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“In Calabria altro che P2”. Ecco perché hanno fermato De Magistris. Parla Gioacchino Genchi
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di Nello Trocchia

“In Calabria altro che P2”. Ecco perché hanno fermato De Magistris. Parla Gioacchino Genchi

Sembra la P2, ma non lo è, gli somiglia molto. Una rete di intrighi, relazioni pericolose tra mondo della finanza, imprenditoria, politica e magistratura. Inseguono interessi di parte, scoperti da un magistrato rigoroso, messo alla porta. Ma non è solo la storia delle inchieste di Luigi De Magistris questo libro, il caso Genchi, edizioni Aliberti, a cura  di Edoardo Montolli, è il racconto di un’Italia sepolta da trame, affari, incroci e patti luciferini. La seconda Repubblica nata dalle stragi degli anni ’90, via D’amelio si incrocia con Why not, la mega inchiesta del pubblico ministero napoletano, e in entrambe balzano fuori gli stessi nomi. C’è l’amara consapevolezza che quello che ci fanno vedere è la minima parte, dietro il proscenio c’è la verità ansimante, ridotta a brandelli. Ripercorriamo alcune significativi tasselli di questa trama oscura. Gioacchino Genchi, un funzionario di polizia, è stato superconsulente delle procure, ha seguito le indagini sulle stragi e altre inchieste sugli scandali che hanno attraversato il paese. Qualche settimana fa l’ex ministro Claudio Martelli si chiese ma chi è questo Genchi?
Le stragi, l’impegno di Martelli e il grand hotel dell’Ucciardone
Genchi, quasi sorride. “ Con Martelli ci siamo rivisti e ho chiarito. Si è ricordato di me. Devo riconoscere che fu il ministro che la sera del 19 luglio del 1992 ebbe il coraggio di firmare il provvedimento che dispose il carcere duro dei mafiosi. Fui incaricato io di trasferire i boss dall’Ucciardone al carcere di Pianosa. Un passaggio particolare trovammo i boss nel grand hotel dell’Ucciardone che brindavano. Li prendemmo e li trasferimmo nel super-carcere di Pianosa. Fu l’unica volta in cui lo stato sorprese la mafia”. Genchi è un archivio vivente, i ricordi li corrobora di una percettibile amarezza per quanto è accaduto, per le menzogne che gli hanno riversato addosso in questi mesi. Berlusconi ha detto: 'sta per uscire uno scandalo forse il più grande della repubblica, un signore ha messo sotto controlla 350 persone'. “ In vita mia non ho mai fatto una sola intercettazione, dico una. Il mio lavoro era analizzare le intercettazioni fatte dalla polizia  giudiziaria, come le analizzavano gli avvocati. Io ho lavorato su dati di traffico, su tabulati, su informazioni oggettive sempre con provvedimenti legittimi dell’autorità giudiziaria, e solo per l’autorità giudiziaria ho lavorato. Il mio lavoro è stato vagliato non solo  dai giudici e dai pubblici ministeri, ma è stavo vagliato anche dagli avvocati”.
Ascolta la prima parte dell’intervista
Da via D’Amelio a Why not
Nel libro si incrociano storie e personaggi che ritornano. “ E’ un libro per i giovani, un thriller, il problema è che tutto è vero, terribilmente vero”. E tra gli incroci uno è pericoloso oltre che inquietante. Protagonisti che orbitano nella stagione delle stragi, via D’Amelio dove morirono Paolo Borsellino e la sua scorta, e ritornano in Why not, l’inchiesta di Luigi De Magistris, affossata da veti e epurazioni. “ In alcune intercettazioni che riguardavano Saladino e un suo amico imprenditore si fa riferimento ad un altro personaggio  legato alla compagnie delle opere di Saladino che era stato intercettato dalla procura di Caltanissetta nell’ambito delle indagini sui mandanti occulti delle stragi”. Inchieste bollenti quelle di De Magistris. “ Indagini fermate perché guardavano a 360°, riguardavano uomini di sinistra e destra, imprenditori e apparati dei servizi, mondo dell’informazione. Questo ha provocato la reazione compatta di questo comitato di affari. Sono saltati tutti quelli che indagavano prima il capitano Zacheo, il pm De Magistris,  i magistrati di Salerno che provavano a far luce sulla vicenda e il consulente che aveva raccolto i dati che si volevano nascondere”. Si è parlato di una nuova P2, ma per Genchi la definizione è riduttiva. “ La P2 prevedeva una modifica sostanziale degli apparati dello stato, il controllo di magistratura e informazione, ma non c’è traccia del controllo dei partiti di opposizione. Per Gelli non era possibile prevedere tutto questo, all’epoca il partito comunista aveva un segretario che si chiamava Enrico Berlinguer. Non erano tempi per inciuci o accordi sottobanco”.
Ascolta la seconda parte dell’ intervista
Il corto circuito informazione, magistratura: il caso Fortugno.
Sul caso Fortugno, ma anche sulla strage di Duisburg, emerge un corto circuito di rapporti tra magistrati, giornalisti. Tutto ruota attorno ad una fuga di notizie che inquieta perché riguardava indagini delicatissime. Roba che scotta e che al momento resta rinchiusa nel libro e nessuno pone domande e solleva il caso. “ C’è un corto circuito casuale. Viene tutto fuori da approfondimenti su alcuni giornalisti e su uno in particolare, a riscontro di alcune dichiarazioni della Merante sul controllo dell’informazione in quella fase di ascesa dell’attività imprenditoriale di Saladino. E da lì vengono fuori quei contatti telefonici di quel giornalista con dei magistrati reggini della procura nazionale antimafia e della procura distrettuale di Reggio Calabria. E’ venuto fuori che le fughe di notizia che avevano accompagnato le indagini sul delitto di Fortugno e la strage di Duisburg vedevano contatti telefonici in orari ben precisi tra il giornalista che aveva scritto di quelle notizie coperte da segreto e quei magistrati. Si stavano facendo approfondimenti in quella direzione, ma si è fatta saltare l’indagine. Abbiamo toccato fili che scottano”.  Genchi ci racconta che  questo è un punto decisivo. Dopo l’uscita del libro un’inchiesta preparata da un quotidiano calabrese su questo corto circuito è saltata il giorno prima di andare in edicola. Non bisogna sapere.
Ascolta la terza parte dell’ intervista
L’Avvelenata
La Calabria è una regione che ha un profondo bisogno degli interventi dello stato. Un intervento che non deve riguardare una parte politica piuttosto che un’altra. Genchi racconta: “ Tra le acquisizioni che avevamo in itinere con De Magistris alcune riguardavano un consigliere regionale dell’Italia dei Valori. Non c’era una pregiudiziale verso destra, sinistra o centro. Anche perché i politici calabresi oggi te li trovi a destra, domani a sinistra”. Clientela, povertà e corruzione.
Chiudiamo l’intervista con le ultime dichiarazioni di Spatuzza. Genchi consiglia: bisogna ripartite dai traffici telefonici nel periodo post-stragista. “ Un telefono intestato ad un incensurato, un presidente di un circolo di Forza Italia di Misilmeri, è in contatto nel 1994 con personaggi che sono stati condannati per le stragi di Firenze e Palermo. Con questo cellulare ci sono contatti anche con Spatuzza, in quei tabulati abbiamo trovato un riscontro fondamentale: il cellulare di Spatuzza. Dal cellulare dell’incensurato e di Spatuzza ci sono contatti ben precisi nelle date e nei giorni che hanno accompagnato la costituzione a Palermo dei club di Forza Italia a febbraio 1994 che precedono la prima riunione dei club di Forza Italia che si fa nell’Hotel San Paolo, costruito da Ienna per conto dei Graviano”. Genchi conclude: “ I risultati delle elezioni del 1994 segnano il trionfo di Forza Italia. Ma secondo lei per chi ha votato la mafia?” 
Genchi adora la musica d’autore. “Il pescatore di De Andrè, ma anche l’avvelenata di Guccini”. E il maestrone scriveva: “  Ma s' io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso”.

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