di Nicola Tranfaglia
Le recenti dichiarazioni del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, a proposito del “doppio stato”, hanno avuto tra le reazioni quella molto negativa del giornalista Marco Travaglio che ha ricordato che la teoria del “doppio stato” è sempre valida e che Napolitano ha, al riguardo, anche sue responsabilità quando, come ministro dell’Interno, non ha aperto l’armadio delle stragi insolute in Italia. Questa volta non posso essere d’accordo con Travaglio, che pure è stato un mio bravo studente di Storia all’Università di Torino e che ricordo con amicizia (e condivisione di molte idee). La teoria del “doppio stato” che venne applicata per la prima volta negli anni trenta dallo storico Franz Neumann per il regime nazionalsocialista si adatta poco al caso italiano in cui, a mio avviso, ci fu da parte di molti uomini politici (soprattutto della DC e dei partiti laici minori) piuttosto una “doppia lealtà” per l’alleanza atlantica prima e a volte contro la lealtà per la repubblica italiana. E questo doppio registro è alla base, a mio avviso, delle frequenti deviazioni di funzionari dello Stato durante la sanguinosa stagione delle stragi e dei terrorismi. Doppia lealtà, insomma, piuttosto che vero e proprio doppio stato. Quando oggi parliamo a volte del “piano di rinascita democratica” di Licio Gelli che il governo Berlusconi sta attuando con le riforme costituzionali imminenti; parliamo ancora di “doppia lealtà” a una società segreta e quindi illegale prima ancora che alla costituzione repubblicana. Siamo ancora una volta di fronte a un tradimento del nostro Stato di diritto. Ma Napolitano, esponente storico del Partito comunista e poi del PDS-DS, non ha responsabilità in questo campo. E quando, negli anni novanta, fu ministro dell’Interno non chiuse nessun archivio né è colpa sua se altre vicende giudiziarie italiane sono ancora insolute. La colpa è della magistratura e di quella parte politica che oggi si colloca in gran parte a destra nel nostro schieramento politico. L’armadio della vergogna, chiuso nei primi anni cinquanta da governi centristi, è stato riaperto quasi per caso nei primi anni novanta quando ormai la maggior parte dei processi contro criminali di guerra tedeschi e italiani non potevano più riaprirsi per la morte dei principali imputati. Questo è uno dei capitoli peggiori della storia repubblicana ma non si può proprio addebitarlo al presidente Napoletano.
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