di Gian Mario Gillio*
A proposito della sentenza della Corte di Strasburgo che riabilita il crocifisso nella aule, è bene ricordare che sono tanti, nel nostro Paese e in tutta Europa, i cattolici che da tempo hanno un’opinione differente sul problema dei simboli religiosi e, in definitiva, su come concepire la laicità nelle istituzioni democratiche. I Cattolici di base, il Movimento per la riforma della chiesa cattolica, i protestanti, le comunità ebraiche si sono espressi venerdì con comunicati e dichiarazioni. Insieme a loro le chiese in attesa di veder applicate le Intese - come stabilito dall’articolo 8 della Costituzione - con lo Stato italiano, ed ancora espressioni di fede che un’Intesa non la raggiungeranno mai ma che sperano almeno in una legge sulla libertà religiosa, molto lontana. Tutti si dicono stanchi di sentenze come quella di ieri o di atteggiamenti che non tengono conto del mosaico di fedi che compone il nostro Paese. Per non parlare dei diritti, spesso dimenticati, dei non credenti. Una moltitudine di persone dunque che esprime spiritualità diverse e che vive in Italia, paga le tasse e determina con il proprio voto le scelte politiche. I magistrati di Strasburgo (15 voti contro 2) hanno sentenziato: «L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane, non viola l’articolo 2 che impone agli Stati il dovere di rispettare il diritto dei genitori di assicurare l’educazione conforme al loro credo religioso e filosofico». Il ricorso presentato dalla signora Lautsi riteneva invece che l’esposizione del crocifisso nelle aule frequentate dai figli fosse in contrasto con la libertà religiosa. Immediata è stata la presa di posizione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia resa nota dall'Agenzia Nev: «Per le minoranze che hanno ricevuto i diritti civili e di culto poco più di 150anni fa, come le chiese evangeliche, questi crocifissi non rimanderanno a una comune appartenenza o cultura italiana». Nella sentenza della Corte si legge inoltre: «Il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie, elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura potrebbe avere sugli alunni». Dunque il crocifisso appeso in aule e tribunali sarebbe innocuo? Basterebbe far finta di non vederlo? Secondo Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese: «Valdesi e metodisti italiani restano convinti che l’esposizione del crocifisso nelle sedi istituzionali violi il principio supremo di laicità dello Stato e come credenti ci preoccupa che un simbolo della fede cristiana venga imposto come espressione di una cultura e di una civiltà». Sorprende dunque l’entusiasmo dei credenti cattolici per una sentenza che indica nel crocifisso sì, un simbolo religioso, ma che viene sdoganato come «elemento culturale» e apparentemente «ininfluente».
*direttore di “Confronti” (pubblicato su “l'Unità” del 20 marzo 2011)