di Simone Luciani
E infine cadde… come ampiamente prevedibile, dopo l’incredibile giornata di ieri, Roberto Balducci, sventurato vaticanista del Tg3, dovrà dedicarsi ad altri argomenti. Troppo grave, per il Vaticano e per le sue sponde politiche, la battuta, immediatamente catalogata come irrisione, dei “quattro gatti” che hanno il coraggio di seguire i discorsi del Papa, pronunciata in chiusura di un servizio di miserrimo interesse sulle vacanze del pontefice. Il direttore Antonio Di Bella ha deciso di esonerarlo dal seguire le cronache vaticane.
L’indegna messa in scena era iniziata ieri, con le lagnanze del vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, l’ultracattolico deputato democratico Giorgio Merlo (il quale, evidentemente, va fatto rientrare nella categoria di coloro che condannano la censura per se stessi e la invocano per chi sostiene idee diverse, tipico atteggiamento liberale…) che parlava di deriva “anticlericale” del Tg3. Sorvolando sulle molte riflessioni che potrebbero essere fatte su quanti minuti, nei telegiornali Rai, siano dedicati a una lettura critica del pensiero del Papa, è invece scoraggiante quello che si apprende dalle agenzie in serata, e cioè che il direttore Antonio Di Bella, già in mattinata, aveva telefonato al direttore della Sala Stampa Vaticana Federico Lombardi per un chiarimento. In serata, il direttore del Tg3, in chiaro stato confusionale (spiace notarlo per un professionista serio e di grande esperienza), dichiarava addirittura pubblicamente di aver richiamato il povero Balducci, e solo allora seguiva la risposa “soddisfatta” di padre Lombardi.
Astraendoci dalla realtà cui siamo assuefatti, fingiamo per un attimo che la parte “offesa” fosse non il Papa, ma Silvio Berlusconi, o Dario Franceschini, o Antonio Di Pietro. Cosa si sarebbe sollevato, e giustamente, se un direttore di un telegiornale Rai avesse chiamato, quasi nel segreto, il portavoce di uno di questi personaggi per scusarsi? Cosa avrebbe detto l’avversa parte politica, e giustamente? Si dirà che qui ci si trova in presenza di un’istituzione religiosa. E va da sé che per chi non è religioso (opzione per il momento ancora possibile, nel nostro paese) questo argomento non vale. E allora, si dirà, si tratta comunque di una presunta offesa arrecata a un capo di stato estero. Cosa ha fatto la stampa estera che ha criticato Berlusconi (che non è capo di stato, ma comunque capo dell’esecutivo) per settimane, dopo le lamentele del nostro premier? Qualcuno dei direttori di quei prestigiosi organi d’informazione, da cui avremmo davvero solo da imparare, si è sognato di telefonare per chiedere scusa? Finché, lo ripetiamo, non saremo totalmente assuefatti a questa realtà, sarà molto ma molto difficile giustificare il comportamento del direttore Di Bella.
Fin qui la prima puntata. Stasera si è consumato l’inevitabile finale della vicenda: rimozione del giornalista dal suo ruolo di vaticanista. Negare che ciò sia successo per pressioni di un’istituzione religiosa e di uno stato estero è davvero complicato. Negare che ciò NON sarebbe accaduto a fronte di pressioni di chiunque altro (si intende, per una battuta di pochi secondi in un servizio, lo ripetiamo, tutt’altro che ostile al Vaticano, anche nell’argomento) o di qualunque altra istituzione è altrettanto complicato. In questo episodio di imbarazzante deriva clericale e teocratica l’unico che ha dovuto lasciare il suo posto è Balducci. Non Di Bella, non i “quattro gatti”, non un Merlo, non i chierichetti che accettano ben volentieri di fare da sponda politica al Vaticano conducendoci in un vicolo oscuro sul piano democratico e istituzionale.