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Articolo 21 - Editoriali
Dedicato a Margherita Boniver, e a quanti con ammirazione e invidia guardano il trattato italo-libico
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di Valter Vecellio

Margherita Boniver è attualmente una parlamentare del PdL, in passato ha ricoperto incarichi governativi, è stata a lungo socialista quando c’era il PSI, militava nella corrente guidata da Bettino Craxi, prima di dedicarsi alla politica attiva – ma qui siamo davvero a tantissimi anni fa – ha guidato “Amnesty International”. Margherita Boniver qualche giorno fa era in Libia, per quella che il comunicato definisce “una breve ma intensa visita alla guida del comitato parlamentare Schengen-Europol immigrazione. Sia a questo comitato come in precedenza al ministro dell’Interno Roberto Maroni – ma non ai giornalisti – i libici hanno mostrato il campo di raccolta di Twisha; e dev’essere stato un po’ come le visite di quel colonnello che va alla mensa militare, assaggia la zuppa, chiede com’è il rancio, e come risposta ne ha che è “ottimo ed abbondante”, e pazienza se la zuppa è una brodaglia immonda e il pane infarcito di vermi. Perché – si cita sempre il provvidenziale comunicato – Margherita Boniver “ha riferito di aver potuto constatare dal personale dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni che opera nel centro un grande salto di qualità e collaborazione con i libici”.
   Presa da entusiasmo, Boniver ha poi proseguito sostenendo che “sono in molti, istituzioni e diversi paesi europei, a guardare al Trattato di amicizia italo-libico con ammirazione e un pizzico di invidia, e a considerarlo un modello di cooperazione. Un accordo che ha diminuito del 90 per cento il flusso degli immigrati irregolari verso le coste italiane”.
    Chissà chi sono questi “molti, istituzioni e diversi paesi europei” che guardano con invidia e ammirazione quell’infamia e quella vergogna che è il trattato italo-libico cui peraltro hanno detto NO solo i parlamentari radicali e pochissimi altri del PD.
   Noi abbiamo ancora sotto gli occhi le strazianti fotografie del palermitano Alfredo D’Amato che documentano come in questi anni migliaia di persone siano morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa. La storia di Herut, tra le mille: Herut ha 24 anni, quando lascia l’Eritrea per raggiungere l’Italia, dove suo marito Dighe è arrivato tre mesi prima, in cerca di una vita migliore. Dighe le ha spedito i primi soldi guadagnati per pagarsi il viaggio: dieci giorni di cammino per raggiungere il confine con il Sudan, dove è costretta ad aspettare alcuni mesi, prima di poter partire per la Libia, attraverso il deserto. Herut viene arrestata mentre cerca di imbarcarsi per l’Italia; il 6 giugno 2009 torna in libertà, lascia la Libia con altri 37 immigrati clandestini su una barca da pesca diretta in Sicilia. Di Herut e degli altri 36 non si è saputo più nulla.
   Secondo “Fortress Europe”, l’osservatorio on-line sulle vittime dell’immigrazione verso l’Europa, dal 1988, più di ottomila persone sono morte nel Mediterraneo e nell’oceano Atlantico. E’ vero, quello che dice Margherita Boniver: da quando l’Italia e la Libia hanno firmato il trattato, gli sbarchi sono diminuiti sensibilmente. Perché altre, sono diventate le rotte; e perché molte imbarcazioni sono state respinte verso le coste libiche senza tanti complimenti, senza verificare se le persone a bordo erano richiedenti asilo come potevano aver diritto, e come l’Italia riconosce possano fare.
   E’ Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati a ricordare a Margherita Boniver e a tutti noi che evidentemente “è sempre difficile nelle visite ufficiali rendersi conto della realtà quotidiana e delle dinamiche che si sviluppano nei campi profughi in Libia, una realtà che stando alle testimonianze di chi l’ha vissuta è fatta di esperienze dolorose e molto dure”.
   Come antidoto, contravveleno alle corbellerie di Margherita Boniver – ma in passato altri sono stati capaci di dire assai peggio –propongo e suggerisco la lettura di un libro che merita di essere segnalato, letto, regalato: “Tutti indietro” di Laura Boldrini, Rizzoli. Diciotto euro ben spesi. Dal capitolo “Alle donne va sicuramente peggio”, pag.153: “Aster ha sedici anni, una ragazza eritrea dallo sguardo dolce ed espressivo…arrivata a Kufra viene bloccata dalla polizia libica…inizia a tremare, è esausta ed è terrorizzata dall’atteggiamento dei poliziotti…dopo qualche tempo una guardia le si avvicina e le dice che ha può aiutare a uscire di prigione, ma lei deve essere brava, fare tutto quello che lui le chiede. Le dice che in cambio di sesso lui la farà rilasciare”; e ancora: pagina 11: “E’ difficile dimenticare le colonne di donne e bambini eritrei, avvolti nel vento di sabbia che oscura il cielo, arrivare sfiniti dalla sete nel primo campo di Kassala…ore di marcia sotto un sole implacabile e una temperatura che tocca i cinquanta gradi…”. Dedicato a Margherita Boniver, e a quanti con ammirazione e invidia guardano il trattato italo-libico.

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