di Oliviero Beha
“Il Nobel a Saviano? Non dovrei dirlo, ma a questo punto bisogna mettere giù le carte: ho scritto una lettera piuttosto vasta, dando indicazioni e ho mandato pure i suoi libri a Stoccolma”. Si conclude così una lunga conversazione con Dario Fo nella sua casa milanese di Porta Romana, che ho registrato per l’ultima puntata della trasmissione “Brontolo”,in onda stamani su Rai 3 alle 11,20. Il tema era “Nobel o Ignobel? Il mistero buffo di Dario Fo”, e tutto quello che significa e ruota attorno al più famoso premio del mondo. Ecco, a stralci, come siamo arrivati a Saviano partendo da Dario, l’ultimo italiano a ricevere quello per la letteratura nel 1997, dopo Carducci, Deledda, Pirandello, Quasimodo e Montale.
Intanto, la prima volta che hai sentito parlare del premio Nobel quando è stato? Da ragazzino, da giovane…
Proprio da ragazzino: soprattutto nel dopoguerra; perché avevo un’età che mi permetteva d’intendere e soprattutto di valutare valori eccetera. Ma solo dopo averlo “guadagnato”, dopo che me lo hanno “affidato” diciamo così, ho capito l’importanza del Nobel. Perché prima di tutto sono stato in Svezia e ho potuto parlare con grandi personaggi, tutti quelli che avevano avuto il Nobel prima di me…Ma avevano già pensato di offrirmelo.
Un po’ di tempo prima?
Sì, una decina di anni prima. Però l’hanno fatto saltare perchè qualcuno ha fatto una mossa molto …furba. Cioè ha fatto girare la voce che io ero uno dei concorrenti. E questo non si deve pubblicare. Per evitare che ci siano problematiche, contenziosi…mi hanno tolto di mezzo…c’è stato qualcuno che ha parlato dal di dentro: ha spifferato…
Dal di dentro di loro…o qualcuno di italiano…
Di loro, di loro…
E’ stata una fregatura patriottica, che veniva dall’Italia, o una fregatura esterna?
Non si sa, non si sa come sia nata. C’è stato un circolo culturale svedese, che ha pubblicazioni, eccetera, che ha tirato fuori questa “soffiata”.
Di conseguenza la “soffiata” è stata determinante per scansare. Ma torniamo ai tuoi predecessori: quale ti è più vicino ? Pirandello presumo, per certi versi, oppure no?
No, meno vicino Pirandello.Invece, Quasimodo: io lo amavo molto, anche perché mi ha fatto conoscere i greci; i grandi poeti greci e anche il teatro greco perché ho parlato con lui. Eravamo legati da un pensiero, da un modo di vedere, da una ideologia: termine che adesso è proibito…
Per carità, non si può dire. Oggi come sai, c’è una ideologia determinante che è quella del non avere ideologie: non sanno che è un’ideologia….Ma a proposito del Premio, al di là del fare uscire o non fare uscire il nome, c’è tutta una trama dietro, dei risvolti, dei misteri dietro la consegna di questo premio,no? Che cosa succede esattamente?
Una cosa che ho scoperto dopo: quando sono andato a ricevere il premio, nei giorni ancora prima che ci fosse il rito, ho incontrato i maestri, i dottori li chiamano…coloro che hanno deciso di dare il premio, che hanno deciso di offrire il premio a me. Sono parecchi, io ne ho contati quindici, importantissimi; legati a tutte le categorie che sorreggono e sostengono il discorso della letteratura, del teatro dell’espressione e via dicendo. E la cosa che mi ha sorpreso, è il lavoro che fanno sulla scelta. Io sono entrato in una stanza dove c’erano alcuni concorrenti, alcuni che poi sono stati premiati dopo. Ho visto già i libri…perché lo preparano anche vent’anni prima e poi ho scoperto che c’erano anche dei testi, miei, che io avevo perduto, e loro li avevano….Volevo dire, che nel premio Nobel, oltre che la scrittura o la messa in scena in questo caso, è valutata e approfondita la tua vita.Cioè che cosa hai fatto, come ti sei comportato, che cosa hai usato della tua vita nella società e nella collettività.
E’ per questo che Borges non l’ha mai vinto: che idea ti sei fatto tu?
A me piaceva molto. E’ stato uno dei nostri maestri.
Mi è venuto in mente per il tuo discorso sulla vita.
Io sono stato in Argentina e ho visto quello che era lui, ancora vivo. Noi siamo stati aggrediti dai fascisti a Buenos Aires. Hanno distrutto completamente la facciata del teatro dove eravamo. …Stiamo parlando di trenta, trentacinque anni fa. Lui che era responsabile culturale dell’Argentina non è venuto neanche ad affacciarsi. Ma come, succede una cosa di questo genere…non fai una telefonata…e allora questa assenza dalla vita reale, credo che abbia… non ho mai parlato con loro…
Quindi non l’opera che è straordinaria, ma la persona forse…
Cioè la persona che ha un suo mondo estraneo a quello reale, e che…
…non rientra nelle logiche di assegnazione complessive del premio, se ho capito bene.
Certo, sì, Borges non si è stupito neanche né ha preso posizione quando i generali e i colonnelli hanno preso con violenza il potere…
E poi arriviamo a Berlusconi, che nel 1997 disse “i giullari prendono il premio Nobel”…
Ma la cosa che fa paura è di nuovo l’ignoranza. Un’ignoranza abissale. Io non so dove abbia studiato la letteratura, se l’ha studiata, perché è chiaro che i più grandi giullari, che so’: Bonvesin della Riva, Bescapè, erano delle persone di una cultura straordinaria…se pensi alla struttura per mettere in piedi “il dolce stil novo”,vedi che è venuto dallo studio di tutti i più grandi poeti italiani di allora presso i giullari. Credere che i giullari come i comici siano…
…siano stipati nel cassetto dei cialtroni…
…erano laureati, notai, gente che sapeva leggere, che conosceva il greco, gli unici. Gente che sorpassavano i sacerdoti, gli scienziati della chiesa… Certo, essere convinti che “giullare” sia il termine dispregiativo e soprattutto che questi siano dei cialtroni, barzellettieri da poco conto, vuol dire non conoscere la letteratura.Dante Alighieri si è raccolto tutto quello che avevano scritto i giullari o era stato riscritto da altri per strutturare l’impianto di un nuovo modo di esprimersi.E di scrivere.
Quindi quella “crescita dell’umanità” in senso lato, di cui parla chi ti ha consegnato il premio, è intesa anche riferita alla qualità della persona.
Il suo essere nella società effettiva.
Con gli “effetti” che ne riceve… Come si sa invece per esempio Pasternak lo aveva vinto,lo avrebbe preso volentieri.E glielo hanno impedito.
Certo, è stata…però è importante: la Russia, l’impero sovietico aveva capito l’importanza del Nobel. Aveva subito sentito il bisogno di bloccare, quasi di cancellare quel Nobel. Era un’onta per quello che era il regime.
Era una penetrazione mediatica forte.
Da noi invece si è cercato di buttarla in “sghignazzo”, di sfottere…
Non c’è dubbio, però è una politica anche quella di svilire un po’ tutto. No?
Ecco, questo è anche il taglio di questa forma culturale che viene avanti. Per cui la cultura viene cancellata completamente. Bondi che, veramente Dio l’abbia in gloria lo faccia volare, sempre in cielo come un “bondi che vola”…
…non ce lo tolga, ma lo faccia volare…
A un certo punto è proprio la dimostrazione del vuoto culturale, del disinteresse:
è, come si ripete, la cultura a essere qualcosa di superfluo, di cui si può anche fare a meno.
E’ un impiccio e un rischio. E’sempre il “non disturbate il manovratore” inteso in senso lato.
Bisogna ammettere: la destra italiana si è resa conto da tempo di non avere gli uomini adatti a chiamarli “intellettuali”.
Quindi non avendo egemonie culturali gramsciane da fornire…
Non ne abbiamo: tutti quelli che stanno dall’altra parte li cacciamo.
E’ una logica aziendale mica da poco.
Cancellare un prodotto perché non ne abbiamo.
Al volo una risposta, prima di finire: oggi un premio Nobel a Saviano, per quello che rappresenta, sarebbe sproporzionato, nonostante tutto, oppure no?
Non dovrei dirlo, ma a questo punto bisogna mettere giù le carte, ho scritto una lettera piuttosto vasta, dando indicazioni e ho mandato pure i suoi libri a Stoccolma…
Ma non diciamolo…Grazie, Dario.