di Giuseppe Giulietti
Le chiamano, con grande ipocrisia “morti bianche”, ma sono morti sporche, sporchissime, perché colpiscono chi lavora,spesso in condizioni di assoluta precarietà e ricattabilità. La morte bianca ricorda la morte del neonato in culla, spesso stroncato dalla fatalità, dalla imprevedibilità.
Le stragi sul lavoro, al contrario, sono spesso prevedibili, e derivano da incuria, subappalti spregiudicati, ribassi d’asta scriteriati, desiderio di aggirare le regole per guadagnare qualche euro in più..
Quando ci scappa il morto, salvo qualche lodevole eccezione, viene circondato dal silenzio dei media,qualche notizia nelle brevi,niente nome,niente foto,meglio non disturbare i laudatori del tempo presente con roba noiosa che crea solo “ansia” come ebbe a dire un esponente del governo quando il Tg3 osò dedicare la sua apertura ad una protesta operaia.
Tra qualche ora a Torino,giudice istruttore il dottor Guariniello,si aprirà quello che può essere considerato il più grande processo sulle morti sul lavoro e da lavoro mai celebrato in Europa.
Si tratta del processo “Eternit” dal nome della azienda ove trovarono la morte,secondo l’accusa,migliaia di persone a causa degli effetti dell’amianto.
Per anni fu negata qualsiasi connessione,e le persone continuarono a morire.
Coraggiosi ispettori denunciavano,altri imboscavano.
Medici coscienziosi gridavano,altri firmavano perizie che ancora gridano vendetta al cospetto di Dio.
Amministratori e sindacalisti perbene andavano in corteo a Roma alla testa della loro gente,ministri e deputati meno perbene sbandieravano rassicuranti perizie regalate dai cosiddetti imprenditori.
Ci sono voluti decenni per arrivare a un processo,si è arrivati anche grazie al coraggio,alla perseveranza,alla non ricattabilità del comitato per la vertenza Amianto di Casale,ma che raggruppa anche i familiari degli altri stabilimenti italiani della Eternit,che non si è mai arreso,non ha mai alzato bandiera bianca.