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Articolo 21 - Editoriali
Dalla Carta di Treviso alla Carta di Sarajevo? Un progetto della Cooperazione italiana
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di Santo Della Volpe

Non c’è solo la guerra ; spesso la ricostruzione , soprattutto quando è difficile, mette in evidenza problemi  insoluti ed antichi, insieme a nuove emergenze sociali. E’ quanto sta accadendo  in questi anni in Bosnia, dove, finita la carneficina balcanica, restano in piedi le divisioni etniche, mentre  tra i giovani cresce una crisi di prospettive e di valori, alimentata da una disoccupazione che sfiora e spesso supera il 50% della popolazione. Il risultato di famiglie spaccate e di fratture etniche ancora più che evidenti, ha fatto crescere il disagio giovanile che si esprime in modo anche violento e delinquenziale. E’ una emergenza in parte nuova che ha messo in allarme gli stessi governi e le  istituzioni che in questi anni ,dopo la pace di  Dayton, hanno assistito la Bosnia e le sue molte amministrazioni. Perché la devianza minorile,o di minori in conflitto con la legge, non ha sinora  avuto una risposta preventiva adeguata, al punto che in alcuni carceri come quello di Zenica,sede della più grande struttura penitenziaria del paese,  sono detenuti nella stessa struttura i detenuti  maggiorenni  i minorenni, con il risultato che  i giovanissimi ,invece di trovare vie d’uscita  dalla devianza e di inserimento sociale, finiscono per diventare veri e propri delinquenti abituali, che entrano ed escono dal carcere .  Il problema della devianza investe  così direttamente anche i giornalisti bosniaci;perché i fatti di cronaca sono costanti, le notizie  su fatti che coinvolgono i minorenni sono ovviamente pubblicate sui giornali e vanno trasmesse  in televisione nei notiziari. Ma l’assenza di ogni forma di regolamentazione su forme di tutela dei “soggetti deboli” ed anche l’assenza di una sensibilità diffusa sul tema, ha creato gravi problemi con ragazzini  fotografati e messi in prima pagina sui giornali o fatti ampiamente vedere nei telegiornali, qualunque fatto  (grave o veniale) abbiamo compiuto. Non solo: uno studio pubblicato nel 2005 per iniziativa  di “Mediacentar” di Sarajevo in collaborazione con “Save the Children”, dopo aver  messo sotto osservazione 6 quotidiani (per 3 mesi) e 3 settimanali  (per un anno,il 2004) della Bosnia  Herzegovina, ha fornito dati  che colpiscono. Nell’83% dei testi esaminati, danno molte  informazioni sull’identità di giovani  arrestati o indagati, anche se usano solo le iniziali dei nomi e cognomi dei minorenni. Il 15,9% dei testi usa termini dispregiativi o aggettivi molto aggressivi nei confronti dei ragazzi (chiamandolo Hooligans o criminali depravati, ad esempio).
Il 21,9% delle Headlines dei giornali, usa linguaggi discriminatori e peggiorativi, usando questo stile come punto di vista “sensazionalistico” per l’intera notizia, come approccio tipico dell’articolo. Lo studio poi afferma , in conclusione che nella maggioranza dei casi,i Media  non agiscono “nell’interesse” del giovane e dei giovani, cioè  non prendono mai in considerazione il punto di vista del giovane minorenne ,non cercano di analizzare il contesto nel quale nasce il fatto criminoso che si tende ad ignorare completamente. E nel 66,4% dei testi giornalistici esaminati si cita solo una fonte della notizia, la polizia. E’ l’unica versione che viene presa in considerazione nella stragrande maggioranza dei casi.
Anche da questo studio ha preso avvio un progetto della “Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo” del Ministero degli Esteri Italiano che vuole affrontare il più generale  rafforzamento della Giustizia Minorile in Bosnia, coinvolgendo i Giudici minorili in un confronto  con  i magistrati italiani che si occupano di legislazione e reati dei minorenni, con una attività di formazione per  gli operatori giuridici,della polizia e dei centri dei servizi sociali. Ma inserendo ,in questo quadro, anche un confronto  tra giovani cronisti e studenti  delle scuole di giornalismo della Bosnia  Herzegovina e giornalisti italiani, chiedendo alla FNSI di farsi promotore di questa attività di formazione. Il seminario si è tenuto a Sarajevo lo scorso 20 novembre 2009 ed è stato particolarmente utile per avviare un confronto che possa portare, grazie alla futura collaborazione con  il “Consiglio dei Giornalisti” bosniaco, all’adozione di una Carta dei diritti e doveri del giornalista,con particolare riguardo ai “soggetti deboli”, minorenni soprattutto. L’attenzione è stata focalizzata infatti sulla nostra Carta di Treviso, sulla sua nascita , sul contesto di attenzione che portò  alla prima stesura del 1990 e successivamente alla revisione (migliorativa) del 1995  sino all’ultima stesura del 30 marzo 2006. In particolare sull’importanza che  fosse una Carta condivisa, dove insieme alla FNSI ed all’Ordine dei Giornalisti italiano, risultasse firmataria anche la FIEG, cioè l’associazione degli editori, formando così un vero e proprio patto per i minorenni e per la tutela dei soggetti deboli, al fine di favorire un clima sociale di reinserimento e non di esclusione. E’ stato proprio questo il tema  principale:il contesto  sociale nel quale, ribaltando con una “rivoluzione copernicana” il precedente atteggiamento sanzionatorio e di disattenzione,la Stampa Italiana si è messa  a vedere i fatti anche dal punto di vista di chi li aveva commessi, nel caso di un minorenne, per cercare di capire il clima ed i problemi che avevano portato quel ragazzino ad entrare in conflitto con la legge. O,nell’ipotesi più riduttiva ma sempre efficace, ad analizzare il vantaggio sociale che  deriva dall’aiuto offerto dalla società al ragazzino affinché esca dalla spirale della piccola o grande criminalità, finchè è in tempo, appunto,finchè è minorenne,prima che l’acuirsi del suo disagio, la mancanza di alternative educative e di stimoli (o esempi) positivi,possano portarlo a ricadere nell’infrazione della legge, sino alla criminalità abituale.  Anche per evitare  che  questo accada e per lavorare insieme alle istituzioni per favorire l’inserimento sociale, stampa e Tv devono date più attenzione e fare un passo indietro nel loro lavoro,evitando fotografie, immagini  televisive e descrizione morbose quanto inutili di quei minorenni “devianti”, favorendo l’anonimato e quindi proteggendo la loro ancora fragile identità personale e psicologica.
Temi di grande attenzione che hanno suscitato un interessante dibattito,  molto costruttivo per i giovani giornalisti e molto incoraggiante anche per proseguire in futuro questo percorso, coinvolgendo istituzioni locali, politiche, giuridiche e di polizia,insieme ai giornalisti perché si possa arrivare ad una Carta di Sarajevo,che riproponendo il “patto” della Carta di Treviso, sia anche di stimolo perché se adottata in Bosnia Herzegovina, possa poi estendersi a tutti i Balcani, in faticosa ma continua marcia verso l’Unione Europea.
In questo percorso la FNSI italiana , sindacati come l’Usigrai e associazioni come Articolo21, sono e saranno interessati a lavorare con la Cooperazione Italiana in Bosnia ed altrove;sperando che i progetti stessi continuino  ad operare e siano anzi rilanciati con adeguati stanziamenti e personale, proprio perché possano diventare realtà.
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