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Articolo 21 - Editoriali
Dalla Sicilia al Sud Tirolo per chiedere "democrazia nei luoghi di lavoro"
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di Bruna Iacopino

Qualcuno probabilmente sarà rimasto deluso dalla mancanza di incidenti ( tranne qualche piccolo episodio e la brutta aggressione a degli studenti che stavano semplicemente distribuendo volantini pro-Fiom) durante il gigantesco corteo della Fiom che per ore questa mattina ha percorso le vie della capitale, così corposo che mentre la testa era arrivata a Piazza San Giovanni da quasi due ore, se non più la coda si trovava ancora all'inizio di via Cavour. C'è chi parla di 50.000 persone chi dice che, no sicuramente erano molti di più, ma, in certi casi cifra più cifra meno la sostanza non cambia. Quello che è certo è che in massa, lavoratori, metalmeccanici soprattutto, sono arrivati ancora una volta a Roma, partendo da Caltanissetta come dal Sud Tirolo per non mancare a questo ennesimo appuntamento e per gridare forte e chiaro, anche a chi avrebbe voglia di non starli a sentire, che loro ai diritti non ci rinunciano, che la democrazia la vogliono, e la vogliono soprattutto nei luoghi di lavoro, perchè come si legge su qualche cartello “un lavoro senza diritti, non è lavoro”.

Sfilano compostamente a rilento nel tentativo di arrivare infine alla meta. Passano gli operai di Torino, Milano, Ferrara, Teramo, Modena, Cassino, Firenze... e accanto a loro, in mezzo, sparpagliati i comitati per l'acqua pubblica, il no alle spese militari, i precari, i lavoratori dello spettacolo, gli interinali, gli studenti, le bandiere di partito, quelli che hanno aderito, e naturalmente le tante, troppe per qualcuno, bandiere No tav.

A tratti si scorge qualche “infiltrato”, come il senatore Vincenzo Vita, tra la folla, a discapito del veto imposto dal partito, scelta, che lui dice, non ha capito e neanche condiviso. E non è il solo. Ci sono anche molti tesserati in mezzo a quella folla, e uno dei tesserati interviene dal palco proprio per parlare alla platea della lotta No tav. Non mancano dunque le stilettate, rivolte al Pd accusato di   bacchettare la Fiom perchè troppo politica, ma non mancano nemmeno i fischi rivolti all'indirizzo della Cgil.

Dalla piazza i lavoratori, come alla precedente manifestazione Fiom, con precedente Governo, invocano lo sciopero generale. I cori sono tutti scagliati contro l'ad Fiat Marchionne come lo è in buona parte il discorso di Landini “Basta autoritarismo” strilla Landini dal palco, mentre la platea è un gremire di striscioni e cartelli che sbeffeggiano l'amministratore Fiat, ma non risparmiano neanche il governo e la finanza rappresentata come una gigantesca piovra cui penzolano, burattini, i principali leader mondiali.

Ma se c'è una cosa che il corteo non dimentica è l'altro motivo per cui si è scesi in piazza e che tiene banco da mesi, la diatriba sull'articolo 18. Nessun dubbio, guai a toccarlo, guai a eliminarlo.
Tra la folla trovano posto anche gli immigrati, qualcuno sventola cartelli protestando contro l'introduzione della tassa per il rinnovo del permesso di soggiorno, ed è proprio un immigrato, un lavoratore iscritto alla Fiom tra i primi ad intervenire al microfono, seguito poi da interinali, dai precari de Il nostro tempo è adesso, i lavoratori della Fincantieri e la Val Susa rappresentata dal presidente della comunità montana Sandro Plano che tiene a precisare contro quanto dichiarato dal Governo e ripreso da alcuni quotidiani: “ Non sono solo 2 i comuni contrari all'opera ma 23, la maggioranza!”
Una maggioranza di cui il Governo non può non tener conto, come non potrà non tener conto dei 50.000 o forse più che oggi in piazza hanno chiesto “democrazia nei luoghi di lavoro”.
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