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Articolo 21 - Editoriali
Libertà di stampa non è libertà di informazione
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di Sergio Lepri

Cari amici, mi permettete un codicillo alla bella manifestazione di sabato scorso in piazza del Popolo? e al concetto espresso nel mio breve intervento? Il concetto era questo: la libertà di stampa non garantisce la libertà di informazione.
     Mi spiego. Formalmente Berlusconi e i suoi non hanno torto a sostenere che in Italia la libertà di stampa c’è. In edicola troviamo l’”Unità”, il “Fatto”, il “Manifesto”, la “Repubblica”; in tv c’è “Anno zero”, “Ballarò”, “Report”, “Che tempo che fa”. E si può pensare che la querela a “Repubblica” e gli attacchi, così inconsulti, a Santoro e agli altri siano solo un furbesco espediente per dire e far dire: vedete? quelli là sono tanto cattivi con noi e noi invece siamo bravi e ci limitiamo a lamentarci; a fatica, ma li sopportiamo in nome della libertà di stampa. Cacciare Santoro? Perché mai; è il migliore alibi per dimostrare che siamo democratici e pluralisti.

     Facciamo i conti. I cosiddetti “talk show” non berlusconiani del Servizio pubblico raccolgono (salvo eccezioni; come la sera di Santoro con la D’Addario) due milioni circa di telespettatori; sono più o meno gli stessi ogni volta e quasi tutti di centro sinistra; più o meno sono gli stessi che leggono “Repubblica” o gli altri giornali di sinistra.
     I quotidiani a stampa hanno complessivamente un mercato di alcuni milioni di lettori, considerando anche i lettori che del giornale leggono soltanto i titoli, qualche fatto di cronaca e i programmi della televisione. Alcuni sono schierati a destra; i più hanno un pubblico misto e in genere cercano di barcamenarsi fra destra e sinistra.
     E tutti gli altri italiani e le altre italiane, decine di milioni? Gli altri ascoltano i telegiornali, specie quelli della sera. Per la stragrande maggioranza degli italiani i telegiornali del Servizio pubblico sono l’unico organo di informazione e l’unico mezzo per essere orientati nelle proprie scelte politiche.

     Il gioco è fatto. E’ ovvio che Berlusconi lasci in vita, facendo finta di protestare, i cosiddetti programmi di approfondimento politico e faccia invece di tutto per condizionare l’informazione dei telegiornali, non solo quelli di Mediaset, ma soprattutto quelli del Servizio pubblico. Così la libertà di stampa è formalmente salvaguardata e la libertà di informazione no.

     Poi ci sono i grandi quotidiani nazionali, i quotidiani che fanno opinione. Qui il problema è più delicato. Ma ci sono le proprietà di quei giornali su cui ogni tanto si trovano gli strumenti legislativi per tentare pressioni e condizionamenti; e ogni tanto, magari saltuariamente, ci si riesce, nonostante le inevitabili resistenze di direttori e redattori. A parte la pubblicità; che i grandi produttori danno o non danno, secondo una strizzatina d’occhi del Potere.
     Attenzione, perciò. Non illudiamoci che la sopravvivenza di “Repubblica”, di “Anno zero” e di “Articolo 21” voglia dire che in Italia la libertà di stampa è salvaguardata. Pensiamo alle decine di milioni di italiani che sono informati soltanto dai vari Minzolini dei tg; o dai giornali a stampa, un giorno sì e un giorno no, quando ricevono una telefonata o vedono calare la pubblicità.                                                

Sergio Lepri

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