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Spagna, la riforma di Rajoy rappresenta una vera mazzata per i lavoratori
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di Ettore Siniscalchi

Spagna, la riforma di Rajoy rappresenta una vera mazzata per i lavoratori

Il governo di Mariano Rajoy ha varato una riforma del mercato del lavoro che facilita i licenziamenti, ne riduce fortemente il costo per le imprese e ammette la possibilità di diminuire le retribuzioni unilateralmente, motivandolo con la contrazione dei risultati economici per l'impresa. La riforma rappresenta una vera mazzata per i lavoratori. Se prima il licenziamento di un impiegato a tempo indeterminato costava all'impresa 45 giorni lavorativi per ogni anno di servizio, con un massimo di 42 mensilità, adesso gliene costa 33. Ma la possibilità di licenziare a seguito della contrazione per tre mesi consecutivi del volume d'affari, fa saltare i conti: la liquidazione si riduce a 20 giorni per anno lavorato con un massimo di 12 mensilità. In concreto, un impiegato con 28 anni di servizio e uno stipendio netto di mille euro al mese che con le vecchie norme avrebbe ricevuto una liquidazione di 42mila euro, ne riceverà massimo 33mila, ma con la motivazione economica - che, secondo giuslavoristi di diverse tendenze, data la vaghezza del decreto, diverrà la principale motivazione di licenziamento - ne riceverà 12mila. Mentre le imprese risparmieranno il 71,5 per cento. Le previsioni sono che in una prima fase aumenterà la disoccupazione: il tessuto imprenditoriale spagnolo non sembra in grado di affrontare la crisi con la flessibilità e sceglierà la via facile dei licenziamenti per ridurre i costi.

Anche in Italia l'eco delle misure è arrivato, confuso e piegato alle polemiche nostrane sull'articolo 18. Le norme del mercato del lavoro italiano e spagnolo non sono sovrapponibili come non lo sono i due modelli di welfare. In Spagna il licenziamento senza giusta causa viene pagato di più dalle imprese, che dal 1997 non sono obbligate al reintegro. Se tra questo regime e i livelli di occupazione ci sia una relazione effettiva, l'esperienza spagnola non ci aiuta a capirlo, visto che, se tra il '97 il 2007 la disoccupazione è diminuita di 10 punti, successivamente, e con le stesse norme, essa è aumentata di 13, giungendo al 23 per cento. Per quanto riguarda lo stato sociale, gli spagnoli sono accompagnati da un welfare di prossimità più presente del nostro, con sussidi di disoccupazione e offerta di formazione molto maggiore, ausili all'affitto, alle spese scolastiche e alla cura famigliare di anziani e malati (la sussidiarietà in Spagna è declinata sino al livello ultimo delle famiglie), nel nostro paese sconosciuti. Un modello di welfare ora sotto attacco, anche perché poco sostenibile nell'attuale crisi economica, essendo, per ora, assenti dal programma di governo seri strumenti contro evasione e elusione fiscale.

Ma quello che preoccupa anche qualcuno tra coloro che condividono il cammino della riforma è la rottura del patto sociale. Non si è voluto cercare un percorso condiviso - cosa possibile, come dimostra il recente patto sulla moderazione salariale firmato da sindacati e imprenditori - preferendo l'attacco ai sindacati. Sulla riforma del lavoro dunque si chiude una tenaglia. Sinistra e sindacati l'accusano di fare i soli interessi degli imprenditori, varando norme atte a rimodellare sulla paura il sistema delle relazioni nel lavoro. Economisti liberali criticano invece la subalternità alle imprese, incapaci di impegnarsi nell'innovazione di processo e di prodotto e di coinvolgere i lavoratori nelle sorti aziendali, sul modello tedesco per intenderci. E si fa largo la preoccupazione che l'aumento della conflittualità, nelle piazze e nel linguaggio della politica, diventi un fardello insostenibile per la Spagna che deve uscire dalla crisi. Un quadro non rasserenante che il contemporaneo attacco alle legislazioni dell'ultimo decennio (dall'aborto alla regolazione delle unioni civili, dal nucleare alla protezione delle coste sino alla legge sulla memoria storica) rende quanto mai plausibile.

Eppure molti analisti avevano ritenuto che Rajoy si sarebbe dedicato all'economia, senza aprire altri fronti. Fronti che invece sono stati aperti, nel momento in cui è stato considerato utile. Perché la crisi continua a mordere gli spagnoli, anzi si aggrava. Peggiorano i dati occupazionali e aumentano le tasse. I servizi subiscono tagli pesanti e questo pesa direttamente sull'economia delle famiglie e sulla qualità di vita. Per affrontare l'impatto sulle famiglie delle misure varate, Rajoy ha bisogno che il suo elettorato si compatti attorno al governo, quindi il Pp ha accelerato sui temi che radicalizzano la società e vanno incontro alle sensibilità della destra profonda più conservatrice, quella che ha manifestato contro il matrimonio omosessuale, per il mantenimento del valore curricolare dell'insegnamento della religione, contro l'aborto. Quella destra mobilitata dalla chiesa più reazionaria, dai blog della "caverna" (la destra antimoderna, radicata nella tradizione spagnola, nella sua vulgata aznarista), dall'Associazione vittime del terrorismo.

Così è toccato al ministro dell'Ambiente, Miguel Arias Cañete, annunciare una "profonda riforma" della Legge sulle coste (che tardivamente ha tentato di mettere un argine allo scempio del territorio costiero spagnolo perpetrato negli anni). Il ministro dell'Educazione, José Ignacio Wert, ha deciso l'eliminazione dal prossimo anno dell'Educazione civica nelle scuole (confermando la Spagna come unico paese d'Europa dove sull'insegnamento di tale materia si può spaccare il quadro politico) e annunciato una profonda controriforma del sistema. Anna Mato, la ministra della Sanità, ha attivato uno studio per vedere se la pillola del giorno dopo abbia effetti secondari (malgrado l'Agenzia spagnola del farmaco l'abbia già fatto, con competenze e pratiche scientifiche certamente migliori di una commissione ministeriale, autorizzandone la vendita dieci anni fa). E Alberto Ruiz-Gallardón, l'ex sindaco di Madrid e ora ministro di Giustizia, contemporaneamente, attacca la legge sull'aborto (che finalmente aveva dotato la Spagna di una moderna regolazione per periodi affrancando la donna dalla tutela medica) mentre appoggia il matrimonio omosessuale zapateriano. Gallardón è infatti la figura del Pp con maggiori margini di manovra, rappresentazione di una destra moderna, efficiente, non ideologizzata e non filo-clericale. Ma in comune con gli altri colleghi ha il fatto di essere un nome importante del partito che poco ha potuto sin qui valorizzare il suo impegno. Gli interessi di convenienza politica personale si incontrano con quelli di Rajoy, che preferisce che il dibattito pubblico si sposti dai temi economici.

Un gioco pericoloso, perché c'è il rischio che "il richiamo della caverna", esaltando le componenti più reazionarie e intolleranti della società spagnola, abbia, come accadde con  Aznar, conseguenze negative per il governo. Come il compattamento delle opposizioni coi sindacati (già Psoe, Comitatos obreros e Ugt si sono ritrovati contro la riforma del lavoro). Senza dimenticare il movimento che viene dall'esperienza degli Indignados e del 15M (che riprende forza nella difesa della scuola pubblica e dei servizi sociali ed è sempre stato presente nella lotta contro gli sgomberi e le requisizione delle case degli insolventi gravati da mutui immobiliari). Una parte del Psoe spera che il radicalizzarsi della destra indebolisca il governo, compatti gli elettori di sinistra e disgusti quelli moderati, dando tempo ai socialisti di arrivare al dopo-Rubalcaba (il segretario non sarà fra quattro anni il candidato alla guida del governo), con un nuovo leader e una ricostruita credibilità come alternativa di governo.

Ma Rajoy, per non farsi travolgere dalla "caverna", gioca su più piani. La recente bocciatura della mozione che chiedeva la messa fuorilegge di Amaiur e Bildu (formazioni della sinistra nazionalista radicale basca), presentata dalla UpyD, il partito della ex-socialista Rosa Díez, ha significato il rilancio del Patto contro il terrorismo tra popolari, socialisti e nazionalisti baschi del Pnv. Patto che Rajoy ha rilanciato con l'invito alla stessa Amaiur a “metter in gioco tutta la sua influenza perché i sostenitori della minaccia armata si dissolvano immediatamente, volontariamente e senza condizioni”. Il passo di Rajoy è doppio. Da un lato impone il dialogo e la responsabilità al Psoe, riconoscendo il Patto antiterrorimo e l'unità dei partiti politici. Dall'altro, prende atto del ruolo della sinistra nazionalista radicale nella soluzione del problema del terrorismo basco - i 7 deputati alla Camera sono l'evidente dimostrazione che senza di essa non si isola l'Eta - e, investendo Amaiur, apre alla negoziazione che dovrà esserci quanto a misure di reinserimento - avvicinamento nei Paese baschi dei carcerati dell'Eta sparsi nelle regioni spagnole e le altre misure accessorie allo smantellamento negoziato di una banda terrorista - sempre contrastata dal Pp all'opposizione. In questo modo Rajoy limita i margini di manovra del Psoe che non può deviare dall'unità antiterrorista, anche per rivendicare l'ottima gestione di Rubalcaba da ministro dell'Interno e rivalutare il tentativo di dialogo di Zapatero.

Rajoy, insomma, tenta di tenere in equilibrio la necessità di mobilitare il popolo di destra, rispondendo alle sue parole d'ordine, con il senso di responsabilità dell'unità contro il terrorismo. Fa marcia indietro sui primi ingiustificabili episodi di repressione poliziesca, dando chiare indicazioni alla polizia nazionale di non cercare più lo scontro con gli studenti, come accaduto a Valencia in queste settimane. Nel contempo continua le misure anticrisi varate da Zapatero e ne cerca di nuove. Vara una riforma importante e rischiosa come quella sul lavoro, minaccia (e fa minacciare) controriforme antizapateriane. Mette ordine, in questo con un approccio che sembra più adeguato rispetto a quello di Zapatero, al disastrato sistema di banche, casse di credito cooperativo e piccoli istituti bancari, che costituiscono la maggior debolezza oggi del sistema spagnolo. Muoversi sempre, per non farsi inquadrare nel mirino nemico, e mantenere il controllo dell'agenda del dibattito pubblico, sembrano essere ora  la miglior descrizione della politica di Rajoy alla guida del suo primo governo.


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