di Renato Berti, simpatizzante
Caro onorevole Giulietti,
sono un simpatizzante di Articolo 21 che segue con interesse le iniziative dell’associazione di cui lei è portavoce. Apprezzo le sue dichiarazioni sempre così chiare e coraggiose e anche le prese di posizione di molti nomi importanti che scrivono su questo sito, importante e irrinunciabile presidio della libertà di informazione nel nostro paese. Condivido le vostre battaglie ma…
Ma mi pare però che ormai la situazione in Italia sia giunta a un tal livello di gravità (non serve che io mi dilunghi, basta scorrere le pagine di questo stesso sito che descrivono l’escalation delle aggressioni condotte contro quel poco che resta, nel sistema mediatico, delle libertà che dovrebbero essere garantite dall’Articolo 21 della Costituzione) che ormai le parole non bastano più. In particolare la Rai è divenuta proprietà privata del premier che fa e disfa come vuole servendosi delle persone che ha messo a capo di quello che ormai possiamo chiamare l’ex-servizio pubblico.
Tuonano Franceschini, Bersani, Marino, Di Pietro… ma sono sempre e solo parole a vuoto.
Vedo con piacere che anche Articolo 21 sta organizzando una grande manifestazione per la libertà di informazione, ma mi creda: non basta. Le chiedo se non sia ora di assumere un’iniziativa parlamentare o qualcosa di simile per chiedere l’impeachment di questo nuovo direttore generale (anche da lei accolto con garbate parole si stima che sarebbe stato meglio risparmiare, vedendolo prima all’opera) che si è dimostrato totalmente incompatibile con la funzione che ha assunto.
Sono tre i doveri cui è venuto meno:
a) non ha difeso l’indipendenza e l’autonomia del servizio pubblico, diventando un semplice passacarte di liste di dirigenti da nominare sulla base di decisioni prese altrove;
b) non ha difeso gli interessi materiali ed economici del servizio pubblico, decidendo nei fatti l’uscita dalla piattaforma Sky della Rai che è stata poi ratificata dalla maggioranza del CdA;
c) non ha premiato le professionalità interne a vantaggio dell’azienda, sprecando risorse pubbliche pagate dai contribuenti con il canone, e in cambio sta liquidando ogni forma di pluralismo informativo e culturale.
Veda un po’ lei se se non è il caso di porre al Parlamento l’urgenza della sua immediata rimozione. E Garimberti che ci sta a fare? Ad astenersi o a votare contro? Se non può garantire il pluralismo non sarebbe meglio che lasciasse? Mieli e de Bortoli non hanno insegnato nulla? Almeno l’Annunziata se ne è andata, quando la misura è stata colma, mostrando coerenza e dignità.
Infine vorrei anche interpellare i giornalisti i dirigenti Rai. Ricordo che una decina di anni fa (o forse più) in centinaia avevano avuto il coraggio di firmare una petizione (sottoscritta anche da personaggi dell’arte e della cultura) per chiedere le dimissioni dell’allora direttore generale imposto dalla Moratti, cioè da Berlusconi.
Ho una certa età e se ben mi ricordo mi pare che a coordinare l’iniziativa fosse stato quel Roberto Costa che aveva creato Di Tasca Nostra con Tito Cortese… Bei tempi, quando il coraggio non mancava ai dipendenti del servizio pubblico che paghiamo perché siano al nostro servizio e non cortigiani di Berlusconi!… Perché non mettono anche oggi la loro bella firma in calce ad un vibrante bell’appello per rimandare Masi a Palazzo Chigi, sfrattandolo dall’ufficio indebitamente occupato a viale Mazzini?
Renato Berti, insegnante in pensione, Bergamo