di Pina Picierno
Per chi vive la politica come impegno e passione civile, per chi negli anni ha letto,studiato e seguito le vicende che più di tutte hanno segnato la storia recente del nostro Paese, la verità sulle stragi di mafia e i fatti del ’92 è una questione irrinunciabile.
Andando indietro nel tempo per cercare le risposte al presente si finisce sempre con le stesse domande, bloccate tra due tragiche date: il 23 maggio e il 19 luglio 1992.
Per capire perché il nostro Paese ha saputo sconfiggere il fascismo, il terrorismo e non le mafie bisogna guardare a quel maledetto 1992.
Un anno in cui la guerra dello Stato alla mafia ha raggiunto il punto più alto e anche la conclusione più tragica, con gli attentati che a breve distanza uccisero Falcone e Borsellino.
Quello che sta accadendo in questi giorni lascia sbalorditi: una sequenza di dichiarazioni, una cascata di allusioni, rivelazioni, confessioni, fatte prima a mezzo stampa che presso le procure, che lasciano la sensazione che sì, qualcosa si sta muovendo, ma non è ben chiaro cosa.
Non è chiaro, per esempio, che cosa stia provocando l’improvvisa ondata di informazioni rilasciate da Ciancimino jr; che cosa porti i personaggi chiave di quella storia a rivelare fatti prima ignoti, a rilasciare interviste troppo spesso oscure per chi, leggendo, spera di trovare finalmente le risposte.
Vogliamo sapere se c’è stata o meno una trattativa. Oggi tutti dicono di sì: c’è stata, o forse, è stato un tentativo di qualcuno, Paolo sapeva, tutti sapevano, qualcuno sapeva.
Sapere se e chi, come e quando esponenti dello Stato hanno deciso di aprire la trattativa, non è indifferente. Non è indifferente per sapere finalmente come sia potuto succedere che l’obiettivo n. 1 dopo Falcone, Paolo Borsellino, sia rimasto vittima di un attentato senza che fosse possibile proteggerlo. Non è indifferente per capire come mai e in che contesto, poi, le stragi di mafia siano cessate.
In che Paese viviamo? Questa è la domanda a cui questa verità tanto attesa potrebbe dare una risposta. La giustizia, sicuramente, farà il suo (lento) corso: approfondirà le dichiarazioni e i fatti emersi, stabilirà speriamo qualcosa di definitivo.
Ma nel frattempo sarebbe opportuno che qualcuno ci dicesse qual è stato il ruolo delle istituzioni o di uomini delle istituzioni. Prima della giustizia, dovrebbe arrivare la politica a fare dei distinguo, a porre sul banco nomi e cognomi di chi parlava, di chi sapeva, di chi trattava.
Il Ministro degli Interni dovrebbe esprimersi, riferire in sede istituzionale, toglierci dei dubbi, subito. Le ipotesi non sono più tollerabili, ora deve essere il momento della verità.