di Ottavio Olita
Peccherò, probabilmente, di ingenuità. Ma che senso ha che “Il Giornale” dedichi tutta la sua prima pagina a dimostrare che altri giornali – “Repubblica” “Il Corriere della Sera”, “l’Espresso”, “Il fatto quotidiano”, l’Unità” – hanno pubblicato articoli relativi a questioni private della presidente di Confindustria? A cosa può servire? Possibile pensare che i responsabili di quel quotidiano abbiano così voluto allontanare da sé ogni responsabilità per scaricarla sui concorrenti-avversari? E davvero possono illudersi che qualcuno possa in questo modo accusare gli altri di fariseismo e che solo a loro vada il merito di sventolare alta la bandiera della ‘completa informazione’?
E’ stato già ampiamente motivato su questo stesso sito il deciso ‘no’ all’intervento a gamba tesa della magistratura - e alle sue modalità – in tutta la vicenda. Credo sia necessario, con altrettanta determinazione, riaffermare qual è la funzione della stampa in un Paese Democratico se non si vuole che si trovino giustificazioni a varie forme di bavagli. Lo ha già detto con chiarezza il presidente della Fnsi Natale. La libera circolazione delle notizie è il sale della libertà. Se però io metto su un tavolo destinato alla compravendita o al ricatto quel che so, non sto più facendo il giornalista. Che senso ha, allora, che “Il Giornale” tenti di gettare ombre sull’operato di colleghi che hanno svolto correttamente i loro obblighi deontologici? Queste questioni sono competenze della Magistratura o di un Ordine Professionale che risponda alla sua stessa ragione di esistere? O non sono anche argomento centrale della formazione dei tanti giovani che con passione cercano di abbracciare questa professione che ogni giorno subisce delle indegne umiliazioni?
Io non so se mai questo sfortunato Paese – che mai avremmo immaginato 20, 30 anni fa si riducesse in questo stato – riuscirà a darsi un sistema di regole che sconfigga o almeno controlli i tanti conflitti di interesse che si sono costruiti: per conseguire quell’obiettivo dovremo impegnarci, tutti noi democratici, a sostenere tutte le forze politiche che vorranno farlo. Basterà? No. Come giornalista e operatore culturale di un’Italia che è sempre più irriconoscibile credo sia indispensabile ripristinare un humus di sensibilità, impegno, partecipazione che liberi i cittadini dalla cappa di fatalistica accettazione di tante indegnità, “perché tanto sono tutti uguali”. Ci vorrà molto tempo, perché per tanti anni ci si è colpevolmente illusi che il peggio sarebbe passato rapidamente. La verità è che se non si costruisce un progetto di rifondazione etica, solidale, culturale che metta al centro i principi della Repubblica sanciti dalla Carta Costituzionale la risalita dal pozzo sarà sempre più difficile, con la possibilità che riacquisti credibilità, sotto nuove vesti, il solito “uomo della Provvidenza” la cui immagine si è solo parzialmente offuscata.