di Reporters sans frontières
"La libertà di stampa deve essere difesa in tutto il mondo con la stessa energia e con la stessa costanza," ha dichiarato oggi Jean-François Julliard, segretario generale di Reporters sans frontières, in occasione della diffusione dell'ottava classifica mondiale della libertà di stampa elaborata da RSF.
"È sconcertante vedere alcune democrazie europee, come la Francia, l'Italia e la Slovacchia, perdere, anno dopo anno, dei posti nella nostra classifica", ha precisato Julliard.
"L'Europa dovrebbe essere un esempio per quanto riguarda le libertà civili. Come possiamo condannare le violazioni dei diritti umani all'estero, se non ci si comporta in modo irreprensibile a casa? L'effetto Obama, che ha permesso agli Stati Uniti di recuperare 20 posti nella classifica, non può rassicurarci completamente.”
Reporters sans frontières elabora ogni anno questa classifica sulla base di questionari completati da centinaia di giornalisti ed esperti nel mondo intero. L'Indice di quest'anno prende in considerazione le violazioni alla libertà di stampa perpetrate tra il 1° settembre 2008 e il 31 agosto 2009.
Fine del modello europeo?
L’Europa è stata a lungo un esempio per quanto riguarda la libertà di stampa, ma numerose nazioni europee sono scese in modo significativo nella classifica di quest'anno. Anche se i primi 13 posti sono ancora occupati da Paesi europei, altri come la Francia (43°), la Slovacchia (44°) e l'Italia (49°) continuano a scivolare e a perdere posti – rispettivamente 8, 37 e 5 posti – facendosi così superare da giovani democrazie africane (Mali, Sud Africa e Ghana) e latino-americane (Uruguay, Trinidad e Tobago).
I giornalisti continuano a subire violenze in Italia e in Spagna (44°), ma anche nei Balcani e in particolare in Croazia (78°), dove il proprietario e il direttore marketing del settimanale Nacional sono stati uccisi da una bomba il 23 ottobre 2008.
Tuttavia la minaccia principale, e la più grave a lungo termine, è legata alle legislazioni nazionali oggi in vigore. Molte leggi approvate in svariati Paesi europei, dal settembre 2008 in poi, hanno notevolmente compromesso il lavoro dei giornalisti. Un esempio: la legge adottata dal governo della Slovacchia (44°) ha introdotto il pericoloso concetto di diritto automatico di risposta e ha concesso al ministro della cultura la possibilità di influenzare fortemente le pubblicazioni e il lavoro dei media in generale.
Israele: giro di vite sull'informazione
L’operazione "Piombo fuso” - l’offensiva militare israeliana contro la Striscia di Gaza – , ha avuto un forte impatto negativo sulla stampa. Israele è precipitata di 47 posti nella classifica arrivando alla 93a posizione. Questo tracollo fa perdere ad Israele il suo statuto di primo in classifica tra i Paesi del Medio Oriente: quest'anno lo superano il Kuwait (60°), gli Emirati Arabi Uniti (86°) e il Libano (61°).
Israele ha cominciato a usare all’interno del Paese gli stessi metodi che usa nei territori al di fuori delle proprie frontiere. Reporters sans frontières ha registrato cinque arresti di giornalisti, alcuni dei quali del tutto illegali, e tre casi di detenzione. La censura militare applicata a tutti i mezzi di comunicazione rappresenta un’ulteriore minaccia al lavoro dei professionisti dei media in loco.
Per quanto riguarda il suo comportamento nei confronti dei media nei territori al di fuori delle frontiere nazionali, Israele ottiene un 150° posto nella classifica. Il bilancio della guerra sui media è stato estremamente pesante: circa 20 giornalisti sono stati feriti dalle forze militari israeliane nella Striscia di Gaza e tre sono stati uccisi durante il conflitto.
Iran si avvicina al “trio infernale”
Mai come quest'anno i giornalisti hanno sofferto e subito pressioni nell’Iran di Mahmoud Ahmadinejad. La contestata rielezione del presidente ha trascinato il Paese in una crisi senza precedenti e ha sviluppato la paranoia del regime e la sua diffidenza nei confronti di giornalisti e blogger.
Censura preventiva automatica, sorveglianza totale delle autorità sui giornalisti e il loro lavoro, maltrattamenti, giornalisti costretti a scegliere l'esilio, arresti illegali: questa è la situazione della libertà di stampa in Iran nell'ultimo anno analizzato da RSF.
L'Iran ha ormai raggiunto il trio infernale in fondo alla classifica - Turkmenistan (173°), Corea del Nord (174°) ed Eritrea (175°) - Paesi in cui i media sono così soffocati, repressi da essere ormai praticamente inesistenti.
L’effetto Obama riporta gli Stati Uniti nei primi 20 posti della classifica
Gli Stati Uniti sono risaliti di 20 posti, dalla 40° alla 20° posizione, in un solo anno. L'elezione di Barack Obama e il suo approccio nei confronti dei media, certamente meno “bellicoso” di quello del suo predecessore, spiega questo netto miglioramento.
Miglioramento che riguarda tuttavia soltanto la situazione della libertà di stampa nel territorio americano. Anche se il presidente Obama ha vinto il premio Nobel per la pace, il suo Paese è ancora impegnato su due fronti di guerra. Nonostante il leggero miglioramento registrato, l'atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dei media in Iraq e in Afghanistan resta preoccupante. Numerosi giornalisti sono stati feriti o arrestati dai militari americani. Uno di questi, Ibrahim Jassam, è ancora in carcere in Iraq.
Europa
Il modello europeo incrinato
La tragedia russa
Per la prima volta dal 2002, i primi posti della classifica della libertà di stampa non sono più assegnati unicamente alle Nazioni europee. Solo 15 dei 20 primi Paesi dell'indice appartengono al Vecchio Continente, rispetto ai 18 nel 2008. Undici di questi 15 Paesi sono membri dell'Unione europea, inclusi i primi tre posti della classifica: Danimarca, Finlandia e Irlanda. Un altro Stato membro dell'Unione europea, la Bulgaria, continua a scendere nella classifica da quando, nel 2007, ha aderito all'UE: ora è al 68° posto (contro il 59° del 2008): si tratta della Nazione membro dell'UE con il punteggio più basso.
La Slovacchia è il Paese dell'area UE che perde più punti nella classifica 2009: precipita di 37 posti arrivando così al 44° posto dell'indice. Questo è dovuto principalmente alle continue ingerenze del governo nelle attività dei media e all'adozione nel 2008 di una legge che impone un diritto automatico di risposta a mezzo stampa. Anche due Paesi candidati all'adesione all'UE hanno riscontrato drammatiche perdite di punti. La Croazia (78°), perde 33 punti, e la Turchia (122°), ne perde 20.
Stesso degrado della situazione riscontrato in Italia (49°) e in Bulgaria. In Italia – Paese con il punteggio peggiore tra i sei fondatori dell’UE – gli attacchi della criminalità organizzata che prende sistematicamente di mira i giornalisti, le pressioni del Cavaliere sui mezzi di comunicazione, il DDL sulle intercettazioni spiegano la nuova posizione del Paese nella classifica RSF.
La Francia (43°) non se la cava molto meglio: nella classifica 2009 perde otto punti a causa delle indagini giudiziarie ordinate dalle autorità nei confronti di alcuni media, dei fermi di alcuni giornalisti e delle perquisizioni di svariate redazioni ma anche a causa delle ingerenze nell'universo mediatico da parte di alcuni politici, tra cui lo stesso presidente Nicolas Sarkozy.
La situazione della libertà di stampa nei Paesi più repressivi della regione, l'Uzbekistan (160°) e il Turkmenistan (173°), non è cambiata in modo sostanziale: i giornalisti subiscono ancora la censura governativa, detenzioni arbitrarie e violenze. Il dialogo avviato con l'Unione europea e con altri partner politici internazionali non sembra, per il momento, aver migliorato molto la situazione dei diritti umani in loco ed è purtroppo possibile che la comunità internazionale sacrifichi la difesa della libertà di espressione nella sua corsa per la sicurezza energetica poiché sia l'Uzbekistan che il Turkmenistan sono ricchi di risorse naturali, in particolare di idrocarburi.
La Russia (153°), perde 12 posti, classificandosi per la prima volta dopo la Bielorussia. Questa nuova posizione, tre anni dopo la morte di Anna Politkovskaya, è dovuta alle numerose uccisioni di giornalisti e di attivisti per i diritti civili, e alle continue aggressioni subite dai professionisti dell'informazione locali. A questo si aggiunge il pericoloso aumento della censura e degli argomenti tabù che i giornalisti non “possono” affrontare e la totale impunità di cui ancora godono i responsabili – mandanti ed esecutori - delle uccisioni dei giornalisti.
Gli indicatori sottolineano un progressivo deterioramento della situazione della libertà di stampa in quasi tutte le ex-repubbliche sovietiche, ad eccezione della Georgia (81°) e, in misura minore, della Bielorussia (151°), Paese in cui il governo ha optato per un cauto e finora limitato miglioramento delle sue relazioni con la stampa nell’ambito del rinnovato dialogo con l'UE. È tuttavia difficile prevedere se questi primi segnali positivi verranno confermati da concreti miglioramenti futuri o se saranno destinati a scomparire.
Il netto miglioramento della posizione della Georgia è dovuto all'assenza di conflitti armati nel periodo analizzato da RSF, anche se le tensioni politiche nel Paese continuano ad avere un impatto negativo sull'operato della stampa. La situazione dell'Armenia (111°) è fortemente peggiorata a causa delle numerose aggressioni organizzate per punire i giornalisti considerati “pericolosi” e delle tensioni politiche che continuano a pesare sulla società e sui mezzi d'informazione nazionali.
Non vi è stato alcun cambiamento positivo nel vicino Azerbaijan, dove la situazione continua ad essere estremamente preoccupante, come lo hanno sottolineato i risultati del monitoring effettuato durante l'ultima campagna elettorale presidenziale, nel novembre 2008, e la decisione del Consiglio della radio-televisione nazionale di proibire la trasmissioni sulle frequenze locali delle stazioni radio straniere (BBC, Radio Free Europe e Voice of America),
La situazione della libertà di stampa continua a peggiorare in Asia centrale, soprattutto in Kirghizistan (125°) e nel vicino gigante energetico Kazakhstan (142°): entrambi perdono più di 15 posti. Il Kazakistan si è distinto per il numero crescente di cause per diffamazione intentate contro giornali indipendenti e di opposizione e per le richieste da parte delle autorità di somme colossali per danni, tali da costringere le testate alla chiusura.
Il pessimo punteggio del Kazakistan – che ottiene il voto peggiore dal 2002 – è anche dovuto all'aumento di intimidazioni e violenze contro i giornalisti e all'adozione di una legge che impone ai siti Internet le stesse restrizioni applicate ai media tradizionali. In Kirghizistan, si registra lo stesso aumento di aggressioni e di intimidazioni nei confronti dei giornalisti, violenze che hanno portato numerosi professionisti dell'informazione a scegliere l'esilio, si deplora la copertura parziale dell'ultima campagna elettorale e le pressioni esercitate sulle emittenti radio straniere, che devono ottenere un permesso governativo per potere trasmettere a livello locale.
Il deterioramento della situazione della libertà di stampa in Turchia, e la sua evoluzione negativa nella classifica 2009, sono causati da un aumento sostanziale dei casi di censura che ha colpito in particolare i mezzi di comunicazione che rappresentano le minoranze (soprattutto i curdi), e dalla chiara volontà dei membri degli organi di governo, delle forze armate e del sistema giudiziario di mantenere il controllo sulle informazioni relative alle questioni di interesse generale.
In Croazia, Paese che desidera aderire rapidamente all'Unione europea, le relazioni con la Serbia continuano ad essere una fonte di tensione e rappresentano un argomento “pericoloso” per i giornalisti. I professionisti dei media che violano il tabù sono spesso vittime di violenze. Inoltre gli esponenti della criminalità organizzata sono spesso responsabili di attacchi e aggressioni nei confronti dei giornalisti.