di Elisabetta Reguitti*
Quando le minacce di morte ad un prete non riescono ad ottenere i risultati voluti passa alle vie di fatto cercando di fare piazza pulita intorno a lui oppure, che è anche peggio, mettendo a repentaglio la vita di persone diversamente abili.
Ci vuole davvero coraggio per fare un'azione così vile ma questo è accaduto nella comunità "Progetto Sud" fondata 33 anni fa - e ancora guidata - da don Giacomo Panizza.
Stiamo parlando di una realtà che fa riferimento al Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) impegnata nell'inserimento lavorativo di tossicodipendenti, nomadi, malati mentali e in prima linea sul fronte della legalità e della lotta alla mafia
Ma torniamo al fatto. Pioveva quella notte. Su Lamezia si era scatenato il temporale: nel cielo bagliori di lampi e nell'aria fragorosi tuoni che hanno permesso a qualcuno, in modo del tutto indisturbato, di manomettere le auto di due persone portatrici di handicap dipendenti della comunità. Sono stati tagliati i cavi dei freni e manomesso il sistema Abs.
Lo hanno confermato i meccanici il giorno seguente quando uno dei proprietari dopo aver acceso l'auto si è reso conto subito che qualcosa non andava. E' riuscito a mantenere il controllo dell'auto con il freno a mano andando solo a sbattere. Ma le cose potevano davvero andare peggio perché, come spiega lo stesso don Giacomo, la sede di "Progetto Sud" si trova in cima a via Conforti: una percorso stretto ripidissimo con due curve a gomito che termina su di una strada molto trafficata. L' intenzione quindi era fare davvero male questa volta.
Pensare che il sacerdote, nato a Pontoglio (in provincia di Brescia) e trasferito ormai da anni in Calabria c'era quasi abituato a queste cose: ruote tagliate, ritorsioni, avvertimenti e perfino una minaccia di morte davanti alle forze dell'ordine approdata poi in tribunale. Ma lui non si era mai lasciato intimidire. Figuriamoci: uno che prima di prendere i voti aveva fatto l'operaio metalmeccanico in fabbrica è abituato a lavorare e a guardare avanti.
Nel 2001 però don Giacomo è stato obbligato ad accettare "una protezione" (non vuole parlare di scorta) e ultimo episodio, lo ammette, ha davvero lasciato il segno in tutti.
"Un gesto malvagio di chiaro stampo mafioso. E ciò che è peggio compiuto non contro la mia persona bensì contro a quanti lavorano con me. Brutto. Davvero brutto. Ora siamo davvero preoccupati". Il sindaco Gianni Speranza attacca: “Una vera vigliaccheria. Prendersela con persone disabili è davvero sinonimo di miseria umana”. La città secondo il primo cittadino è divisa tra l’indignazione di chi condanna e la volontà di quanti invece stanno cercando di organizzare un fronte sociale e politico contro la legalità. In vista delle prossime elezioni comunali.
Ma tornando al grave fatto avvenuto ai danni dei ragazzi di “Progetto Sud” è bene ricordare che a don Giacomo, in tutti questi anni, non hanno mai perdonato il fatto di essere riuscito a "rompere l'immaginario della paura": ad aprire una breccia tra chi preferisce non fare evitando così di dare fastidio. Di essere a fianco degli imprenditori antiracket come Rocco Mangiardi che ha avuto il coraggio di denunciare e indicare, in tribunale, i suoi estorsori della cosca dei Giampà. Don Giacomo e i suoi 140 ragazzi (per 500 persone assistite) hanno dimostrato che una comunità di assistenza ha ragione di esistere nella società, aprendosi alla vita di tutti i giorni e non chiusa in se stessa come, al contrario, avrebbero preferito coloro che hanno dato mandato di agire quella notte.
A tutto ciò va aggiunto che nel 2002 la comunità ha avuto l'ardire di prendere in gestione un palazzo nel quartiere Capizzaglie confiscato alla potente cosca dei Torcasio.
Un edificio-simbolo che nessuno aveva avuto il coraggio di mettere a "buon frutto" anzi alcuni ricordano che pure i vigili urbani scesero in piazza manifestando contro l'intenzione di trasformare quella grande costruzione nel nuovo comando. Fu una sfida che invece don Giacomo accettò. Il prefetto di allora gli disse che se avessero accettato poi anche altri si sarebbero fatti avanti e fu davvero così perché in poco tempo molte altre associazioni occuparono altri edifici della mafia. Attualmente nel palazzo è attivo un servizio autogestito dai ragazzi diversamente abili, c'è poi il gruppo dei giovani senza genitori ha aperto anche la sede regionale di Banca Etica e all' ultimo piano quella dell'associazione Re-evolution legalità. Troppe attività libere per chi, al contrario, vuole il controllo del territorio e soprattutto delle persone. Troppo lavoro pulito per chi vive del lavoro sporco dell'estorsione ma anche della disponibilità data da giovani che vogliono guadagnare qualche soldo senza troppa difficoltà.
Ed è proprio a loro che don Giacomo, pur manifestando tutta la preoccupazione soprattutto per le persone che operano nella sua comunità rivolge un pensiero ai giovani ingaggiati per mettere ko le auto immaginandoli sdraiati per terra, con la schiena inzuppata nel lago d'acqua, mentre si accaniscono sull'Abs: vittime anche loro di persone pronte ad usarli per poi gettarli. L’augurio del prete è che si fermino a riflettere, a pensare che la loro libertà non è essere bassa manovalanza di cosiddetti “boss” che ora se la prendono con persone disabili.
* Il Fatto quotidiano, 15 novembre 2009