Articolo 21 - Editoriali
Civitavecchia: due morti non erano bastate
di Simona Silvestri
Ce ne volevano tre per farla chiudere. La centrale Enel di Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia, utilizzata per ottenere energia elettrica dal carbone, era già finita nel mirino del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia Gianfranco Amendola, che lo scorso gennaio ne aveva chiesto il sequestro preventivo per mancanza di registrazione Emas e di certificazione Iso. Stando a quanto rilevato dal procuratore, inoltre, l’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata all'Enel per Torre Valdaliga Nord nel 2003 era scaduta il 24 dicembre 2008 e non era stata inviata nessuna domanda di rinnovo. Nonostante questo gli impianti della centrale, con gli oltre trecento dipendenti, più circa un migliaio di persone occupate nelle ditte esterne, funzionavano ancora il 3 aprile.
Sergio Capitani è solo l’ultima delle vittime provocate dalla centrale: aveva appena 34 anni e lavorava per la ditta appaltatrice Guerrucci. Le cause del disastro non sono ancora chiare: secondo Enel l’incidente sarebbe stato causato dalla fuoriuscita di acqua e ammoniaca da un tubo sul quale la squadra di tecnici stava intervenendo per rimuovere un’ostruzione.
Per la sua morte è stato aperta un’inchiesta per omicidio colposo, che vede iscritti nel registro degli indagati 10 persone tra i quali ben sette dirigenti della centrale di Civitavecchia e due responsabili dell'azienda di manutenzione Guerrucci. A titolo precauzionale il sindaco della città Giovanni Moscherini ha annunciato la chiusura dello stabilimento per il tempo necessario a fare chiarezza sull’accaduto, per verificare le condizioni di sicurezza dei lavoratori. Saranno predisposti due livelli di verifica: il primo, a freddo con la centrale spenta, l’altra con la produzione riattivata. "I lavoratori - ha dichiarato il sindaco - non possono vivere nell'incertezza della sicurezza e l'unico modo per chiarire è capire cosa non va a garanzia del buon funzionamento dell'impianto". Per tutto questo periodo gli operai saranno tutelati con ammortizzatori sociali e cassaintegrazione in maniera da garantire loro un reddito minimo.
Eppure molte domande rimangono. Nello stabilimento di Civitavecchia c’erano già stati due morti, Michele Cozzolino nel 2007 e Ivan Ciffory nel 2008, e la scomparsa di Capitani è la terza in tre anni. Per lo stabilimento erano stati chiesti maggiori controlli, senza che nulla si smuovesse.
Le morti sul lavoro in Italia sono ancora troppo numerose: secondo l’Inail nel 2009 sono state meno di mille, e gli infortuni circa un milione, cui vanno aggiunti gli incidenti non denunciati. Qualcuno si ostina ancora a chiamarle morti bianche: sarebbe bene invece ricordare che sono morti nere, che potevano essere evitate se solo fossero stati rispettati i più elementari principi di sicurezza e legalità.
Sergio Capitani è solo l’ultima delle vittime provocate dalla centrale: aveva appena 34 anni e lavorava per la ditta appaltatrice Guerrucci. Le cause del disastro non sono ancora chiare: secondo Enel l’incidente sarebbe stato causato dalla fuoriuscita di acqua e ammoniaca da un tubo sul quale la squadra di tecnici stava intervenendo per rimuovere un’ostruzione.
Per la sua morte è stato aperta un’inchiesta per omicidio colposo, che vede iscritti nel registro degli indagati 10 persone tra i quali ben sette dirigenti della centrale di Civitavecchia e due responsabili dell'azienda di manutenzione Guerrucci. A titolo precauzionale il sindaco della città Giovanni Moscherini ha annunciato la chiusura dello stabilimento per il tempo necessario a fare chiarezza sull’accaduto, per verificare le condizioni di sicurezza dei lavoratori. Saranno predisposti due livelli di verifica: il primo, a freddo con la centrale spenta, l’altra con la produzione riattivata. "I lavoratori - ha dichiarato il sindaco - non possono vivere nell'incertezza della sicurezza e l'unico modo per chiarire è capire cosa non va a garanzia del buon funzionamento dell'impianto". Per tutto questo periodo gli operai saranno tutelati con ammortizzatori sociali e cassaintegrazione in maniera da garantire loro un reddito minimo.
Eppure molte domande rimangono. Nello stabilimento di Civitavecchia c’erano già stati due morti, Michele Cozzolino nel 2007 e Ivan Ciffory nel 2008, e la scomparsa di Capitani è la terza in tre anni. Per lo stabilimento erano stati chiesti maggiori controlli, senza che nulla si smuovesse.
Le morti sul lavoro in Italia sono ancora troppo numerose: secondo l’Inail nel 2009 sono state meno di mille, e gli infortuni circa un milione, cui vanno aggiunti gli incidenti non denunciati. Qualcuno si ostina ancora a chiamarle morti bianche: sarebbe bene invece ricordare che sono morti nere, che potevano essere evitate se solo fossero stati rispettati i più elementari principi di sicurezza e legalità.
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