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Articolo 21 - Editoriali
Niente "Bella ciao" nel mio Comune. Parola della presidente della provincia di Venezia
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di Adriano Donaggio

Francesca Zaccariotto, affascinante Presidente leghista della Provincia di Venezia, fa sapere che nel comune di cui è tuttora   Sindaco (San Donà di Piave) si celebrerà si il 25 aprile, ma niente    Bella Ciao "perché questa è la festa della Liberazione, non dei   partigiani. La cosa, detta da una leghista, sorprende. Non tanto per   la distinzione tra la Festa della Liberazione e i Partigiani, molti   dei quali hanno perso la vita per combattere l' invasore), ma perché    tra le cose positive della Lega c' è certamente la difesa delle   tradizioni popolari e del proprio territorio. Qualcuno poi riduce   questo in un brodo da quattro soldi (il dialetto). In realtà la   tradizione è un fatto più complesso. C' è il dialetto, ma anche le   regole democratiche che la Repubblica Serenissima si era data, le   regole della convivenza civile. Alcuni insegnamenti che ci vengono da    questa tradizione sono ancora molto attuali, anche alla luce dei fatti    di cui discutiamo in questi giorni. Se qualcuno ha visitato alla   Biblioteca Marciana la mostra delle Oselle (le monete commemorative   che il Doge era obbligato a regalare ai nobili dell' epoca) avrà   notato che al Doge era vietato raffigurarsi o se veniva raffigurato   doveva essere in ginocchio rispetto a un simbolo dello Stato. In altri    termini il narcisismo e l' autocelebrazione erano vietati,    considerati una minaccia per la vita democratica della Repubblica. Se    qualcun altro ha visitato la Mostra di Giorgione a Castelfranco   veneto, leggendo le didascalie avrà scoperto che molti nobili   costruirono i loro palazzi autocelebrativi nei terreni agricoli dell'    entroterra perchè ai nobili era vietato autocelebrarsi a Venezia, nel    cuore della Repubblica, della vita democratica della Repubblica.   "Bella ciao" appartiene a una tradizione popolare, un canto delle   nostre genti, nobile non per la ricchezza, ma per il sacrificio, il   dolore, la consapevolezza che esprimeva. Negarlo vuol dire negare un   momento di storia nobile delle nostre genti. Un canto, poi, che all'   origine era un canto delle mondine. Più tradizione popolare di così.

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