di Elisabetta Reguitti*
Beppe Giulietti portavoce dell'associazione Articolo21, presieduta fin dalla sua nascita da Federico Orlando, nasce come giornalista della Rai dove, oltre a lavorare in vari settori e sedi, per lunghi anni svolge attività sindacale con l'Usigrai. Inizia la sua carriera politica nel Pci, approdando poi nei Ds. Ha fatto parte, tra l'altro, della commissione di vigilanza Rai. L'impegno politico di Giulietti è andato nella direzione della difesa dell'autonomia dei giornalisti e dell'informazione rispetto alla politica, all'economia e ai poteri forti. E lo ha confermato anche quando, nel 2008, ha accettato di candidarsi nelle file dell'Italia dei Valori dichiarando pubblicamente che sarebbe stato più autonomo e indipendente di prima e di sentirsi vincolato solo al modello di comunicazione promosso e portato avanti da Articolo21.
Partiamo dall'attualità e dalla fusione Rai-Mediaset in un'indistinta Raiset...
La fusione Raiset è già in atto e corrisponde al disegno di un'unica centrale di comando sulle principali piazze medianiche. Non è una novità perché già nel piano di ”rinascita nazionale” il capo della P2 Licio Gelli aveva con grande lucidità indicato che l’obiettivo da raggiungere era la creazione di un'unica grande agenzia centralizzata che doveva passare dal dissolvimento progressivo della funzione di servizio pubblico e dall'indebolimento delle organizzazioni sindacali e professionali. Quello che è in atto è il completamento di una strategia che pone il gruppo Mediaset, dal punto di vista industriale e politico, al centro del sistema con la Rai retrocessa ad azienda complementare. Non parlerei, dunque, più di Raiset, che corrisponde ad una fase precedente, ma di Setrai che indica esattamente quale è la azienda predominante. Trattasi dunque di una estensione ulteriore del conflitto di interessi che raggiunge la sua apoteosi. Conflitto di interssi che non solo ha il compito di rendere centrale Mediaset dal punto di vista della raccolta pubblicitaria e del controllo degli ascolti ma anche dal punto di vista politico; sistema indirizzato a una lenta espulsione di quei soggetti editoriali e sociali ritenuti contrari allo spirito dei tempi. Del resto questo progetto è stato più volte lucidamente denunciato dal presidente del Consiglio e dai suoi collaboratori con frasi come '"incomprensibile che continuino ad esistere spazi in cui si parli della crisi economica e sociale. Temi che producono ansia e difficoltà al governo". Questa è la sintesi del pensiero corrente ma ho la sensazione che non sia stato ancora colto in pieno dalle sinistre italiane.
Sul fronte televisivo la realtà è che è impossibile agire al di fuori "del recinto del duopolio" e le cose non vanno certo meglio per la carta stampata...
Certo. Nella mancata risoluzione, a suo tempo, del conflitto di interessi e nella non comprensione che il conflitto di interessi non è un dato accidentale ma sostanziale della strategia berlusconiana. Tuttavia non è stata promossa un'efficace linea di difesa neppure durante il periodo dei governi di sinistra. Si è andato rafforzando un sempre maggiore accentramento delle risorse pubblicitarie attorno al polo televisivo con il progressivo drenaggio di risorse in un bacino sempre più ristretto dei media e della carta stampata. In ogni caso nella strategia dell'attuale di governo tutti i mezzi di comunicazione che sfuggono alla centralità del sistema sono ritenuti "ostili" persino quando in realtà stanno all'interno del campo del governo. "Ostili" perché distanti dalla centrale unica di comando. Da qui anche la mancata riforma sulla legge dell'editoria. Per comprendere pienamente l'ostilità del governo nei confronti della carta stampata basterebbe ricordare l'episodio in cui il presidente del Consiglio suggerisce di boicottare i cosiddetti giornali nemici. In realtà i giornali nemici sono pochissimi ma questo governo ha in sé il germe del monopolio dell'informazione e l'incapacità di tollerare anche le più piccole diversità. Rispetto a quello che sta accadendo sarebbe ora e tempo che tutte le forze del centrosinistra trovassero il modo, almeno su questo punto, di concordare una posizione comune e di portare all'attenzione dell'unione europea del parlamento europeo e dei tribunali internazionali la gravissima anomalia italiana che a mio giudizio non investe più solo il sistema dei media ma la stessa forma della democrazia costituzionale italiana. Si è ormai realizzata una sorta di repubblica presidenziale a reti unificate. È giunto il momento che tutte le forze di opposizione, qualunque sia il loro percorso futuro, provino a organizzare una posizione comune e iniziative comuni in sede internazionale e nazionale. Credo che almeno su questo punto si dovrebbero mettere da parte le posizioni particolari perché la sostanziale progressiva sparizione dell'articolo21 della Costituzione rappresenta una vera emergenza democratica di fronte alla quale è necessaria la più ampia unità da parte di tutte le forse d'opposizione.
Oggi, inoltre, si cerca di mettere il bavaglio anche alla rete web, tassare i navigatori solitari senza parlare del decreto sulle intercettazioni. Lei vede una via di uscita?
La rete è probabilmente il prossimo luogo nel quale il governo tenterà di sperimentare ogni forma possibile di riduzione dell'autonomia anche dei siti e dei blog. La legge sulle intercettazioni è una grande legge bavaglio che vogliono far calare non solo sugli occhi, le orecchie e le mani dei giornalisti e dei cronisti ma anche di tutti quei siti e di tutti quei blog che continuano a fare informazione tentando di illuminare ogni oscurità. Il governo è perfettamente consapevole che quando passerà la legge bavaglio non solo molti crOnisti faranno l'obiezione di coscienza ma saremo tutti costretti, e noi di Articolo21 per primi, ad aprire siti con domicilio estero come ha già fatto Beppe Grillo e da lì daremo comune tutte le notizie di rilevanza sociale. Ecco perché il governo sta cercando in tutti i modi di mettere le mani sulla rete per tentare di stringere un cappio attorno a questi luoghi della libertà.
L'ultima campagna, in ordine cronologico, lanciata da Articolo21 si intitola "sbavagliamoci" di cosa si tratta?
È una grande campagna di mobilitazione tra forze politiche, sociali e dell’associazionismo che si faranno portavoce della lotta al bavaglio che si intende mettere a giudici, cronisti e opinionisti ma anche alle realtà impegnate nel mondo della cultura e dello spettacolo. Alla nostra campagna aderiscono tutti coloro che hanno a cuore il futuro della nostra carta costituzionale e dei diritti dei quali è portatrice. Le nostre azioni di protesta, anche simboliche, saranno tante e tali che si pentiranno di aver pensato di mettere a tacere quanti continuano a credere nella libertà di espressione nel nostro Paese.
* Liberazione 06 agosto 2009