di Nicola Tranfaglia
In tutto il mondo si ricorda e si festeggia la distruzione del muro di Berlino che avvenne esattamente venti anni fa e fu una svolta per la storia dell’Europa e del pianeta Terra.
Due anni dopo crollò l’impero sovietico e all’URSS si sostituì la Federazione russa mentre l’Europa orientale ritornò agli stati nazionali e paesi che facevano già parte dell’Unione Sovietica ritrovarono la loro indipendenza.
Oggi, a vent’anni da quell’avvenimento,è ancora presto per compiere un bilancio completo di quei fatti ma si possono avanzare alcune considerazioni sullo stato del nostro pianeta.
La guerra fredda, che in Italia era stata pesante e assai lunga, finiva in quei giorni ma proprio a noi italiani sarebbe toccato sentirne parlarne per tanti anni da una destra berlusconiana in grave difficoltà politica se tutti ammettessero che il comunismo è crollato e che tanti, tra quelli che criticano il berlusconismo, nulla hanno a che fare con l’URSS e il comunismo.
Il fatto è che il crollo del muro di Berlino dà il via a una storia nuova che ha aspetti molto positivi ma, come è inevitabile, anche aspetti negativi.
Da una parte la caduta del muro e il crollo dell’impero sovietico sono stati, senza dubbio alcuno, la fine di un regime a lungo oppressivo e dittatoriale che non ha rappresentato un’alternativa credibile per la democrazia parlamentare o presidenziale che si è affermata nello stesso periodo in Occidente.
Dall’altra, come ha scritto anche Angelo D’Orsi in un suo libro sull’89, c’è stato in questi anni un fallimento di molti progetti che è sfociato nella grave crisi economica di questi ultimi anni. “I processi di trasformazione mondiale post-89 investirono innanzitutto l’economia e in quanto tale dobbiamo darne conto. Si dovette attendere qualche tempo prima che sparuti analisti,via via seguiti da altri, cominciassero a porre in luce i drammi e le diverse problematiche della globalizzazione, i costi sociali, l’omologazione culturale, i rischi ambientali, a lungo sottovalutati e da poco oggetto di contestazione e di studio….Occorre appunto interrogarsi sulle varie ragioni, spesso impensate, del nuovo disordine mondiale, succeduto alla fine del mondo bipolare, che a suo modo aveva un ordine e delle regole interne… Non di mera economia, dunque, si tratta, ma di una gestione dell’economia a vantaggio dei più forti: Paesi, classi, lobbies.”
Si può essere, come è ovvio, e noi siamo meno pessimisti di quanto appare lo storico dell’Università di Torino ma non c’è dubbio che il mondo stia attraversando un periodo tutt’altro che facile giacchè alla crisi economica diffusa e non ancora finita (al di là delle tesi ottimistiche di qualcuno) si unisce il crepitare delle armi e degli attentati in Iraq e in Afganistan, la crisi di tutte le democrazie europee e dell’Occidente, il distacco crescente dalla politica di masse sempre più vaste, e qui in Italia un governo che appare tra i peggiori del pianeta per la sua politica economica e per il tentativo sempre più evidente di distruggere la libertà di espressione e di informazione nel paese.
Non c’è una ricetta facile per uscirne ma il ricordo di quell’89 e l’atmosfera di liberazione che derivò da quei giorni è uno strumento importante per riprendere slancio e unirsi contro chi chiama tutti comunisti ma alla fine quello che non vuole è soprattutto la libertà e il dissenso.