di Stefania Pezzopane
Ho conosciuto Guido Bertolaso la mattina stessa del 6 aprile. A poche ore dal sisma i primi soccorsi erano già all’Aquila e dopo 72 ore quasi 100.000 sfollati avevano avuto una prima sistemazione. Da quel “battesimo del fuoco” e per 10 mesi sotto la guida della Protezione Civile ci ha aiutato un mondo intero di persone straordinarie e generose. Un’esperienza di straordinaria forza dell’Italia migliore.
Ho ammirato in Bertolaso e nei suoi collaboratori la capacità di lavorare senza sosta, giorno e notte, come richiedeva la tragedia in atto. Ma ho anche capito che il sisma era per il Governo un banco di prova, un’occasione per sperimentare scelte e strategie nuove - come il progetto C.A.S.E. - importanti ma anche rischiose e insufficienti. La grande ricostruzione è ancora ferma. Non ci sono risorse per l’economia locale. E torneremo presto a pagare tutte le tasse compresi gli arretrati con una discriminazione assurda rispetto ai terremotati di Umbria e Marche. Credo che nella governance dell’emergenza andavano coinvolti da subito e meglio tutti gli Enti Locali, avremmo avuto più democrazia, partecipazione e trasparenza, senza ridurre la velocità e l’efficacia delle decisioni. Non sono mancate divergenze e discussioni su questi ed altri punti con Guido Bertolaso, ma è certo che quando è andato via sostituito dal nuovo commissario Chiodi, si è sentito subito un vuoto.
Non riesco a pensare che Bertolaso possa aver approfittato della situazione. E mi auguro che dimostri subito la sua estraneità. L’inchiesta sugli appalti della Protezione Civile è sconvolgente e ci obbliga a riflettere: 1) si deve distinguere tra una catastrofe naturale e un Mondiale di nuoto: perché le emergenze richiedono interventi eccezionali. I “grandi eventi” possono essere programmati con anni di anticipo. 2) le procedure tempestive per le emergenze non devono essere sottratte ai controlli democratici. Si deve essere efficienti senza diventare autoritari: per impedire che persone senza scrupoli speculino sulle disgrazie. Quelle disumane risate alle 3 e mezzo del 6 aprile ci dicono che qualcuno credeva di avere entrature nel sistema della Protezione Civile per spartirsi gli appalti della ricostruzione. E questo, per rispetto al dolore degli aquilani, non deve essere possibile.