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L'informazione e la conoscenza sono beni comuni, fondamenti della democrazia
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di Anna Mazza

L'informazione e la conoscenza sono beni comuni, fondamenti della democrazia

Sindaco, proprio questa settimana Napoli ha ospitato il Consiglio nazionale dell'Anci. Un appuntamento importante: cosa ha prodotto? 
I sindaci hanno sottoscritto un impegno comune di "disobbedienza” politica, con grande senso di responsabilità verso i cittadini e in piena attuazione della Costituzione, che ci impone la salvaguardia delle comunità che amministriamo. L'impegno, preso all’unanimità e senza distinzioni politiche, consiste nel disattendere il Patto di stabilità per le spese che afferiscono a settori fondamentali come l'emergenze straordinarie, il soddisfacimento dei diritti civili e sociali ed in particolare i servizi per soggetti in condizione di disabilità, l'edilizia scolastica e gli uffici giudiziari, ma anche le opere già avviate. L'idea di fondo è che si debba operare una distinzione fra spesa corrente e spesa per lo sviluppo e per gli investimenti affinchè non sia penalizza proprio quest'ultima. L'altro impegno di “disobbedienza politica” riguarda la Tesoreria unica, verso cui faremo ricorso presso il tribunale civile e costituzionale, perchè aggredisce l'autonomia dei comuni nella gestione delle risorse finanziarie da loro ottenute per mezzo della riscossione delle tasse.

Dunque siete in rottura col governo?
Voglio chiarire un punto: si tratta di decisioni che non sono state prese contro nessuno, ma solo a favore delle cittadine e dei cittadini. Gli enti locali, che non hanno inciso sul debito pubblico nazionale essendo stati, in questi anni, al centro di azioni virtuose sul fronte della spesa, non possono essere considerati un bancomat sociale per la politica nazionale del governo, una sorta di ammortizzatori sociali della crisi in atto. Del resto sono proprio loro i primi ad aver pagato un prezzo altissimo in termini di tagli nei trasferimenti. Agli amministratori locali, è bene ricordarlo, spetta anche il compito di dover fronteggiare in prima linea la tensione sociale che si registra in questo passaggio economicamente drammatico, essendo poi direttamente eletti dai cittadini, dunque legati ad un rapporto di grande fiducia con loro. La democrazia di prossimità non può essere svilita e la sua autonomia mortificata, perchè questo significa, di conseguenza, svilire e mortificare la democrazia stessa. Resta comunque aperta la porta del dialogo con l’esecutivo a cui chiediamo – e da sindaco di Napoli penso soprattutto al Sud – un cambiamento di marcia rispetto alle misure stabilite per i comuni, diciamo maggiore attenzione verso di essi.

Sindaci uniti dunque. Nascerà una vostra lista, penso chiaramente ad una iniziativa insieme al sindaco di Bari Emiliano? E la foto di Vasto è archiviata?
Esiste un bisogno di maggiore partecipazione della società civile perché i partiti e la politica sono scivolati in una condizione asfittica e necessitano di nuova energia politica. Dall’altra parte la società civile preme per avere spazio e incidere nell’amministrazione e nel governo, come è giusto che sia in una democrazia vera. Per quanto riguarda il centrosinistra, poi, l’attesa di cambiamento nutrita dal suo popolo non può essere soddisfatta da una mera sommatoria dei partiti di quell’area, come la foto di Vasto simboleggia. Credo che se si raggiungesse un’unità fra Pd, IdV, SeL, Federazione della Sinistra sarebbe un passaggio importante, ma credo anche che se a questa formazione si aggiungesse una lista civica, aperta alla società civile dunque anche ai sindaci, sarebbe un affiancamento prezioso per soddisfare questa richiesta di nuova partecipazione dal basso, un contributo ai partiti di centrosinistra a cui facciamo riferimento. Gli amministratori locali a tale scopo sono preziosi essendo i rappresentanti della democrazia di prossimità. Temo comunque che la foto di Vasto simboleggi un quadro politico superato, diciamo messo in crisi dall’esperienza del governo Monti, perché non vedo da parte del Pd una presa di posizione compatta rispetto ad alcune scelte di questo governo, che non mi convincono affatto, e anche rispetto al futuro politico che ad esso seguirà, che personalmente vorrei consista in un ritorno alla normalità della politica. Ma non possiamo aspettare il Pd, non possiamo aspettare i partiti: la società civile chiede partecipazione oggi, non domani, quindi lavoreremo in questa direzione.

Sindaco, con un gesto forte e significativo, non volle presenziare all’inaugurazione della produzione della Panda a Pomigliano. Sul palco del Politeama, in occasione del Forum dedicato ai beni comuni, era presente anche un operaio, Antonio De Luca, che ha denunciato i trattamenti riservati ai lavoratori iscritti alla Fiom da parte della Fiat. Perchè?
Lavoratori e sindacati denunciano che presso lo stabilimento di Pomigliano si sta realizzando una discriminazione da parte della Fiat verso lavoratori iscritti alla Fiom che non sarebbero assunti: è un segnale preoccupante per la tenuta democratica del nostro paese, perchè si tratta dell'estromissione dei lavoratori iscritti all'unico sindacato che non si è piegato a firmare un accordo che di fatto svendeva i diritti dei lavoratori in cambio del mantenimento del posto, che ha rifiutato un referendum ricatto basato sulla (non) scelta fra schiavitù lavorativa o disoccupazione. La morte della democrazia nelle fabbriche, quindi la morte della democrazia nel resto della società. Qualcosa di inaccettabile, che ha avuto la funzione di laboratorio negativo, perchè Pomigliano doveva diventare un modello per tutto il paese, perchè in tutto il paese si arrivasse ad una sospensione del contratto collettivo nazionale e del diritto allo sciopero, all'azzeramento del sindacato non servizievole ma indipendente, alla fine della democrazia nei posti di lavoro. Non casualmente, oggi, anche dopo la ferita democratica di Pomigliano e quanto accaduto negli altri stabilimenti Fiat, il dibattito in merito alla riforma del mercato del lavoro è avvitato intorno al tema dell'art. 18 che il governo vorrebbe affossare. Un dibattito molto ideologico nel senso che l'art. 18 non scoraggia gli investimenti né la produttività delle imprese: sostenere il contrario, come molti politici fanno in modo malizioso, significa cercare un alibi per non rendersi conto di quanto la realtà sia più complessa.

Ci spieghi meglio il significato di dibattito ideologico. E, poi, quali sono le sue posizioni rispetto alle politiche del lavoro?
Toccare l'art.18 significa inviare un messaggio politico netto: la volontà di aggredire i diritti dei lavoratori per un mercato senza regole dove l'unica regola è la legge del più forte, dunque del datore di impiego e dell'impresa. Le politiche del lavoro in Italia, in particolare in periodo di crisi, dovrebbero fondarsi, al contrario, sulla tutela degli ammortizzatori sociali; sull'investimento nel lavoro a tempo indeterminato per le quali le imprese dovrebbero vedere degli incentivi perchè il lavoro a scadenza dovrebbe costare di più; sugli investimenti in ricerca e sviluppo e formazione. In sostanza: il lavoro come diritto su cui per altro, come scritto in Costituzione, si fonda la nostra Repubblica democratica. Per il Sud, di cui Napoli è capitale, mi aspetto un impegno concreto da parte del governo su questo tema, perchè in queste aree il lavoro diviene anche presidio prezioso di legalità.

Quale è la sua opinione su quanto sta avvenendo in Val di Susa?
L'opposizione alla realizzazione del tunnel della Tav rappresenta un laboratorio politico dove trovano sintesi cittadinanza attiva e istituzioni: i sindaci e i cittadini della Val Susa, infatti, si oppongono insieme a quest'opera inutile e dannosa. Una resistenza democratica da parte delle popolazioni che difendono il territorio come un bene comune, che argomentano con cognizione di causa e competenza la loro contrarietà, che chiedono quindi il rispetto della democrazia che si fonda sulla partecipazione e sulle scelte condivise con i territori, che si basa sui beni comuni come traduzione pratica di diritti irrinunciabili. L'Italia, da nord a sud, è attraversata da esperienze simili: i comitati contro il Ponte sullo Stretto, contro il Dal Molin e i numerosi comitati campani contro le discariche e gli inceneritori. Movimenti che non solo dicono no, ma propongono anche ricette e soluzioni alternative. Sono tutte esperienze preziose che alimentano la democrazia, per altro declinandola nella sua versione migliore, cioè come partecipazione dal basso al governo, ma rivitalizzano anche la politica e i partiti, scivolati in una condizione asfittica che richiede dunque l’immissione di energia politica nuova. Tutte esperienze che hanno e devono avere nella non violenza il loro discrimine più importante, il limite da non travalicare mai. Lei ha affermato in diverse occasioni che non si può criminalizzare il dissenso.

In che senso?
Di fronte ad episodi e atti violenti, la magistratura deve rispondere ritracciando le responsabilità penali che, in quanto tali, sono sempre individuali e vanno perseguite. L'errore più grande, da parte della giustizia e della politica stessa, è pensare di criminalizzare un intero movimento, screditando di conseguenza le ragioni di una comunità intera che, invece, andrebbe ascoltata perchè chiede solo il rispetto dei propri diritti e del diritto di decidere in merito ad opere che impattano, alterandola, sulla qualità di vita, minacciando la salute dei cittadini e del territorio.

L’informazione come bene comune è stata un’altra tematica venuta fuori dal Forum dei Beni Comuni. Come si può tutelare il diritto ad informare ed essere informati?
L'informazione come la conoscenza sono diritti fondamentali, possono e devono rientrare nella nozione di beni comuni come base della democrazia. La rete ha rivoluzionato tanto il modo che i contenuti dell'informazione. Emergono nuovi soggetti e dinamiche partecipative mai viste prima, si realizza una diffusione di notizie in tempo reale e in modo orizzontale. Credo che l'informazione ne abbia beneficiato in termini di libertà e di approfondimento. In questi ultimi venti anni, Berlusconi ha controllato i media in pieno conflitto di interessi, occupando anche il servizio pubblico e condizionando i giornali. Per onestà intellettuale, si deve riconoscere che anche una porzione non residuale dell'informazione è stata incapace di difendersi e di mantenere la schiena dritta, scegliendo di autocensurarsi prima dell'altrui censura, quella del potere e dei poteri forti. E' allora importante che gli stessi operatori dell'informazione si difendano, che venga approvata una legge sul conflitto di interesse nel settore, che non si proceda in direzione di leggi che imbavagliano la rete, che la Rai sia liberata dal condizionamento dei partiti pensando ad un cda formato da esperti, intellettuali, esponenti della cultura e dell'arte.


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