di Gaetano Alessi
Mancano pochi giorni. Poi sarà il 19 luglio.Uno dei tanti. Giorno che si succede ad ogni calendario da sempre. Prima del 20 e dopo il 18. Matematico. Ma è un giorno particolare per chi vede il tempo come il lento scorrere di un fiume che incede inesorabilmente in avanti, ma vive però di sorgenti: i ricordi. 19 luglio, non vi era ancora il 2 a cadenzare gli anni. Un autobomba e com’equazione contorta, cattiva, vite spezzate, vetri in frantumi. Coscienze in pezzi. Sembra passato tanto tempo, ma non è così. Un uomo muore. Un uomo, non un giudice, un poliziotto, nessuna etichetta. Muore una persona onesta che faceva il proprio dovere. Muoiono con lui altri uomini e donne che amavano la vita.
Era caldo quel giorno di tanti anni fa, così afoso da togliere il fiato in quella Sicilia in cui spesso le coscienze finiscono dentro pilastri di cemento. La bomba che alcuni mesi prima uccise un altro uomo colse la società impreparata, interdetta. Il sangue lastricava l’asfalto di Sicilia da sempre, era talmente “normale” da lasciare quasi vergognosamente indifferenti. Il tritolo del 19 luglio ebbe un effetto diverso, non so spiegare il perchè, ma restò un tatuaggio nell'anima d’ ogni siciliano. I meccanismi mentali spesso non hanno regole, ma stilano priorità, per sensazioni, non per logica. Pensare che un uomo, che sapeva di morire, volle continuare il suo lavoro sperando solo di “avere” il tempo necessario per svolgerlo, ha qualcosa d’innaturale per la nostra società. Provoca un senso di vergogna. Vergogna, si. Lo stesso sentimento che mascherato da ricordo, porta centinaia di migliaia d’italiani ad onorarne, ogni 19 luglio, la memoria. Sentire morale che trova quasi espiazione dentro un urna elettorale scrivendo quel nome, personificato nella sorella, come un atto di rabbia nei confronti di se stessi. Dell’ essere inadeguati. Dell’ essere vigliacchi. Negli anni che seguirono la bomba del 19 luglio molti presero la strada dell’antimafia militante. Nella carta stampata, nella politica, nella società. Si riempirono, come feticci, le stanze pubbliche e private della foto dei due uomini che sorridenti parlavano tra loro. Fateci caso, spesso quella foto finisce dietro le spalle di chi l’affigge, come una triste assonanza. Molti hanno pagato prezzi alti, altri hanno perso la vita, tanti se la sono “rovinata” per il sentire comune. Ma non si è fatto un solo passo avanti. Uno stallo perenne fatto solo di commemorazioni, ricordi e un sottile senso d’angoscia. Cuffaro presidente della Regione, Dell’Utri a Roma, questi i verdetti del tempo, mentre per chi li contrastava, solo isolamento, solitudine e una domanda ad attanagliare lo stomaco: Quell’uomo morì mentre cercava una verità, quanti sarebbero capaci ora di fare altrettanto?.
Quanti, mandando in malora rapporti personali e quieto vivere, sarebbero capaci di denunciare sistemi corrotti, malaffare o anche il semplice politico locale che ruba senza ritegno? C’è chi lo fa, ma resta una gemma incastonata in un mare di melma. Da alcuni anni anche a me riesce a fatica. E mi vergogno. Il 19 luglio non andrò a nessuna commemorazione. L’unico modo di ricordare quell’uomo è perseguirne l’ opera. Costi quello che costi. Sperando di trovare la forza di riuscire nuovamente a farlo. Ma è difficile..tremendamente difficile.
Ed il 19 luglio è sempre più vicino.
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