di Nando Dalla CHiesa
Ora lo dice anche il Financial Times che Silvio Berlusconi è unfit a governare per via del suo controllo sui media. E che è uno scandalo di democrazia che le televisioni italiane abbiano taciuto lo scandalo sessual-politico-istituzionale. Ora lo usa il Financial Times quel termine, “regime”, aborrito ed esorcizzato per anni dall’opposizione e dalla stampa di proprietà non berlusconiana. Ancora una volta ci sono voluti gli “stranieri”. A cui tanto spesso abbiamo affidato nella smandrappata storia millenaria nazionale il compito di combattere i nostri dominatori. Un tempo con gli eserciti, ora con l’ Unione europea e la libera stampa. Già, perché ormai noi da soli non ce ne rendiamo più conto. E ci acquietiamo anche di fronte alle violazioni della libertà più tracotanti.
Ne ho avuto conferma sconcertante quando dalla “Settimana dei diritti” di Genova abbiamo lanciato l’appello per la libertà di stampa nel mondo, subito dopo l’assassinio di Natalja Estemirova, e ascoltando i racconti che lì a Genova venivano fatti dell’Iran o della Moldova. Il responsabile politico di un quotidiano (non berlusconiano) non si capacitava dell’appello con chi gli telefonava per chiederne la pubblicazione. Perché lo fanno? Ma che c’entra l’Italia? Giusto. Che c’entrava l’Italia con il Vietnam, con Praga, con il Cile, che c’entra l’Italia con Putin, la cui Pravda decanta l’ars amatoria del premier? Che c’entriamo noi con il mondo? Anzi: che c’entriamo noi con la libertà?
Facciamola, continuiamola quindi questa campagna nobile, decisiva per il diritto all’informazione, a cui molti (Articolo 21 tra i primi) hanno già aderito. A Venezia si raccoglieranno le firme. Alla Festa democratica nazionale anche. La libertà di stampa ci riguarda. Dove non c’è, nascono o sguazzano i regimi. Nel nostro pensiero prima di tutto.