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Pensioni e contratti. Quali interessi dietro attacco del ministro Fornero ai giornalisti?
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di Gianni Rossi

Pensioni e contratti. Quali interessi dietro attacco del ministro Fornero ai giornalisti?

Duro attacco, senza mezzi termini, del ministro per il lavoro e le politiche sociali, Elsa Fornero, ai giornalisti, al loro contratto e all’INPGI, l’istituto di previdenza, proprio durante la cerimonia per celebrare i 100 anni della firma del primo contratto nazionale di lavoro, che appunto fu siglato nel 1911 tra gli editori e i giornalisti, anticipando quella contrattazione collettiva che fu poi utilizzata dai sindacati operai. “La vostra professione si è avvalsa di tanti privilegi per la vicinanza che avete, più di altri lavoratori, con il potere politico”, ha accusato il ministro,” Anche voi state sperimentando la durezza del mondo che non fa sconti a nessuno: se non li fa ai lavoratori Fiat non si vede perché li dovrebbe fare a voi. Nessuno si può sottrarre". Ed ancora: "Ho polemizzato spesso in passato con la vostra cassa previdenziale. La vostra cassa ha problemi di sostenibilità come quasi tutte quelle professionali. Dobbiamo garantire che vengano amministrate bene non solo per i pensionati o quelli vicini alla pensione ma per i giovani”. Insomma, i giornalisti sarebbero una piccola “casta” e, allora, è giusto che il loro istituto di previdenza vada a finire nel calderone della “SuperINPS”, così da rimpolpare le sue casse. Ne abbiamo parlato con il Segretario della FNSI, il sindacato dei giornalisti, Franco Siddi.

Te l’aspettavi l’attacco del ministro all’INPGI e al contratto dei giornalisti?
 “Assolutamente no. Avevo una posizione molto ferma sulla vigilanza, ma confidavo in una valorizzazione del lavoro fatto dalle rappresentanze dei giornalisti, sia la Federazione attraverso l’accordo con le parti sociali, sia all’INPGI attraverso le delibere di stabilità approvate anche in conseguenza di quelle intese. Inoltre, la sua manovra generale sulle pensioni - a parte le durezze con cui la si rende efficace senza tempi di transizione e misure di accompagnamento progressivo  ai nuovi indici di età e di calcolo -  ha una filosofia che noi abbiamo sperimentato concretamente e con lungimiranza. Da tempo, avevamo introdotto per le anzianità le pensioni “a punti”, cioè con penalizzazioni di importo per chi andava in pensione prima dell’età. Allo stesso modo avevamo aumentato, primi fra tutti nel settore privato, l’età pensionistica delle donne, per equipararla a quella degli uomini e per tener conto della base mutata dei contribuenti di oggi, quindi, delle attese di pensione per il domani. Quanto al contratto temo che il ministro conosca poco dei suoi contenuti sociali e del portato innovativo degli ultimi rinnovi e conosca, invece, di più antichi luoghi comuni e applicabili oggi solo ad una minuscola platea di giornalisti “grandi firme” o star televisive.    Per altro credo non sfugga a nessuno che spingere ulteriormente la professione giornalistica alla proletarizzazione di un tempo , così come l’hanno conosciuta diverse categorie del lavoro, non serve non solo agli interessati e neppure al bene del paese. Giornalisti penalizzati nelle retribuzioni , precarizzati in massa, fanno male a tutti, perché rischiano, per sopravvivere, di essere assoggettati a qualsiasi vento. Così si determinano solo ingiustizie che con la sua azione e con l’impegno per i nuovi contratti il sindacato denuncia e  vuole risolvere. Serve consapevolezza delle istituzioni, una legislazione sociale innovativa che non parta dal presupposto che la questione si risolve, diminuendo i diritti di chi oggi ha un contratto. E serve anche un’alta responsabilità sociale delle imprese”.

Il ministro ha in pratica accusato i giornalisti di essere una “casta” e di non fare molto per i giovani che si affacciano alla professione.
 “C’è una mania di pensare sempre che le figure del lavoro come quella dei giornalisti, che hanno un contatto con il pubblico, siano automaticamente ricche, che siano una “casta”. Non è così! Forse non tutti sanno che da 15 anni non ci sono più importanti contratti integrativi quasi da nessuna parte e che il contratto nazionale è fondamentale per assicurare un minimo di equità retributiva per la stragrande maggioranza. E per far fronte ad un welfare avanzato totalmente sostitutivo di qualsiasi spesa da parte dello stato. Non solo, la categoria dei giornalisti ha pagato duramente 4 anni di mancato rinnovo del contratto, unica nel suo genere, che ha significato 6 anni senza aumenti  retributivi fino al 2009. Tutto questo perché la FNSI ha preteso di dare voce ai diritti anche salariali e sociali dei giornalisti precari e dei lavoratori autonomi, in gran parte giovani, costretti dal sistema ad esser tali fino a 40 anni. 

Nell’immaginario collettivo, però, si pensa ancora ai giornalisti come a dei privilegiati.
 “E’ ingeneroso e sbagliato accusare la categoria di pensare solo ai cosiddetti “privilegiati”. Noi conosciamo sicuramente centinaia di colleghi, che ormai hanno perso definitivamente il posto di lavoro negli ultimi anni e quelli che in queste settimane non sanno se per Natale troveranno ancora lo stipendio. Proprio oggi, è arrivata notizia di altri 3 giornali che sospendono le pubblicazioni ed è arrivato l’appello disperato per un contributo di solidarietà della categoria, perché da 8 mesi non riescono con una propria cooperativa di auto-imprenditorialità professionale ad incassare lo stipendio, perché hanno dovuto prima pensare a pagare le spese, per tenere in vita il loro giornale e coltivare la speranza di un futuro. Un futuro sempre più incerto e grave per i ripetuti annunci di tagli dell’intervento pubblico motivato dalla crisi  finanziaria del paese. Ma anche qui occorrono scelte selettive, perché nessun giornale vero che abbia giornalisti veri sia costretto a chiudere, a causa di questi tagli e della grandissima difficoltà ad avere l’accesso al credito. Il dramma è che in questa situazione sta rimanendo in campo solo il sindacato che non rinuncia a rappresentare problemi e a cercare soluzioni giuste ed equilibrate. Non c’è una linea quantitativa dei diritti che possiamo considerare valida non solo per noi, ma per una società che si fondi, come deve essere, sulla civiltà del lavoro. L’assenza dei diritti si paga amaramente anche sul piano economico e dei costi sociali di domani”. 

 Ma l’INPGI con questa manovra finanziaria non rischia di fallire?

 “A meno che il Governo non voglia cambiare completamente i dati di valutazione, come appare da una norma contenuta nella manovra finanziaria, che modifica l’asticella degli indici di sostenibilità, escludendo i valori patrimoniali delle case autonome previdenziali. Cosa che non viene chiesta a nessuno, neanche all’INPS che, se solo fosse richiesto di una sostenibilità come quella sollecitata agli istituti privati, dovrebbe dichiarare fallimento. Ebbene, l’INPGI con la manovra di luglio ha messo i conti in ordine prospettico, certificato dai Ministeri vigilanti, per 50 anni, aumentando la contribuzione e aumentando l’età pensionabile. Non solo, l’INPGI continua a pagare ingenti costi di ammortizzatori sociali, esonerando lo Stato, proprio perché la previdenza autonoma dei giornalisti funziona bene, è un modello e, grazie ai sacrifici fatti, non è obbligato a pagare ingenti risorse per gli ammortizzatori sociali: cassa integrazione, assegni di disoccupazione, contratti solidarietà, prepensionamenti. Molte aziende, anche grosse  società editoriali, sono rimaste in piedi  o si sono rilanciate grazie anche a questo sacrifico enorme, solidale, che non può essere dissipato da politiche quantitative del sistema pubblico. 

Come pensi si possa uscire da questa situazione?

 “C’è un grande valore  e c’è uno sforzo nuovo in più, sul quale vorremmo vedere una concordia di azioni da parte degli imprenditori e dello stato. Grazie alla buona gestione dell’autonomia previdenziale e alle scelte contrattuali di tipo solidale, orientate allo sviluppo reale, abbiamo previsto un castelletto di risorse per incentivare nuova occupazione a tempo pieno, attraverso sgravi contributivi importanti. Tutto questo è forse roba da casta? Noi crediamo di no. E penso che anche chiunque voglia guardarci dentro, pur partendo da un’immagine diversa, forse distorta dai venti che fanno chiasso, ma non sono notizia vera, converrà con noi. Penso che la franchezza del ministro Fornero, a questo punto, possa essere trasformata in una grande opportunità: per lei, per il governo, per noi e per il sistema dell’editoria, se tutto questo servirà a vedere dentro le cose senza pregiudizi. C’è qualche norma che non va bene nella manovra ora al Senato. Parafrasando Einaudi, ritengo che sia fondamentale conoscere bene le cose per deliberare o correggere poi ciò che un’emergenza non ha consentito di vedere bene in tutti i suoi aspetti”.


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