di Laura Garavini*
La Germania che vince è una Germania giovane e straniera che parla arabo, turco, portoghese e polacco. La Nazionale di calcio tedesca, con le sue stelle Özil, Khedira, Boateng, Klose, Podolski, Gomez, Cacau e Trochowski è lo specchio di una Germania che è cambiata profondamente dopo la svolta culturale-politico dei Governi rosso-verdi di dieci anni fa. La migrazione in Germania è una realtà ormai accettata. I migranti vengono visti per ciò che sono: una normalità nell’Europa del terzo millennio. A volte anche una sfida. Ma soprattutto una risorsa preziosa per il futuro del Paese.
Per i tedeschi lo straniero della porta accanto fa parte della vita quotidiana. Migranti e giovani tedeschi di origini straniere sono moderatori in Tv, manager di successo o deputati. Per l’opinione pubblica in Germania non è stato un caso che la metà dei giocatori della Nazionale che hanno giocato contro il Ghana e contro l´Inghilterra siano migranti o figli di migranti. Non si spreca neanche una parola su questo. Perché la presenza di immigrati in ogni parte della società, per i tedeschi, è ormai diventato un fatto normalissimo.
Solo quindici, vent’anni fa non era così. Negli anni ‘50 gli italiani furono i primi stranieri ad arrivare in Germania. Per decenni la politica tedesca non si è preoccupata di elaborare una politica per l’integrazione che fosse degna di questo nome. Ci sono voluti decenni affinchè la Germania accettasse la migrazione come un fenomeno normale. Per tanti anni sono stati fatti errori. A causa di una politica che vedeva gli immigrati innanzitutto come un problema e non come un´opportunità. Un pregiudizio che per anni ha impedito di capire che il futuro dei paesi europei dipende in gran parte anche dalla capacità di affrontare il fenomeno della migrazione sviluppando una politica vera e persistente per l’integrazione. Errori che in Italia vengono commessi ancora oggi.
Certo.. anche in Germania non tutto fila liscio. E questo nonostante si siano fatti passi da gigante durante le coalizioni rosso-verdi. Perché la migrazione è sempre un argomento complesso. Non esiste la bacchetta magica, soprattutto se si sono sprecati decenni in cui non si è fatto nulla. Per questo ancora oggi ci sono delle dolorose cicatrici, anche in Germania. Nella stessa comunità italiana ci sono ancora troppi giovani che hanno difficoltà sia a scuola che sul mercato del lavoro. Anche in Germania tra le notizie di cronaca nera si trovano di tanto in tanto casi di violenza provocati da migranti, per esempio da turchi o da arabi. Ma questi episodi vengono recepiti dall’opinione pubblica per quello che sono: fatti gravi, ma isolati. In un quadro generale positivo. E dunque episodi di cui non bisogna abusare per farne bassa propaganda politica.
È ormai patrimonio comune: la presenza dei migranti nella società è un fatto normale e all’integrazione non c’è alternativa. La Germania è la dimostrazione che con una buona politica di integrazione si vince – nella vita normale come nel calcio. Özil, un immigrato turco di terza generazione, Khedira, figlio di un operaio tunisino, Boateng, nato a Berlino da un padre del Ghana, Gomez, figlio di un immigrato spagnolo, Cacau, venuto dal Brasile in Germania da bambino, Klose e Podolski, “oriundi” nati in Polonia da genitori con radici tedesche. Sono loro la forza della Nazionale di calcio. E sono loro il simbolo di una Germania moderna che sta affrontando in modo positivo e serio la sfida della migrazione. Proprio ciò che in Italia manca.
*Deputata eletta nella circoscrizione estero, residente in Germania