Articolo 21 - Editoriali
Repressione? Non poteva esserci risposta peggiore
di Bruna Iacopino
Più repressione, più controllo, limitazioni della libertà di espressione e di movimento... Alle migliaia e migliaia di persone, un fiume interminabile di gente, scese in piazza il 15 ottobre per chiedere, pretendere parola, partecipazione democratica, vera e non fittizia, ecco la risposta che proviene dall'alto, da quei palazzi del potere che continuano ad essere blindati e protetti, incolmabilmente distanti dai cittadini, da chi, in teoria, dovrebbero rappresentare. C'è un vuoto, un vulnus terrificante di cui, sembra, in pochi vogliono prendere atto. Quello che è successo sabato in piazza, l'esplosione incontrollata di violenza, fine a se stessa, e condannata dal movimento stesso, contestata dall'interno del corteo con cori e fischi ( quando non anche a livello fisico), ma anche a mente fredda in questi giorni, non ha spinto, come avrebbe dovuto ad un'analisi, una riflessione non più eludibile, scegliendo anche questa volta la via più semplice e più rapida da seguire: la criminalizzazione spicciola, la caccia alle streghe (supportata anche dai media), l'ulteriore radicalizzazione della distanza e dell'ormai conclamata incomunicabilità tra chi occupa il palazzo e chi invece ne viene tenuto lontano.
La violenza non porta da nessuna parte e necessita di una condanna ferma, e su questo i pareri sembrano unanimi, ma come non vedere che quella violenza ha radici profonde ed è in qualche modo uno dei frutti di questo presente? Come non vedere in essa la rabbia e la frustrazione di chi si vede ogni giorno privato della possibilità di vivere e progettare degnamente la propria esistenza?
Non si tratta di giustificare si tratta di analizzare, di capire e in questo, purtroppo, la classe politica da una parte e la gran parte dei media dall'altra, peccano troppe volte di superficialità.
Troppo facile, come successo in questi giorni, tirare in ballo i soliti centri sociali, la galassia degli anarco-insurrezionalisti, i resistenti della Val Susa, troppo facile sbattere il mostro in prima pagina, avere nomi e cognomi da poter additare al pubblico linciaggio, troppo facile andare a scovare vecchi fantasmi come la famigerata rete del Sud Ribelle per poi trovarsi in mano con un pugno di mosche, più difficile trovare una risposta che sia veramente degna di un paese civile e democratico quale dovrebbe essere l'Italia.
Le risposte che sono arrivate, finora, vanno in direzione esattamente contraria.
In un momento in cui questo paese rischia di sprofondare almeno quanto al Grecia, dove i nuovi poveri aumentano in maniera esponenziale contribuendo ad allargare quella forbice che da anni viene denunciata come frutto di ingiustizia sociale, ma mai veramente affrontata nelle sedi e nei modi opportuni, in un paese in cui sempre più giovani sono costretti a scappare dal Sud per lavorare al nord, quando non a lasciare l'Italia per l'estero, dove le fabbriche chiudono per approfittare di mercati più redditizi in fatto di costo del lavoro, dove il lavoro nero è una piaga che attanaglia lavoratori stranieri ma anche italiani, dove l'istruzione e la cultura sono diventati inutili fardelli, dove il clientelismo e la corruzione la fanno da padrone e chi dovrebbe pagare non paga quasi mai, dove l'essere onesti è quasi una pecca, dove è in atto un tentativo di sottrazione costante e quasi scientifica in materia di diritti... ricorrere ad un'ulteriore sottrazione di libertà per contenere il dissenso, che è e sarà inevitabile, non porta a nient'altro che ad un acuirsi dello scontro e del conflitto.
Non è questo, credo, il paese che vogliamo, il paese per cui generazioni precedenti hanno lottato e faticosamente conquistato. E' un quadro deficitario quello che ritrae il "mostro" da dare in pasto a mo' di vittima sacrificale senza inserire sullo sfondo chi quel mostro ha generato... deficitario quello che ignora in maniera cosciente e colpevole l'esistenza di un' “opposizione” variegata e che parte dal basso, che continua ad esistere nonostante tutto e che anche oggi ( e ieri e nei giorni avvenire) in sedi, città e momenti differenti si è data appuntamento per discutere confrontarsi e proseguire con una mobilitazione che va oltre le scene viste il 15 ottobre.
La violenza non porta da nessuna parte e necessita di una condanna ferma, e su questo i pareri sembrano unanimi, ma come non vedere che quella violenza ha radici profonde ed è in qualche modo uno dei frutti di questo presente? Come non vedere in essa la rabbia e la frustrazione di chi si vede ogni giorno privato della possibilità di vivere e progettare degnamente la propria esistenza?
Non si tratta di giustificare si tratta di analizzare, di capire e in questo, purtroppo, la classe politica da una parte e la gran parte dei media dall'altra, peccano troppe volte di superficialità.
Troppo facile, come successo in questi giorni, tirare in ballo i soliti centri sociali, la galassia degli anarco-insurrezionalisti, i resistenti della Val Susa, troppo facile sbattere il mostro in prima pagina, avere nomi e cognomi da poter additare al pubblico linciaggio, troppo facile andare a scovare vecchi fantasmi come la famigerata rete del Sud Ribelle per poi trovarsi in mano con un pugno di mosche, più difficile trovare una risposta che sia veramente degna di un paese civile e democratico quale dovrebbe essere l'Italia.
Le risposte che sono arrivate, finora, vanno in direzione esattamente contraria.
In un momento in cui questo paese rischia di sprofondare almeno quanto al Grecia, dove i nuovi poveri aumentano in maniera esponenziale contribuendo ad allargare quella forbice che da anni viene denunciata come frutto di ingiustizia sociale, ma mai veramente affrontata nelle sedi e nei modi opportuni, in un paese in cui sempre più giovani sono costretti a scappare dal Sud per lavorare al nord, quando non a lasciare l'Italia per l'estero, dove le fabbriche chiudono per approfittare di mercati più redditizi in fatto di costo del lavoro, dove il lavoro nero è una piaga che attanaglia lavoratori stranieri ma anche italiani, dove l'istruzione e la cultura sono diventati inutili fardelli, dove il clientelismo e la corruzione la fanno da padrone e chi dovrebbe pagare non paga quasi mai, dove l'essere onesti è quasi una pecca, dove è in atto un tentativo di sottrazione costante e quasi scientifica in materia di diritti... ricorrere ad un'ulteriore sottrazione di libertà per contenere il dissenso, che è e sarà inevitabile, non porta a nient'altro che ad un acuirsi dello scontro e del conflitto.
Non è questo, credo, il paese che vogliamo, il paese per cui generazioni precedenti hanno lottato e faticosamente conquistato. E' un quadro deficitario quello che ritrae il "mostro" da dare in pasto a mo' di vittima sacrificale senza inserire sullo sfondo chi quel mostro ha generato... deficitario quello che ignora in maniera cosciente e colpevole l'esistenza di un' “opposizione” variegata e che parte dal basso, che continua ad esistere nonostante tutto e che anche oggi ( e ieri e nei giorni avvenire) in sedi, città e momenti differenti si è data appuntamento per discutere confrontarsi e proseguire con una mobilitazione che va oltre le scene viste il 15 ottobre.
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