di redazione
La memoria parla a voce bassa, non si sente, ma difficilmente può essere zittita.
La memoria è linfa che permette di muovere passi sicuri nel presente, consapevolmente, e fa volgere lo sguardo verso il futuro.
La memoria, dovrebbe essere un bene collettivo e tutelato, come patrimonio universale reso accessibile a tutti. Peccato che il più delle volte invece questo non accada, anzi, si fa di tutto per rimuovere, dimenticare, inabissare nei meandri oscuri del passato quello che è stato e per questo non è più.
Ci si riesce? In parte e mai completamente, perchè la verità non disvelata e non restituita alla memoria storica torna invece a strillare forte con cadenze quasi ritmiche scandite dal lavorio lento e costante di un tarlo che scava.
Accade dunque che luoghi, nomi e date impressi nella memoria collettiva senza essere però accompagnati dalla giusta dose di verità riemergano dalle nebbie in cui erano stati confinati e anche chi, per motivi anagrafici non ha avuto modo di averne esperienza diretta trovi il modo e la forma per reimpossessarsene e proseguire nella ricerca.
E' accaduto e continua ad accadere per le fasi buie della nostra storia più recente, accade per la stagione delle stragi, la strategia della tesnione, il '68 e poi il '69, accade per Ustica, per Brescia, per Bologna, per l'Italicus, per Ambrosoli, per Falcone e Borsellino, accade, per Piazza Fontana. A quarant'anni di distanza da quel lontano 1969 nuovi spiragli sembrano aprirsi all'interno di un quadro fosco e volutamente occultato. Accade dunque che l'ex capo del Sid Gianadelio Maletti, 88 anni, scappato dall'Italia nel 1980, per sfuggire all'arresto e alla condanna definitiva per i depistaggi di piazza Fontana, attualmente residente in Sudafrica, convocato recentemente in seno al processo per la strage di Piazza della Loggia, decida di parlare e di rilasciare un'intervista, ad alcuni giornalisti de l'Espresso. Maletti torna a fare il nome di Ivano Toniolo neonazista scomparso nel nulla da trent'anni circa e il cui nome era stato fatto per la prima volta da Gianni Casalini, militante di Ordine Nuovo reclutato nel 1972 dal Sid come "Fonte Turco"; subito dopo tira in ballo le responsabilità e connivenze della politica: gli Stati Uniti da una parte e illustri rappresentanti del Governo di allora dall'altra.
Maletti sostiene che quella bomba doveva essere semplicemente un segnale, una sorta di avvertimento e non avrebbe dovuto provocare una strage come invece è stato. “ ... della strategia americana – dice Maletti- sia il capo dello Stato, il presidente Saragat, sia Andreotti sapevano. Non direi che avessero un coinvolgimento diretto. Andreotti, probabilmente, ha lasciato un po' fatalisticamente che le cose prendessero il loro corso, non immaginando la strage: avrà pensato a una bomba che può rompere un po' di vetri. Fece così anche un anno dopo, con il golpe Borghese.” Le risposte sono secche, sufficientemente precise o volutamente evasive, in rapporto alle sollecitazioni dei giornalisti.
Punta l'attenzione su Ivano Toniolo ( a mezzo stampa) anche Guido Salvini, magistrato milanese che nel 1989 riaprì le indagini su piazza Fontana puntando sulla pista degli ordinovisti, e incita i colleghi a indagare in questa direzione.
Parlano... parla Maletti e minaccia di continuare a parlare, parla il giudice istruttore Giancarlo Stiz, allora a Treviso, continua a parlare Guido Lorenzon ex professore trevigiano di scuola media e segretario di sezione della Democrazia Cristiana, uno dei primi a tirare in ballo le “trame nere”...
Parole che si incrociano e si confondono, di fronte ad una verità giudiziaria che diverge da una verità storica, seppur incompleta. E a leggere alcune di queste parole sembra di tornare indietro nel tempo, a quel lontano 1974, quando un uomo, un intellettuale che rispondeva al nome di Pierpaolo Pasolini scriveva sulle pagine del Corriere: “ Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.”
Affermazione che riecheggia, per uno di quegli strani scherzi del destino, nelle recenti dichiarazioni di Maletti: “ Io conosco dei nomi, ma non ho prove, e non li faccio.”