di Andrea Leccese
Mette di buon umore leggere al mattino il Corriere della sera, sorseggiando un buon caffè, ed evitando magari di macchiarsi la polo a causa dello stupore o dello sgomento. Leggendo il quotidiano milanese, può capitare infatti di imbattersi in articoli illuminanti e divertenti come quello pubblicato mercoledì 18 agosto, a firma di Piero Ostellino, dal titolo “La volontà popolare da difendere”.
Il costituzionalista Ostellino accusa i Padri Costituenti di aver generato, “nel timore di un ritorno alla dittatura”, una sorta di dittatura del Parlamento, o meglio dei partiti politici, “vanificando” la sovranità popolare. Sovranità che sarebbe stata sostanzialmente ripristinata dalla attuale legge elettorale - la “legge- porcata" per intenderci - e da una non meglio definita “costituzione materiale”. Forse, al costituzionalista Ostellino sfugge che dittatore è normalmente un uomo assetato di potere, circondato e riverito da nuguli di servi, tartufi e clienti, e sostenuto da poteri forti e propaganda mediatica. Non si è mai sentito parlare, invece, di un “Parlamento – dittatore”.
Forse, al costituzionalista Ostellino sfugge che, nel dettato costituzionale, i partiti politici hanno un ruolo centrale nella nostra democrazia. Infatti, “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.). Forse, al costituzionalista Ostellino sfugge che proprio l’attuale legge elettorale allontana i cittadini dal Parlamento e dalla democrazia, vanificando la sovranità popolare. Forse, al costituzionalista Ostellino sfugge che, in una democrazia sostanziale, la “sovranità del popolo” non è affidarsi ad un capo carismatico o a un Duce. In tal caso, si parla normalmente di “dittatura”.
Forse, il Costituzionalista Ostellino non ha potuto leggere tutto il comma secondo dell’articolo 1 della Costituzione. Perciò, è utile citarlo per intero:”La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il concetto, elementare, si insegna durante la prima lezione di diritto costituzionale. Perché queste forme e questi limiti? Affinché la democrazia non degeneri in dittatura della maggioranza, il popolo non può esercitare arbitrariamente la sovranità di cui è titolare, ma deve rispettare dei limiti a garanzia dei principi democratici (tutela delle minoranze, partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione statale).
Forse, il costituzionalista Ostellino non ricorda che la Carta del ’47 è una costituzione “rigida”, che può essere modificata solo dal Parlamento, “luogo” della sovranità popolare, e soltanto con una procedura “aggravata” (art. 138 Cost.). Forse, al costituzionalista Ostellino va ricordato che esistono limiti alla revisione costituzionale. I principi fondamentali, per esempio, non possono essere assolutamente modificati o sovvertiti. Forse, al costituzionalista Ostellino si deve rammentare che la Carta del ’47 è rigida proprio perché quella “flessibile”, lo Statuto Albertino, seppur fondata sull’uguaglianza di tutti i “regnicoli”, non aveva impedito l’affermazione della dittatura fascista.
Perciò, al costituzionalista Ostellino è doveroso sussurrare che, da noi, il concetto di “costituzione materiale” - sbandierato per giunta da taluni piduisti - può rivelarsi gravemente eversivo. Solo la Costituzione "formale" va rispettata, quella alla quale gli stessi piduisti hanno prestato solenne giuramento di fedeltà. Forse, al costituzionalista Ostellino è bene suggerire che i Padri Costituenti non sbagliavano a temere il ritorno della dittatura, perché i germi del fascismo sono vivi e vegeti, perché l’analfabetismo giuridico è imperante, perché la mentalità pubblica non è cambiata, perché il “familismo amorale” degli italiani non è arretrato di un solo centimetro.
Al costituzionalista Ostellino, si può anche dare una bella idea. Piuttosto che pensare a modificare la Costituzione formale, impegnamoci a cambiare quella materiale, e a rigenerare questo nostro Belpaese, dominato dal malaffare e dalle mafie. Può darsi, peraltro, che i rimedi alla deriva dei nostri giorni possano rinvenirsi proprio in quella vecchia Carta Costituzionale, che molti paesi civili continuano a invidiarci.