di Roberto Natale
E’ un cerchio che si sta chiudendo. Con la causa intentata a Repubblica, il Presidente del Consiglio porta alle estreme conseguenze la sua prepotente pretesa di sottrarsi alle domande scomode e riafferma una volta di più che nel suo mondo ha cittadinanza soltanto una informazione compiacente e addomesticata. Ma sarebbe un errore gravissimo restringere la vicenda ad uno scontro fra Berlusconi ed il gruppo Espresso. Troppi sono i segnali che indicano un attacco frontale al ruolo stesso del giornalismo e al diritto dei cittadini di conoscere vicende di rilevanza pubblica: le manovre contro RaiTre; le colleghe dell’Unità messe all’indice in conferenza-stampa; il Tg3 sotto processo per aver dato risalto alle proteste di lavoratori; le bordate contro testate cattoliche come Famiglia Cristiana e Avvenire; gli spot del film “Videocracy” proibiti sulle reti Rai e Mediaset; le critiche al Sole 24 Ore per le sue inchieste; gli avvisi di sfratto, qualche mese fa, per i direttori di Corriere della Sera e Stampa; gli inviti agli imprenditori a togliere pubblicità ai giornali “disfattisti”. E’ un disegno generale, come generale è il pericolo che all’informazione italiana fa correre il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Questo cerchio va spezzato, prima che sia troppo tardi. Ora più che mai è necessaria una forte mobilitazione che metta insieme i giornalisti, i sindacati di tutti i lavoratori italiani (che alla ripresa autunnale rischiano di vedere cancellato dai media il racconto della crisi economico-sociale), i cittadini utenti e consumatori (ai quali si vuole negare il diritto stesso di sapere). E’ tempo di una grande iniziativa comune, che vada oltre i recinti di testata o di categoria. E di tempo non ce n’è più molto.
*Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana