di redazione
Il Segretario di Radicali Italiani, Mario Staderini, ha scritto al presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Sergio Zavoli , sottoponendo all’attenzione di tutti i Commissari lo stato di patente illegalità del servizio pubblico radiotelevisivo, chiedendo di essere urgentemente audito.
“Occorre avviare con urgenza il rientro nella legalità del servizio pubblico radiotelevisivo e della stessa Commissione di vigilanza” ha affermato Staderini, sottolineando come “ mentre il Paese vive una fase di oggettiva crisi del sistema democratico ed il diritto dei cittadini alla conoscenza è quanto mai violato e negato, la Commissione sembra aver abdicato alle sue funzioni di indirizzo e di controllo della RAI. “
“All’urgenza di un dibattito politico ampio e serrato che permetta agli italiani di comprendere e di confrontarsi su concrete e reali proposte politiche e di riforma, si contrappone la soppressione della comunicazione politica e l’arbitrio dell’informazione Rai.
Da 19 mesi, infatti, le Tribune politiche sono interrotte: un fatto senza precedenti a livello internazionale, dove il diritto di tribuna è ovunque considerato un requisito minimo delle democrazie moderne.
Il 9 luglio scorso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha accertato per la prima volta nella storia che la RAI, a causa delle sistematiche violazioni del pluralismo informativo negli ultimi tre ani, è inadempiente rispetto agli obblighi di servizio pubblico previsti dalla legge, chiedendo contestualmente interventi specifici per impedire il proseguire della condotta illecita.
Ebbene, dall’inizio della legislatura la Commissione non ha adottato alcun atto di indirizzo, né ha discusso del rinnovo del Contratto di servizio che scade tra pochi giorni.
Questioni centrali del nostro tempo come l’ambiente, i diritti umani fondamentali, la politica internazionale, le grandi sfide economiche e sociali poste dalla globalizzazione -priorità informativa delle principali televisioni mondiali- sono assenti dai palinsesti della Rai.
I telegiornali ridotti a strumenti di propaganda per creare e deformare l’opinione pubblica anziché informarla. L’approfondimento politico appaltato all’arbitrio di una ristretta cerchia di conduttori i quali sono in grado, anche attraverso l’uso spregiudicato dei sondaggi e di tecniche suggestive e non trasparenti, di dettare l’agenda politica e persino quella giudiziaria, con l’obiettivo evidente di occultare quei temi e quegli interlocutori che dovrebbero essere invece al centro del dibattito pubblico.
Di fronte a tutto ciò, più che gli appelli ad abbassare i toni servono provvedimenti di esercizio delle competenze di rilevanza costituzionale riconosciute dalla legge alla Commissione di vigilanza.
Pianificare la riparazione della comunicazione politica negata, rivedere i criteri di legittimazione, esercitare il dovuto indirizzo sulla informazione fuori controllo, aprire varchi di conoscenza sino ad oggi vietati, devono divenire le nostre comuni priorità.
Noi Radicali siamo pronti a fornire quel contributo di analisi e di proposte che da sempre abbiamo saputo garantire a tutela dei diritti di tutti. “
Il testo integrale della lettera
Alla cortese ed urgente attenzione
del Presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai
sen. Sergio Zavoli
e a tutti gli altri membri della Commissione
Fax: 06.6789845
pc. Al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
Fax: 06.46992286
Al Presidente del senato
Sen. Renato Schifani
Fax: 06.67062022
Al Presidente della Camera
On. Gianfranco Fini
Fax: 06.67603522
Illustrissimo Presidente, Onorevoli Commissari,
Mentre il Paese vive una fase di particolare drammaticità e di oggettiva crisi del nostro sistema democratico, il diritto dei cittadini alla conoscenza è quanto mai violato e negato.
All’urgenza di un dibattito politico ampio e serrato si contrappone un servizio pubblico radiotelevisivo da troppo tempo “fuorilegge”, incapace di offrire risposte all’esigenza degli italiani di comprendere e di confrontarsi su concrete e reali proposte politiche e di riforma. .
Le Istituzioni chiamate a svolgere le funzioni di indirizzo e di vigilanza si stanno rivelando nei fatti inadeguate a fare fronte all’effettiva erosione dei principi della libertà e della democrazia politica. Non è solo un giudizio politico, ma una constatazione rispetto alla norme vigenti e sistematicamente calpestate.
Da 19 mesi la RAI non trasmette le Tribune politiche in periodo non elettorale, dalla legge previste come obbligatorie e la cui disciplina è competenza diretta della Commissione parlamentare di vigilanza. Si tratta di una situazione senza precedenti, che impedisce il formarsi un’opinione consapevole e completa sulle diverse proposte politiche esistenti. Il diritto di tribuna, ovvero l’accesso delle forze politiche alla comunicazione radiotelevisiva, è un requisito minimo di tutte le democrazie moderne, la cui interruzione è unanimemente considerata a livello internazionale quale sintomo del venir meno dei principi fondanti uno Stato di diritto.
Rispondendo ad una interrogazione dell’on. Beltrandi, il 12 ottobre scorso la Rai ha attributo la responsabilità dell’interruzione delle Tribune politiche alla Commissione parlamentare di vigilanza, in quanto a parere della Concessionaria “non risulta essere stato redatto l’elenco dei soggetti aventi diritto per la comunicazione politica in periodo non elettorale, non potendosi fare riferimento alla passata legislatura”. Al di là della sostenibilità giuridica di quanto affermato dalla Rai, non mi risulta che la Commissione abbia assunto iniziative volte a rimuovere questa paralisi anticostituzionale, ne tantomeno abbia posto all’ordine del giorno il superamento dell’evidente incostituzionalità degli attuali criteri di legittimazione all’accesso che escludono forze politiche importanti e radicate nel Paese .
La soppressione contra legem della comunicazione politica, poi, non è di certo stata compensata dall’informazione della Rai, tutt’altro.
I telegiornali –ciascuno con la sua cultura e fazione di appartenenza- sono oramai ridotti a strumenti di distrazione e di propaganda destinati a creare e deformare l’opinione pubblica anziché informarla, nel tentativo di imporre al Paese attualità diverse dalle priorità che accompagnano il vissuto degli italiani. Quanto al confronto tra i partiti, lo spettacolo offerto assomiglia più a una sterile guerra tra bande che a un dibattito democratico.
L’approfondimento politico è da anni appaltato all’arbitrio di una ristretta cerchia di conduttori, spesso neanche dipendenti della Rai, i quali sono in grado, anche attraverso l’uso spregiudicato dei sondaggi e di tecniche suggestive e non trasparenti, di dettare l’agenda politica e persino quella giudiziaria, con l’obiettivo evidente di occultare quei temi che dovrebbero essere invece al centro del dibattito pubblico; pronti finanche a eliminare, qualora quei temi si impongano per la forza loro propria, i soggetti politici che da più tempo su di essi da più tempo sono impegnati attraverso lotte ed iniziative.
Si rende così un cattivo servizio all’informazione che si ripercuote direttamente sulla vita politica e sociale.
Se il servizio pubblico avesse fatto il suo dovere, ad esempio, le milioni di famiglie italiane vittime della malagiustizia sarebbero oggi nelle condizioni di conoscere le ragioni di fondo del degrado da esso subito e, conseguentemente, di scegliere tra le diverse soluzioni proposte. La Rai, invece, ha investito le sue risorse di servizio pubblico per dedicare ai processi Cogne, Meredith e Garlasco servizi quasi giornalieri sui telegiornali oltre a decine di puntate di approfondimento, puntando più sulla morbosa curiosità che con l’interesse generale ad essere informati. Sulla riforma della giustizia, sui 10 milioni di processi pendenti e le 200 mila prescrizioni l’anno come sullo stato delle carceri ed i ritardi della giustizia civile, non c’è mai stato un minuto di vero dibattito.
Questioni centrali del nostro tempo come l’ambiente, i diritti umani fondamentali, la politica internazionale, le grandi sfide economiche e sociali poste dalla globalizzazione, rappresentano la priorità informativa delle principali televisioni mondiali. La Rai, al contrario, priva gli italiani degli elementi minimi di conoscenza e non è nemmeno in grado di dotare il proprio palinsesto di un format sui diritti umani, come richiesto dal Contratto di servizio e dalle risoluzioni della Commissione.
Tutto ciò è stato possibile solo in violazione delle leggi vigenti.
Il 9 luglio scorso, infatti, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha accertato che la Concessionaria è stata inadempiente rispetto agli obblighi di servizio pubblico di cui al Contratto di servizio 2007-2009 a causa delle molteplici violazioni del pluralismo informativo, tredici delle quali a danno dei soggetti politici Radicali. Non era mai accaduto sino ad oggi che fosse accertato un inadempimento sistematico degli obblighi del servizio pubblico, né che la Rai fosse per questo tutt’ora soggetta al rischio di una sanzione amministrativa che potrà arrivare sino al 3% del suo fatturato.
Non posso non far presente che, a fronte di un tale smarrimento da parte della Rai delle ragioni stesse della sua esistenza, dall’inizio della legislatura la Commissione non ha adottato alcun atto di indirizzo, persino quelli relativi a sociale e accessibilità per i disabili sensoriali come se avesse abdicato alle funzioni affidatele dalla legge e definite di rilevanza costituzionale dalla Consulta.
Anche per questo, forse, il provvedimento dell’Autorità si è fatto carico di indicare alla Rai i requisiti minimi per evitare di ripetere in futuro gli stessi illeciti, invitandola ad “adottare entro il dicembre 2009 idonei criteri e linee operative atti a definire le modalità di concreta attuazione dei principi del pluralismo informativo nei propri programmi di informazione e di approfondimento informativo e le relative responsabilità aziendali.”
La Rai, ovviamente, si è ben guardata dal rispettare queste indicazioni, pronta a reiterare la medesima condotta che per 49 volte negli ultimi dieci anni (l’ultima lo scorso 12 novembre) l’ha vista condannata dall’Agcom per violazioni del pluralismo informativo a danno dei soggetti politici Radicali. L’unica regola che la Concessionaria rispetta con rigore da decenni è sottrarre ai cittadini la possibilità di conoscere e giudicare una storia politica, quella radicale, che non si limita ad esprimere posizioni ma decide di assumere iniziative e lotte. Quanto attenderà ancora la Commissione prima di affrontare questo dato oggettivo quale elemento di avvio per una analisi complessiva dell’affaire informazione? Quando verrà superata l’ipocrisia che ha consentito sino ad oggi di rimuovere lo scandalo di un leader politico come Marco Pannella, ai cui diritti civili e politici la Rai da quarant’anni attenta impunitamente?
A cento giorni dalle elezioni Regionali, occorre, signor Presidente e signori Commissari, recuperare il prima possibile spazi di agibilità democratica, aggredendo gli aspetti sistemici che rendono il servizio pubblico televisivo uno strumento di negazione dei diritti degli italiani. Pianificare la riparazione della comunicazione politica negata, rivedere i criteri di legittimazione, esercitare il dovuto indirizzo sulla informazione fuori controllo, aprire varchi di conoscenza sino ad oggi vietati, devono divenire le nostre comuni priorità.
Per queste ragioni, avendo seguito con attenzione il ciclo di audizioni che la Commissione ha sin qui svolto, mi rivolgo a Voi per chiedere di essere urgentemente e formalmente audito al fine di fornire quel contributo di analisi e di proposte che da sempre noi Radicali abbiamo saputo garantire a difesa del diritto di tutti.
Ringraziando sin d’ora per l’attenzione e rimanendo in fiduciosa attesa di una risposta, invio i miei migliori saluti.