di Gennaro Carotenuto*
Se non fosse che le due signore della politica brasiliana, Dilma Rousseff e Marina Silva, si detestano reciprocamente, i conti del primo turno presidenziale sarebbero presto fatti per la sinistra brasiliana ai massimi storici: Dilma 46.7% più Marina 19.43% uguale sinistra brasiliana al 66%.
Nulla di nuovo per quanto riguarda i candidati che vanno al ballottaggio. Il candidato socialdemocratico (moderato) José Serra, è rimasto nell’ambito dei sondaggi che lo accreditavano tra il 30 e il 34% dei voti e va al ballottaggio con un misero 32.7% che gli sarà sufficiente solo per la seconda sconfitta al ballottaggio dopo quella del 2002. Dilma Rousseff, la candidata del PT, va al ballottaggio con un risultato praticamente identico a Lula nel 2002, quando al primo turno ottenne il 46.4% per superare il 61% al ballottaggio storico del 27 ottobre proprio contro José Serra e appena inferiore al 48.6% del 2006 che fece da preludio al ballottaggio contro Geraldo Alckmin con Lula di nuovo al 61%.
Rispetto ai sondaggi Dilma resta sotto di 3-4 punti e quindi non corona il sogno di vincere al primo turno. Ma questi 3-4 punti che mancano (ma mancano?) a DIlma, non bastano a spiegare la straordinaria cavalcata che ha portato la verde Marina Silva a raddoppiare o quasi le previsioni del 10-12%. Bastava digitare “Marina43” o “Voto Consciente” ieri pomeriggio in Twitter per capire che l’impeto degli studenti e della classe media progressista che sta in Internet fosse tutto per lei, l’ex domestica (1958) che ha imparato a leggere e scrivere a 15 anni per laurearsi meno di 10 anni dopo e che viene dal remotissimo Acre, migliaia di km dalle luci di Río de Janeiro e di San Paolo, incastonato tra Bolivia e Perù.
Ha corso molto da quei giorni la 52enne Marina. Riuscì a studiare, si sindacalizzò e si politicizzò. Dalla CUT (il grande sindacato) al PT (il partito), imparò moltissimo da Chico Mendes che visse, lottò e fu assassinato proprio nell’Acre, dedicando la vita alla difesa dell’ambiente dell’Amazzonia ed ai lavoratori di quei difficili luoghi. Nell’88 Marina, che appena pochi anni prima entrava nelle case borghesi solo per fare le pulizie, era già l’unica consigliere comunale di sinistra a Rio Branco, la capitale dello stato. Appena sei anni dopo è la senatrice più votata e nel 2003 è Ministro dell’Ambiente di Lula.
La storia, e le contraddizioni di uno sviluppo difficile, preparava lo scontro tra le due compagne di partito. Da una parte Marina a difendere l’Ambiente. Dall’altra Dilma, responsabile del dicastero delle Miniere e dell’Energia, che doveva far fruttare le immense ricchezze del paese. Alla fine vinse Dilma e i progetti particolarmente avanzati di Marina per un’Amazzonia sostenibile restarono nel cassetto. Proprio l’ambiente e la contestazione ad un certo burocratismo da partito stato emerso in alcuni contesti del PT, sarebbero nel corso degli ultimi due anni alla base della critica da sinistra di Marina al governo, e al PT, il partito dal quale con estremo dolore alla fine esce, che la porta infine a candidarsi accettando l’invito dei verdi.
Non ci possono essere maggiori differenze tra le due donne. Da una parte Dilma, la signora mineira agiatissima che tradì la sua classe per scegliere la guerriglia e la sottoproletaria amazzonica venuta dal nulla. Ed è notevolissimo che oggi Dilma è votata in massa dai proletari da dove Marina proviene, mentre Marina, dopo Lula un altro meraviglioso esempio di ascensione sociale in un Brasile che sta pezzo per pezzo smantellando un classismo atavico, è la stella dei sempre più numerosi giovani di classe media che usano Internet e danno un appoggio critico al governo. Una voce critica che non solo non scalfisce ma rafforza quell’egemonia della cultura di sinistra che è la cifra del Brasile e dell’America latina del XXI secolo.
Fino a ieri i candidati outsider in Brasile erano praticoni della politica, centristi, maghi del voto clientelare pronti a trattare su tutto e a vendersi. Adesso il Brasile di Lula, pur con il suo bilancio positivo ha una grande coscienza critica alla sua sinistra da ascoltare. In termini elettorali cambia poco. Che si parlino o no, gran parte dei voti di Marina passeranno a Dilma al ballottaggio. Ma oggi Marina ha dato una lezione di cosa ancor di più possa essere questa “grande nazione progressista” brasiliana.
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