Articolo 21 - Editoriali
Lewis e Sakineh: se i paesi liberali uccidono
di Federico Orlando
Molti erano stati facili profeti: se gli Stati Uniti, “baluardo dei diritti civili” , uccideranno la loro cittadina Teresa Lewis, malata mentale, per duplice omicidio confessato e provato, gli ayatollah del fanatismo iraniano, che non predicano diritti civili ma punizioni in nome di Dio a chi fa peccato, avrebbero avuto sul piatto d'oro l'invito ad uccidere Sakineh. Perfino i cow boy americani, fatti della stessa scorza dei cammellieri iraniani, potevano capirlo. Ma hanno preferito immolare la loro vittima al loro dio, il consenso del popolaccio. “Al Palazzo di Vetro – scrive Renzo Guolo su la Repubblica – mettendo il dito nella piaga della falsa coscienza occidentale, Ahmadinejad ha chiesto come sia accettabile una condanna a morte quando avviene negli Usa e non quando viene eseguita in Iran”. Per la prima e unica volta in vita nostra, questa logica non ci sembra repellente. Invece ci va di traverso il ragionamento di Lucia Annunziata sulla Stampa, che coglie, a Teheran, un piccolo progresso nel passaggio dall'età della pietra all'età della corda, e rammenta che il processo americano è garantista e quello iraniano è teologico, anche se alla fine “una pena di morte è una pena di morte”. Insomma, la crociata di Cesare Beccaria per l'abolizione della tortura e della pena di morte, non ha vinto del tutto e non è finita, nemmeno nel mondo liberale. E francamente non ci basta, in queste ore di ansia per la donna iraniana, che dà un volto a tante migliaia di anonimi che ogni anno perdono la vita per mano del boia, la convinzione del senatore Pietro Marcenaro, sull'Unità, che l'intervento di Frattini a favore di Sakinneh sarebbe stato più “forte” s'egli avesse potuto svolgerlo anche in favore di Teresa Lewis. Ma a parer nostro il problema è un altro: il problema è che, la battaglia contro la pena di morte nel mondo, contro le mutilazioni genitali femminili, contro la fame, non rientra nei programmi quotidiani dei partiti occidentali, con l'unica solitaria e pluridecennale eccezione dei nostri Radicali: bisogna sintonizzarsi su Radio Radicale per conoscere i crimini contro i detenuti nelle carceri italiane (evidentemente le procure della repubblica non l'ascoltano), o per sapere delle azioni di Emma Bonino in Africa e altre aree “escissioniste”, o i richiami etico-politici di Marco Pannella, o il continuo documentarsi e mobilitarsi di ”Nessuno tocchi Caino”. Se ci fossero partiti liberali in Italia, i radicali non sarebbero soli; e le ipocrisie di un momento, facilitate dal bel volto di una condannata a morte, non sarebbero dei semplici bidé della coscienza.
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