di Pietro Nardiello*
Le mafie si sconfiggono se si riesce ad aggredire il loro enorme patrimonio, per questo la legge Rognoni-La Torre che consente di operare proprio in questa direzione e poi quella voluta dall’Associazione Libera di don Ciotti, che prevede la restituzione di questi beni alla società civile per farne un uso sociale rappresentano armi importanti per far comprendere che la criminalità organizzata, “così come tutti i fenomeni umani”, può essere sconfitta.
I beni confiscati che lo Stato ha sottratto alla camorra nella nostra Regione ammontano a poco più di 1.300 tra fabbricati, appartamenti, ville e terreni. Una cifra che colloca la Campania al secondo posto della graduatoria nazionale dietro solamente la Sicilia. Di questi l’Agenzia del Demanio ne ha affidati ai patrimoni dei comuni poco più di mille unità, mentre quelli effettivamente riutilizzati per fini sociali sono poco più di una cinquantina. Una discrepanza che non possiamo accettare.
A Napoli c’è la Fondazione di don Luigi Merola, “A voce d’è creature”, che nel quartiere Arenaccia adesso riutilizza la villa appartenuta al boss Brancaccio. La cooperativa Me-Ti che a Forcella, dopo aver fatto dell’ex casa di Luigi Giuliano un centro di recupero e di aggregazione svolge, da poco più di un anno, le sue attività in vico carbonari in un appartamento sottratto sempre alla stessa famiglia. C’è poi l’associazione che ricorda le vittime della strage del treno rapido 904, in via Pavia ed infine ai quartieri spagnoli gli scout dell’Agesci Zona Napoli. Ho conosciuto tutte queste realtà che, a ragione, possono essere considerate delle avanguardie su un territorio difficile e spesso impenetrabile come quello napoletano. Si tratta di associazioni, cooperative composte da uomini e donne che quotidianamente cercano di dare il proprio contributo di carattere umano e professionale che devono essere sostenuti dalle Istituzioni, protetti dalle forze dell’ordine e accompagnati dalla comunità di persone che realmente, e non solo a parole, pretendere un cambiamento.
Voglio soffermarmi sui ragazzi Scout che al quinto piano di Santa Teresella degli Spagnoli gestiscono la casa del boss Giuseppe Di Tommaso un tempo affiliato al clan Mariano, e che adesso è diventata un punto di riferimento per oltre 1200 giovani ai quali bisogna aggiungere quelli che giungono qui da tutta Italia per una semplice permanenza o per svolgere delle attività di settore sul territorio cittadino. Ho partecipato spesso alle loro attività, in una di queste abbiamo voluto festeggiare la chiusura delle attività con il vino prodotto dalle cooperative “Libera Terra”, friselle e pomodori. Un modo come tanti per chiudere in allegria la stagione invernale del Gruppo che ha poi proseguito il suo impegno a Nisida, con i ragazzi del carcere, e a Ponticelli. Nonostante tutto il loro rapporto con una parte dei condomini non è idilliaco. Addirittura uno di loro nei giorni scorsi, in occasione dell’arrivo di un gruppo di Genova, è stato minacciato e strattonato. Il pretesto è da ricercare in alcuni piccoli crolli dell’intonaco esterno della facciata che i ragazzi hanno segnalato, già da tempo, a chi di dovere situazione alla quale si aggiungono, purtroppo, le precarie condizioni statiche dell’appartamento il cui terrazzo di copertura, a causa di importanti infiltrazioni d’acqua, potrebbe rappresentare un pericolo per l’incolumità degli operatori e degli altri abitanti della zona. Un pretesto, certo, perché la solidarietà ai criminali in terra di camorra viene espressa anche in questo modo. Questi ragazzi adesso sono scoraggiati e forse anche un po’ impauriti perché chi “dovrebbe tutelarli è apparso timoroso e chi, invece, sostenerli non c’è perché spesso non comprende ciò che questi encomiabili scout fanno”. E’ drammatico annotare che l’antimafia si compie con pesi e misure differenti perché a questi ragazzi “tutti coloro che fanno della lotta alla camorra una bandiera politica, nei fatti concreti, non hanno mai dato risposte adeguate”. Per mettere in sicurezza il fabbricato occorrerebbero solamente 24mila euro una cifra irrisoria che si potrebbe tranquillamente “distrarre” dai tanti fondi del Pon Sicurezza o dalla legge Regionale nr 23 del 2003 utilizzati, spesso, a malo modo. Una chiusura del centro rappresenterebbe una sconfitta per la Politica, noi cittadini ed una vittoria, l’ennesima, per la camorra ed il pensiero criminale.
*da Repubblica Napoli 21/04/2010