiamoci un bel pacchetto di gossip, dai tormenti delle coppie Sarkó-Bruní e Clooney-Canalis sino a Sandra Bullock, ai seni artificiali, e arriviamo alla rimanenza. Quel poco che resta del “Mondo dei problemi” fatto dai punti di crisi, dalle tematiche globali e dalle catastrofi naturali e ambientali, finisce nell’angolino nascosto della vetrina col suo misero 6 per cento di attenzioni sottolineate.
Raccoglitori di numeri e non soltanto, sono un po’ di giornalisti di buon mestiere e di pessimo carattere. Di quelli che ancora riescono ad indignarsi per le cose storte che partono dall’informazione e coinvolgono il paese. L’iniziativa si chiama “Osservatorio sui Tg quotidiani” ed è una creatura appena nata da un’idea di “Articolo21”. Attualmente abbiamo i numeri cui seguiranno le analisi sviluppate assieme alla facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza. In realtà il primo assaggio spunti di riflessione ne offre già molti. Il poco mondo raccontato, occupa i tre quarti dell’attenzione televisiva ad aree, temi e paesi tra loro omogenei. La “globalizzazione di primo livello” viene chiamata, quella che riguarda i pochi e i ricchi. Sempre e comunque non più del 15 per cento della popolazione mondiale. Effetto specchio, nella pagina del pettegolezzo troviamo lo stesso mondo nella lettura frivola e pruriginosa, col telegiornalismo da buco della serratura sempre più in espansione. Tematiche a sfondo sessuale, soprattutto, che hanno come principali vittime le donne e la realtà dei cittadini. Alla fine, neppure quel poco di “Mondo dei problemi” si salva. L’ottica con cui si guarda ai punti di crisi è spesso limitata al coinvolgimento dei nostri interessi. Nelle crisi dimenticate, la guerra è guerra soltanto se intervengono forze occidentali.
I dati, limitati per ora a soli 50 giorni di osservazione, non fanno statistica, ma c’è da dire che da subito riescono a fare ridere. O piangere. Il misero 20 per cento di mondo oltre i confini patrii e berlusconiani della nostra politica offre una classifica incontestabile. Vince la crisi greca, letta soprattutto come minaccia ai nostri euro, con 57 titoli. Segue il vulcano islandese, letto sempre con l’occhio dei voli bloccati che ci coinvolgono, e la marea di petrolio del pozzo sottomarino raccontata nel dramma dei pescatori di gamberi e ostriche della Louisiana. Forse si prospetta qualche cosa di peggio per l’equilibrio naturale del pianeta, ma non c’è tempo giornalistico per analizzare e raccontare. Emergency, gli arresti intimidatori dei suoi medici in Afghanistan, manco sale sul podio: quarto posto con 15 titoli soprattutto dedicati alle polemiche tra Gino Strada e Franco Frattini. Lo Start 2, l’accordo sulla riduzione degli armamenti nucleari sta a 10 titoli, assieme alla vergogna dei casi di pedofilia nella Chiesa. Seguono le elezioni in Gran Bretagna che valgono 9 titoli, esattamente come la presunta crisi fra Presidente e première dame francese. Molto sotto nelle attenzioni mediatiche le donne kamikaze a Mosca, il terremoto in Cina e la giornata dell’acqua promossa dall’Onu. L’assaggio già promette molto, ma il gusto forte viene dopo.
Il Nord del mondo. Gli argomenti si intrecciano tra cose serie e molto meno serie. Al centro del nostro interesse verso questa parte privilegiata del mondo, oltre i “titoli di testa”, scopriamo che il terrorismo negli Stati Uniti e la riforma sanitaria di Obama ottengono la stessa attenzione dei seni artificiali. Pari merito di follia giornalistica. A ridurre la presenza televisiva del nostro premier, almeno fuori casa, solo i due titoli conquistati dal vertice Sarkozy-Berlusconi, dal compleanno della Regina Elisabetta e dalle ennesime nuove rivelazioni sulla povera Lady D. Seguono, con un solo titolo, il pellicano che attacca l’ornitologo, la protezione del mostro di Lockness, il cavallino nano negli Usa, l’ipnotizzatore di conigli, Maradona morso dal cane e i cannibali in Russia. Almeno una volta erano i comunisti a mangiarsi i bambini. Tra serio e faceto, tra ovvio ed estrosamente stupido, l’attenzione sul pianeta che ci è raccontato sprofonda verso il ridicolo, mentre il “Mondo dei problemi” viene sepolto nel suo 6 per cento di risicate attenzioni complessive. Dell’eterna crisi palestinese se ne parla soltanto grazie all’arrivo dell’americano Obama a Gerusalemme, mentre l’anniversario della catastrofe nucleare di Chernobyl, del massacro bosniaco di Srebrenica, delle operazioni sporche dei Contractors Usa in Iraq, richiamano la stessa attenzione del primo individuo “neutro” che sarebbe nato in Australia.
Manca per ora la distinzione tra televisione pubblica e televisione privata, che ci attendiamo di conoscere. Liberi tutti, i telegiornali commerciali, di conquistarsi o respingere ascolti sulla base di scelte editoriali. Un po’ meno vale per la Rai di Servizio pubblico che ha diritto alla lievità di alcuni argomenti per non angosciare sempre i cittadini, ma con l’obbligo di attenzione al mondo reale. Sapere, ad esempio, se alcune eventuali cadute di contenuti e di forma abbiano sollecitato curiosità e attenzione o abbiano provocato invece una caduta di ascolti.
* Il Manifesto - 23 maggio 2010