di Tove K.Hornelius *
Montalto di Castro... è scritto nel nome di questo paese il suo destino, o meglio il destino al quale forse qualcuno vorrebbe condannare molti suoi abitanti. Montalto ieri, durante una diretta televisiva nazionale, ha dato di sé una prova di “pattume ideologico” davvero agghiacciante; evidentemente è proprio vero che il pesce puzza dalla testa.
Ma quanto accaduto a Montalto è, purtroppo, diffuso in Italia. L’uomo, per cultura, stenta a rinunciare alla sua prerogativa di dominio e ad accettare l'idea della libertà di costume delle donne.
Ed è anche a causa di questa filosofia che, in occasione di stupri, il primo atteggiamento nell’approcciare tali vicende è la ricerca degli alibi a tutela dei violentatori, che troppo spesso va nell’orientamento della provocazione sessuale e della consensualità, al punto da portare questi, ahinoi, numerosi soggetti, anche di fronte alle confessioni di reato, a difendere i ragazzi violentatori.
E così, anche lo spettacolo vuole la sua parte; ed allora ieri si è celebrato un vero e proprio processo mediatico a Domenica 5, dove in studio c’erano Sgarbi, la Parietti e la Santanchè, oltre a due assistenti sociali pro-ragazza, i quali, diligentemente istigati dalla D’Urso, sono riusciti a mettere in scena la classica gazzarra tipica di queste trasmissioni che hanno un seguito popolare; da Montalto, intanto, il padre di uno dei ragazzi che hanno consumato lo stupro, si mostrava alle telecamere in tutta la sua incapacità ed inidoneità genitoriale; mostrava i muscoli, alzava la voce e le braccia, minacciava, aizzava i cittadini presenti a criticare veemente la ragazza, difendeva il figlio, reo confesso, con alchimie ideologiche davvero inquietanti, dimostrando a chiare lettere che la peggior colpa del figlio fosse quella di avere un padre come lui... insomma, la vittima, ha ricevuto un ulteriore processo mediatico, in cui è emersa la solita equazione: “era in minigonna, quindi ha provocato, il resto non conta”.
Due anni fa Marinella, questo il suo nome, allora quindicenne, venne stuprata a turno per oltre tre ore da otto suoi coetanei in una pineta a Montalto di Castro, nel Lazio. Oggi, a distanza di due anni, nessuno di questi ragazzi ha pagato per quella violenza; non solo, il tribunale dei minori ha accolto la “messa in prova” (!?) degli accusati e il processo è stato sospeso fino al 2012, cioè a dopo cinque anni dall’aggressione. Una decisione davvero incomprensibile ed inaccettabile per la ragazza, che dice "vogliono continuare a rovinarmi la vita", preoccupata dal fatto che per altri due anni dovrà "continuare a incontrarli per strada".
"Io non avevo neanche capito, l’altro giorno: credevo che la messa in prova fosse finita, non che dovesse ancora cominciare" dice. "Invece quest’inferno va avanti, e durerà ancora a lungo. Sono stravolta, distrutta. Ogni volta che c’è il processo sto peggio: non mangio, non dormo e quando m’addormento ho gli incubi. Non voglio più andare neanche dallo psicologo, a cosa serve ripetere sempre le stesse cose?".
Per i ragazzi che hanno abusato di lei esprime poche parole, ma significative, pesanti come tutto quello che è accaduto: "Non credo nel loro pentimento. Non mi sono arrivate né lettere né parole di scuse, niente. Hanno anche cercato di spingere un ragazzo a dire che ero consenziente. Mi chiedo a cosa possa servire metterli alla prova adesso, dopo così tanto tempo. Per me quest’attesa è un logorio quotidiano, non so come farò ad aspettare tanto".
Ma al peggio non c’è mai fine... Due anni fa il sindaco del paese ebbe a decidere di sostenere le spese per la difesa dei ragazzi accusati dello stupro, pur in presenza dell’istituto del gratuito patrocinio. Ben 5000 euro ad ognuna delle loro famiglia a sostegno delle spese legali; alla ragazza stuprata, invece, nulla, né materialmente né socialmente. Proprio per mostrare sensibilità e consapevolezza nei confronti della ragazza e delle tante donne che si sentono offese da un clima che ancora una volta si accanisce contro la vittima, molti esponenti della sua stessa parte politica, il PD, hanno in questi giorni chiesto allo stesso sindaco di fare un passo indietro dalle primarie alle quali si era candidato.
In particolare, Vittoria Franco e Roberta Pinotti, senatrici del Pd, hanno chiesto che Carai non sia inserito nelle liste delle primarie a sostegno di Bersani: «Dispiace che, proprio nei giorni in cui il gruppo di stupratori di Montalto di Castro è tornato di fatto in libertà e il relativo processo è stato sospeso - ha detto Vittoria Franco - si registri nelle liste delle primarie del Pd la presenza del sindaco di quella città, Salvatore Carai, che si offrì di anticipare agli indagati le spese processuali.
«Leggendo un’intervista alla madre della vittima - ha detto Roberta Pinotti - sono rimasta colpita dal suo sconforto per il fatto che gli aggressori della figlia siano di fatto nuovamente in libertà, grazie alla “messa in prova” ai servizi sociali per 2 anni e 4 mesi. Anna Finocchiaro e altri esponenti del Pd al tempo dei fatti hanno condannato la condotta del sindaco della città. Si tratta di uno sfregio ulteriore per la ragazza e di un fatto grave per un partito che dovrebbe avere al centro della propria azione la difesa delle donne dalla violenza e che invece decide la candidatura nelle proprie liste di una persona che non solo non ha aiutato la vittima, ma ha dato sostegno ai suoi aguzzini».
A questo coro si unisce anche la scrittrice Lara Cardella: «La storia di quella ragazzina mi assomiglia per il fatto di avere un paese contro. Solo che io ero più grande e per carattere non ho mai accettato le imposizioni. Anche quando mi sono sentita dire in coro “puttana, puttana”, li ho affrontati»: Lara Cardella, autrice del classico “Volevo i pantaloni”, romanzo e poi film di grande successo che racconta la storia di un’adolescente costretta nelle restrizioni mentali della Sicilia, chiede le «scuse immediate e dimissioni del sindaco di Montalto di Castro» che «sta permettendo che una ragazzina vittima di violenza venga emarginata, calpestata ed umiliata dai suoi concittadini».
La scrittrice siciliana non accetta che «il sindaco abbia pagato le spese legali per alcuni degli otto ragazzi che una sera del 31 agosto del 2007 hanno stuprato una minorenne». E su Facebook si è fatta promotrice di un gruppo per chiederne le dimissioni. I contatti sono migliaia: «Da quando so di questa terribile vicenda non dormo più. Come gruppo abbiamo scritto una lettera al sindaco e al Comune. Ci è stato risposto solo dall’assessore al Turismo che ci spiega di non voler entrare nel merito della questione e ci segnala “le infinite bellezze naturalistiche, archeologiche e ambientali del nostro paese e dell’intero territorio”. Ma siamo impazziti?». Oggi Lara è contenta perché la deputata dell’Idv «Sonia Alfano ha aderito alla causa per la nostra ragazzina di Montalto e porterà la nostra battaglia in Parlamento».
Alla ragazza violentata che vorrebbe incontrare e «che non va più nemmeno dallo psicologo», la scrittrice siciliana dice di non mollare e di non vergognarsi, e si dice scandalizzata della levata di scudi degli intellettuali italiani a favore del regista Roman Polanski colpevole di aver violentato trent’anni fa una minorenne, «scudi che non si sono levati per la ragazzina di Montalto». Ma lei non molla e va avanti: «Sto pensando di organizzare un viaggio a Montalto di Castro per fare sentire alla nostra ragazzina che non è sola». Al segretario del Pd, Dario Franceschini, Lara Cardella ha chiesto di cacciare il sindaco di Montalto dal partito. Nel frattempo, il giudice del Tribunale dei Minori di Roma ha assegnato, ad ognuno dei ragazzi responsabili dello stupro di massa, un compito specifico che rientra nel programma di affidamento di 2 mesi al termine dei quali, se avranno superato positivamente il giudizio degli assistenti sociali, non saranno processati.
Ed alla ragazza chi ci pensa? «Nessuno ha mai pensato al reinserimento di Marinella. Accanto a lei non c’è mai stata alcuna istituzione pubblica, nessuno le ha chiesto di cosa avesse bisogno. Nessuno le ha mai proposto un lavoro, nemmeno stagionale, nonostante abbia dovuto lasciare la scuola», tuonava ieri l’avvocato Piermaria Sciullo, difensore della studentessa di Tarquinia. «La legge - aggiunge il legale - prevede che i suoi stupratori, perché minorenni, vadano aiutati a reinserirsi in società, ma intanto la loro vittima è stata completamente abbandonata a se stessa. Non ce l’ha nemmeno fatta a essere presente in aula il giorno dell’udienza. E non ha ricevuto nessuna solidarietà nè dalle istituzioni locali nè da chi le aveva assicurato la propria disponibilità ad aiutarla». L’avvocato Sciullo è sicuro che «assistenti sociali, psicologi, e altre figure di supporto in questa fase potrebbero essere un valido aiuto per la ragazza. Ma non si sono mai visti».
Marinella, pur essendo una studentessa modello, dopo lo stupro non ce l’ha fatta a tornare a scuola. Ha anche provato a iscriversi in un istituto di Roma, ma non è riuscita a inserirsi. Da allora ha provato a cercare un lavoro, anche stagionale, ma nessuno glielo ha offerto.
Ci dispiace, ma noi non ci stiamo a pensare che nel nostro Paese sia più premiante portare il pisello fuori dalle braghe piuttosto che la minigonna.