di Debora Aru
Ricevianmo e di seguito pubblichiamo la seguente lettera aperta ai giornalisti:
Cari colleghi giornalisti,
chi vi scrive è una sconosciuta pubblicista che come la maggior parte di noi (professionisti compresi) si sbatte ogni giorno per poter lavorare.
Alla manifestazione contro la legge bavaglio, ho assistito a qualcosa di sconcertante e ho deciso di scrivervi una lettera aperta per rivolgervi un appello.
Quando ieri è arrivata Patrizia D’Addario in piazza Navona la calca di colleghi, operatori e fotografi attorno alla sua persona mi ha lasciato di stucco: tutti concentrati sulla escort bionda che aveva in mano il suo libro. Ora io mi chiedo, e vi chiedo, la sua presenza è una notizia? Lei è una notizia? Chi è la D’Addario? In virtù di quale competenza la D’Addario merita di apparire nei TG che parlano del DDL intercettazioni, quanto o più Ilaria Cucchi o Patrizia Aldrovandi?
C’è stata addirittura Rai news 24 che ha tentato di intervistare la brillante biondina in diretta davanti al palco del No Bavaglio Day. Alcuni giornalisti di Articolo21 hanno gridato «colleghi vergognatevi», perché si intendeva intervistare una persona famosa per aver svelato dei segreti sulla vita sessuale del Presidente del Consiglio. L’intento, secondo l’intervistatrice Rai, era di fare domande sulla cosiddetta legge D’Addario ma, come ha detto la giornalista: «voi mi avete censurato», in quanto qualcuno ha pensato bene di portarsi via la D’Addario senza che potesse rilasciare alcuna dichiarazione.
Per censura si intende il controllo dalla libertà da parte di un’autorità. Cosa c’è di censurante nel contestare l’operato di un collega?
Colleghi, io vi chiedo, questo è giornalismo? La prima cosa che mi è stata insegnata quando ho iniziato a imparare a fare questo mestiere è che il giornalista sceglie fra i fatti quello che è notizia per l’interesse della collettività. Noi siamo professionisti perché abbiamo una preparazione, una deontologia e un’etica che ci distingue da chi si autodefinisce operatore dell’informazione senza alcuna competenza.
Non basta solo alzare la voce contro chi ci vuole cani da compagnia della Politica. Non basta scendere in piazza a reclamare i nostri diritti. Per essere credibili e affidabili e avere il rispetto per la nostra professione dobbiamo fare bene il nostro lavoro e non sottostare alle regole di mercato che vogliono “vendibile” una Patrizia D’Addario.
In questo momento così buio per il nostro Paese dobbiamo essere noi i primi a ridare la dignità al lavoro del giornalista con una profonda e onesta autocritica. Dobbiamo riguadagnarci la fiducia dei cittadini.
Chiedo a tutti voi colleghi, soprattutto a quelli con una posizione più importante della mia, di essere compatti e solidali e di non piegare mai la schiena. Di non considerare una notizia bucata la mancata intervista a un personaggio come la D’Addario e di essere anche l’unica voce fuori dal coro, se è necessario a dimostrare che siamo una categoria seria. Vi chiedo di ridare onorabilità all’informazione che è l’unica arma a nostra disposizione per difendere la libertà.