di Simone Luciani
Non voglio associarmi alle consuete chiacchiere, superficiali e pretestuose, che hanno respinto con sdegno la proposta d’istituzione dell’ora di religione islamica nelle scuole (non ultime quelle del presidente della Cei Angelo Bagnasco). Né mi sfuggono ragioni, buona fede e perfino nobiltà di questa idea, non a caso avanzata dalle frange più avanzate della destra italiana. Eppure, non posso negare le molte perplessità che mi suscita un’ipotesi di questo tipo.
E’ vero: nel nostro paese c’è una situazione da sanare, ed è l’iniquità della presenza dell’ora di religione cattolica (spesso spacciata, con abili labirinti linguistici, per tutt’altro, ad esempio ‘storia delle religioni’), in una società composta, da sempre e non da oggi, da cattolici, laici e diversamente credenti. Un insegnamento ancora più iniquo se si pensa che, stabilito dal Concordato, riguarda una parte, sia pur maggioritaria, di studenti e famiglie, ma viene pagato da tutti, e questo in spregio al fatto che insegnanti e programmi sono stabiliti dalla Conferenza Episcopale Italiana. Insomma: gli italiani pagano ciò che comandano i vescovi. L’alternativa all’ora di religione cattolica è sempre stata un fantasma, una patata bollente nelle mani dei singoli istituti, spesso risolta in modo bizzarro, con corsi di dubbia validità formativa. Su questa situazione di lampante discriminazione fra studenti cattolici e altri studenti più volte si è pronunciata, e in modo non sempre lineare, la magistratura.
Oggi, con la moltiplicazione delle culture di provenienza e dei culti praticati nel nostro paese, il problema tende ad accentuarsi, ed è più che mai necessario mettere mano al paradosso di una scuola che, proprio perché luogo del ‘venire alla società’ di un individuo, non può permettersi queste discriminazioni. Ma siamo proprio sicuri che la soluzione sia il moltiplicare l’offerta ‘formativa’ in ambito religioso? Con l’istituzione dell’ora di religione islamica anche gli altri culti, da quello ebraico a quelli delle altre chiese cristiane, si sentiranno in diritto di chiedere un’ora dedicata. E con i laici come la mettiamo? Ancora, siamo proprio sicuri che sia così edificante osservare, per un’ora a settimana, una classe che si divide in tanti microcosmi non per scelte formative diverse, ma in ragione di una dimensione così personale come quella religiosa? E, soprattutto, davvero la nostra scuola, con tutto il suo carico di problemi, ha tra le priorità quella di riempire gli istituti di catechisti di varia afferenza? Credo proprio di no. Ne va della laicità delle nostre istituzioni. Né vale l’idea che l’ora di religione islamica salverebbe i ragazzi dalle predicazioni fondamentaliste, che possono essere seguite tranquillamente fuori dall’orario scolastico.
E’ giusto riflettere sul modo che la scuola dovrà avere di confrontarsi col fenomeno religioso, e di buone soluzioni ne sono state avanzate e di certo non mancano. A cominciare dall’ipotesi di svincolare una volta per tutte l’ora di religione dai voleri clericali, per istituire un’ora di storia delle religioni. Perché, se è scontata l’attenzione per le nostre radici e per la nostra cultura cristiane (argomento spesso usato come pretesto per non mettere in discussione l’ora di religione), quest’attenzione può essere ben riservata in un corso di storia delle religioni (come nei corsi di storia si riserva maggiore attenzione alla storia italiana, o in quelli di storia dell’arte si studia in maniera approfondita l’arte italiana). Oppure, le scuole potrebbero offrire un servizio di ‘catechesi’, totalmente svincolato dall’offerta formativa e organizzato (e pagato) dalle comunità religiose locali. Per tutto ciò, però, servirebbe l’abolizione di quell’ora (diciamocelo…) di catechismo stabilita dal Concordato, e dunque una modifica del Concordato stesso. Ipotesi tutt’altro che alle porte, per convenienza da parte di un contraente e per smidollato ossequio da parte dell’altro.