di Raniero La Valle
Nell’aderire alle manifestazioni indette per rivendicare i valori costituzionali calpestati dal governo Berlusconi (dalla legalità al lavoro), i Comitati Dossetti si appellano all’art. 49 della Costituzione che attribuisce a tutti i cittadini il diritto (che è anche un dovere) di concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale. Questo diritto si può oggi quasi esclusivamente esercitare nelle manifestazioni popolari e di piazza, mentre è gravemente limitato e compresso in ogni sua altra possibile espressione.
Anzitutto nelle elezioni, che sono il luogo privilegiato in cui questo diritto si esercita, il voto dei cittadini non è libero ed eguale, come vuole l’art. 48 della Costituzione. Non libero, perché secondo l’attuale legge elettorale, che è la prima delle leggi “ad personam”, esso è vincolato all’ordine secondo il quale i candidati sono presentati dagli estensori delle liste, essendo esclusa ogni possibilità di esprimere preferenze. Non eguale perché, secondo la stessa legge, nel conteggio dei voti per l’attribuzione dei seggi, viene stabilito un “quoziente elettorale di maggioranza” e un “quoziente elettorale di minoranza” molto differenti tra loro, in modo tale che i voti dei cittadini non hanno lo stesso valore: il quoziente elettorale con cui vengono eletti i parlamentari della maggioranza è infatti costituito da un numero di voti molto inferiore a quelli necessari per formare il quoziente elettorale di minoranza, con cui vengono eletti tutti gli altri parlamentari.
Il diritto dei cittadini è poi cancellato tra un’elezione e l’altra, perché il voto da cui il governo trae il proprio potere viene trasformato da indicazione politica in investitura metafisica, così che esso non potrebbe più essere messo in discussione né sottoposto a verifica non solo da parte del Parlamento ma anche dei cittadini stessi che lo hanno espresso, fino alla successiva elezione.
Il diritto dei cittadini è infine conculcato e ridotto perché la loro partecipazione politica viene sistematicamente scoraggiata e perfino dileggiata, i partiti sono oltraggiati e se possibile fatti sparire, il sistema dell’informazione è stretto in confini che lasciano fuori grandi aree di cultura e di opinione, e l’interesse del potere per i cittadini-elettori si riduce alle percentuali che ossessivamente vengono esibite nei sondaggi per campione.
Che ciononostante ci siano persone che si prendono a cuore il Paese e nei modi più vari vogliono far sentire la loro voce, sui tetti o nelle sale, sulle piazze o in Internet, è il segno che la democrazia non è morta, e i Comitati Dossetti per la Costituzione non possono che dare sostegno e partecipare a tali manifestazioni.
Nel merito i Comitati Dossetti concordano sulla assoluta urgenza che si chiuda la fase del berlusconismo, che non solo ha devastato le istituzioni politiche, ma ha prodotto un grave inquinamento dell’ambiente spirituale e morale del Paese. È ormai una plateale finzione quella secondo cui il problema starebbe in quattro o cinque punti del programma di governo, quando la questione è ormai quella di una dignità perduta della vita pubblica del nostro Paese, che va restaurata sia nella figura che il Paese mostra di sé all’interno come comunità di cittadini, sia nel suo rapporto con la comunità internazionale.
Questa dignità potrà essere ristabilita solo se la coscienza del Paese sarà in grado di sottrarsi alla Grande Corruzione, di esprimere una diversa cultura e promuovere una nuova leadership nelle prossime elezioni politiche.
Ciò comporta che tali elezioni possano essere tenute con una nuova legge elettorale che ristabilisca la coerenza del sistema elettorale e politico con la Costituzione, instaurando una rappresentanza proporzionale ed escludendo ogni investitura sovrana a un preteso capo del popolo.
Se poi non sarà permessa la riforma della legge elettorale, col rischio di un ulteriore esito catastrofico, resta la possibilità, per i partiti e per l’elettorato, di usare la legge elettorale vigente neutralizzandone le norme e gli effetti perversi per i quali è chiamata “porcellum”. Essa infatti, grazie a possibilità tecniche presenti nella legge stessa, opportunamente utilizzate dai partiti, può essere fatta funzionare come una normale legge elettorale proporzionale, senza che si realizzi l’ipotesi per la quale scatti il premio di maggioranza e con soglie di sbarramento non superiori al 2 per cento alla Camera e al 3 per cento al Senato. Ripristinata così la rappresentanza democratica, potrà riprendere il libero dibattito sul definitivo assetto da dare al nostro sistema politico.