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Articolo 21 - Editoriali
La fiducia anche per censurare. Quando diremo basta?
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di Ottavio Olita

Ma quand’è che avremo la convinzione, la determinazione, il coraggio di urlare che la misura è colma? Come si fa a tollerare che su una questione come quella del decreto 1611 sulle intercettazioni, contro il quale si sono schierati anche direttori ed editori moderati, il Governo ponga la fiducia? Chi, come, quando l’ha imposta? Se anche questa decisione è il frutto del lungo braccio di ferro tra Berlusconi e Fini dal quale il padrone vuole uscire assolutamente vincente, cosa c’entra il Paese che vede diventare sempre più asfittiche le quote di democrazia e libertà? E non c’è nulla da obiettare sulla singolare, immediata successione tra questa scelta e le affermazioni fatte dal Presidente del Consiglio al consesso di Federalberghi e poi a quello degli artigiani? Il Parlamento che fa trasformare ‘come cavalli in dromedari’ le leggi che lo attraversano; la Costituzione come un ‘inferno’ per chi vuole governare. C’è ancora chi può nutrire dubbi su quale idea di Stato abbia il signore e padrone?
 Mentre attendiamo che l’opposizione predisponga, in Parlamento e nel Paese, contromisure finalmente efficaci a tutela della libertà sempre più minacciata, cosa possono fare giornalisti, editori, cittadini per difendersi da un autoritarismo che continua ad essere spacciato per ‘difesa delle libertà individuali?’.  Una risposta immediatamente visibile viene suggerita dalla sezione di Cagliari di Articolo 21. Direttori, giornalisti ed editori che già hanno sottoscritto in Federazione della Stampa il documento comune, dispongano che nelle prime pagine dei loro quotidiani vengano lasciati degli spazi bianchi occupati dalla scritta “Censurato”. Forse così sarà immediatamente comprensibile quello che ancora oggi viene mistificato come ‘tutela della privacy’. L’iniziativa sarebbe uno sviluppo di quella già in atto che segnala in pagina quali notizie non si sarebbero potute scrivere e pubblicare se la legge fosse stata già in vigore.
 Subito dopo sarà indispensabile che cominci la pratica della disobbedienza civile perché non è tollerabile che per colpa di questa mostruosità giuridica vengano attaccate e ridotte, contemporaneamente, la libertà d’informare e d’essere informati; la tutela dei cittadini minacciati dalla malavita organizzata o dai malversatori; la possibilità – grazie all’azione dei magistrati – di rendere giustizia a chi ha subito gravi danni fisici e materiali. Ma come fanno parlamentari eletti dal popolo a non rendersi conto che stanno per privare la parte più debole di quello stesso elettorato, quella che è stata colpita nella persona, nei beni, nella famiglia, della speranza di poter ottenere una riparazione ai soprusi subiti grazie anche ad uno strumento indispensabile come il ricorso alle intercettazioni telefoniche? Forse per quegli ‘eletti dal popolo’ sarà un problema di coscienza. Per tutti noi è una grande, fondamentale battaglia in difesa della libertà e della democrazia

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