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Articolo 21 - Editoriali
Sicurezza sul lavoro. Un appello per ritirare lo spot del Governo
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di Bruna Iacopino

Ancora una volta se un lavoratore si fa male, o peggio ancora perde la vita sul posto di lavoro la responsabilità ricade solo ed esclusivamente su di lui. Lo avevamo imparato in seguito alla tragedia della Umbria Olii. Questo però sembra essere anche il messaggio che, da un po’ di tempo a questa parte rimbalza sulle reti televisive del servizio pubblico, per la campagna lanciata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Non è vero dunque che non si investe sulla sicurezza o peggio ancora, si taglia. Gli investimenti ci sono, si legge su Articolo1, ma sono finalizzati a quello che questo Governo sa fare meglio: gli spot pubblicitari. L’indignazione c’è dunque, e qualcuno se n’è anche accorto. In Parlamento se n’è accorta la senatrice Carloni che ha tentato di “risvegliare” l’attenzione della Commissione sulle morti bianche istituita al Senato, fuori dal Parlamento se n’è accorto anche il PdCI che ha indirizzato una missiva allo stesso Ministro del lavoro. “ 'Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene' - è una semplificazione strumentale e fa apparire il lavoratore come l'unico colpevole in caso di incidenti.” E‘ quanto scritto da Gianni Pagliarini, responsabile Lavoro del PdCI-FdS, nella lettera aperta indirizzata a Sacconi.  “Il messaggio, infatti, non fa alcun cenno alla disattenzione, incuria, negligenza o approssimazione con cui gran parte del sistema delle imprese - o dei datori di lavoro - affronta quotidianamente il tema della sicurezza.”
A usare toni più duri arrivando a promuovere anche una raccolta firme affinchè lo spot venga ritirato, sono i diretti interessati, i lavoratori, che a passare per “quelli che non vogliono bene a loro stessi né alla propria famiglia” proprio non ci stanno. “Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi-  si legge nel testo dell’appello- hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi sostituito con l'ammenda, salvamanager, ecc). Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.” L’informazione va bene, sottolineano i promotori dell’appello, purché volta a “… rendere nota la necessita’ di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza…” Non solo dunque i lavoratori.  “Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse – conclude l’appello-  affinchè la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.”

Il testo dell'appello che circola in rete:

Appello per il ritiro dello spot del Ministero del Lavoro: "Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene"
  La Campagna per la sicurezza sul lavoro, promossa dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali recita “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”. Un messaggio e due spot rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli “attori” coinvolti.

 Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi, hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi sostituito con l'ammenda, salvamanager, ecc).

 Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.

 E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”, quasi che la mancanza di sicurezza fosse imputabile al fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro. Sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Non accenna minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario e un lavoro a tempo determinato, mentre devono viceversa sottostare a ritmi da Medio Evo.

 La campagna dovrebbe invece avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessita’ di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulle responsabilità civili, penali e non ultime anche etico-morali che l’imprenditore deve assumersi per tutelare l’integrita’ delle persone che lavorano per lui.

 Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse, affinchè la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.

FIRMATARI:
  Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza-Firenze.
 Andrea Bagaglio-Medico del Lavoro-Varese.
 Leopoldo Pileggi-Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza-Correggio.
 Daniela Cortese- RSU/RLS Telecom Italia Sparkle-Roma

N.B Chi vuole aderire all'appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualificà e Città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it

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