Articolo 21 - Editoriali
Comitato di Liberazione Nazionale: ecco perché non mi convince
di Simone Luciani
Sia chiaro: non mi sfugge il momento difficilissimo della nostra democrazia ex-giovane. Ne ho scritto qualche giorno fa, con non poca preoccupazione. Eppure il progetto del Comitato di Liberazione Nazionale (come è stata definita, ora con serietà e ora con sarcasmo, l’ipotesi di “unità di tutte le opposizioni” lanciata da Pierferdinando Casini) proprio non mi convince. Va da sé che ne riconosco la genuinità e rispetto le motivazioni di (quasi) tutti coloro che se ne fanno sostenitori. E ammetto anche di partire da una posizione di pregiudizio sia verso le grandi (grandissime…) coalizioni che, ahimè, verso le proposte dell’UDC (sarò rimasto l’ultimo?). Ciò premesso, provo a pormi alcune domande.
Berlusconi è un dittatore? No. Berlusconi è una enorme anomalia. Non solo. Una enorme anomalia che ha accentuato notevolmente i suoi caratteri nel corso dell’ultima legislatura. Negli atteggiamenti e nei fatti, che somigliano maggiormente a quelli di un capo di stato da democradura sudamericana che di un premier europeo. Ciò detto, a Berlusconi non riesce ciò che riusciva ai capi di stato delle democradure. Non è un caso che le leggi ad personam hanno fatto una fine miserabile (e prevedibile). A Berlusconi riescono, invece, altre imprese: bloccare il parlamento in discussioni di miserrimo interesse su questioni che riguardano solo lui, o produrre aborti legislativi di inqualificabile qualità (si pensi alle leggi sull’immigrazione, ad esempio). Appunto, una enorme anomalia: ciò che non aiuta a combatterla è il fatto di innestarsi in un sistema che di anomalie (di diverso colore e di diverse spinte) ne aveva già, e ne ha tuttora, a sufficienza.
Le opposizioni sono impossibilitate a vincere a causa di Berlusconi? No. Semplicemente, perdono. E perdono per colpe proprie. La memoria spesso è corta, e forse molti hanno dimenticato l’entusiasmo che circondava l’Unione nel 2006, quando le elezioni si annunciavano come un trionfo (sbagliando, ma la vittoria ci fu), e quando gli elettori avevano l’impressione di potersi attendere molto dal centrosinistra, dopo cinque anni di delusioni. Se oggi le opposizioni non riescono ad attrarre non solo l’altrui elettorato, ma neanche il proprio, non è per causa di Berlusconi. E’ per colpa propria. In altre parole: le condizioni strutturali perché in Italia ci sia l’alternanza ci sono. Se alternanza non c’è, è perché agli occhi degli elettori ciò che manca è l’alternativa. E l’alternativa non si produce accatastando l’un sopra l’altro partiti, dall’estrema sinistra all’estremo centro, che spesso non hanno nulla a che vedere tra loro. Davvero si tratterebbe di un’alternativa, o sarebbe una semplice opzione sulla scheda?
In fin dei conti, l’Italia è ancora una democrazia? Sì. E’ ancora una democrazia. Ma una democrazia le cui fondamenta paiono diventare sempre più flessibili (melmose?). Ma se si ritiene che tutto ciò sia avvenuto per esclusiva colpa di Berlusconi, si rischia di sbagliare analisi e, di conseguenza, azione. Perché, se ciò fosse vero, basterebbe sostituire Berlusconi per salvare il paese. Ma se domani Berlusconi sparisse, cosa succederebbe? Che quel vuoto verrebbe rapidamente riempito. Ciò perché la sparizione di Berlusconi non cancellerebbe gli scricchiolii democratici, che preesistono al Cavaliere, che con lui sono di molto aumentati ma che dopo di lui resteranno, perché in moltissimi hanno lavorato per alimentarli. La “ristrutturazione” delle fondamenta democratiche del nostro paese, invece, passa per un avvicinamento alle democrazie solide. Dunque, per la costruzione di alternative credibili. Che sappiano produrre quelle riforme economiche, civili, istituzionali di cui il nostro paese avrebbe profondo bisogno. Che non vogliano riscrivere la Costituzione, ma che sappiano rispettarla (e in questo quasi nessuno può dirsi innocente). Dubito che tutto ciò potrebbe essere fatto da un frullato che terrebbe assieme Ferrero e Casini, Marino e Volonté, Di Pietro e Carra. Dunque: il Comitato di Liberazione Nazionale risolverebbe davvero l’emergenza? O piuttosto finirebbe con l’alimentarla?
Berlusconi è un dittatore? No. Berlusconi è una enorme anomalia. Non solo. Una enorme anomalia che ha accentuato notevolmente i suoi caratteri nel corso dell’ultima legislatura. Negli atteggiamenti e nei fatti, che somigliano maggiormente a quelli di un capo di stato da democradura sudamericana che di un premier europeo. Ciò detto, a Berlusconi non riesce ciò che riusciva ai capi di stato delle democradure. Non è un caso che le leggi ad personam hanno fatto una fine miserabile (e prevedibile). A Berlusconi riescono, invece, altre imprese: bloccare il parlamento in discussioni di miserrimo interesse su questioni che riguardano solo lui, o produrre aborti legislativi di inqualificabile qualità (si pensi alle leggi sull’immigrazione, ad esempio). Appunto, una enorme anomalia: ciò che non aiuta a combatterla è il fatto di innestarsi in un sistema che di anomalie (di diverso colore e di diverse spinte) ne aveva già, e ne ha tuttora, a sufficienza.
Le opposizioni sono impossibilitate a vincere a causa di Berlusconi? No. Semplicemente, perdono. E perdono per colpe proprie. La memoria spesso è corta, e forse molti hanno dimenticato l’entusiasmo che circondava l’Unione nel 2006, quando le elezioni si annunciavano come un trionfo (sbagliando, ma la vittoria ci fu), e quando gli elettori avevano l’impressione di potersi attendere molto dal centrosinistra, dopo cinque anni di delusioni. Se oggi le opposizioni non riescono ad attrarre non solo l’altrui elettorato, ma neanche il proprio, non è per causa di Berlusconi. E’ per colpa propria. In altre parole: le condizioni strutturali perché in Italia ci sia l’alternanza ci sono. Se alternanza non c’è, è perché agli occhi degli elettori ciò che manca è l’alternativa. E l’alternativa non si produce accatastando l’un sopra l’altro partiti, dall’estrema sinistra all’estremo centro, che spesso non hanno nulla a che vedere tra loro. Davvero si tratterebbe di un’alternativa, o sarebbe una semplice opzione sulla scheda?
In fin dei conti, l’Italia è ancora una democrazia? Sì. E’ ancora una democrazia. Ma una democrazia le cui fondamenta paiono diventare sempre più flessibili (melmose?). Ma se si ritiene che tutto ciò sia avvenuto per esclusiva colpa di Berlusconi, si rischia di sbagliare analisi e, di conseguenza, azione. Perché, se ciò fosse vero, basterebbe sostituire Berlusconi per salvare il paese. Ma se domani Berlusconi sparisse, cosa succederebbe? Che quel vuoto verrebbe rapidamente riempito. Ciò perché la sparizione di Berlusconi non cancellerebbe gli scricchiolii democratici, che preesistono al Cavaliere, che con lui sono di molto aumentati ma che dopo di lui resteranno, perché in moltissimi hanno lavorato per alimentarli. La “ristrutturazione” delle fondamenta democratiche del nostro paese, invece, passa per un avvicinamento alle democrazie solide. Dunque, per la costruzione di alternative credibili. Che sappiano produrre quelle riforme economiche, civili, istituzionali di cui il nostro paese avrebbe profondo bisogno. Che non vogliano riscrivere la Costituzione, ma che sappiano rispettarla (e in questo quasi nessuno può dirsi innocente). Dubito che tutto ciò potrebbe essere fatto da un frullato che terrebbe assieme Ferrero e Casini, Marino e Volonté, Di Pietro e Carra. Dunque: il Comitato di Liberazione Nazionale risolverebbe davvero l’emergenza? O piuttosto finirebbe con l’alimentarla?
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