di Ottavio Olita
“Lasciamo i palazzi alla loro misera solitudine” hanno scritto più o meno gli studenti romani nel convocare la manifestazione che il 22 dicembre ha raggiunto l’altra città, l’altra Italia, quella nella quale si fatica a vivere tutti i giorni, ad arrivare alla fine del mese; le tangenziali sulle quali si butta via una parte consistente della vita. Che lezione! Lì dentro, nel Palazzo, la maggioranza dei senatori sorda a tutto, si è ancora una volta compattata intorno alla Gelmini tagliando di netto un possibile rapporto con il Futuro, formalmente entrato a far parte di una sigla che vuole essere la novità della vita politica italiana, ma immediatamente cancellato nei fatti. E si è astenuto quel partito di centro che una parte del Pd vorrebbe individuare come un possibile alleato.
“Resisteremo un secondo in più di questo governo”, hanno poi detto gli stessi studenti i quali, nonostante l’ignoranza, l’approssimazione se non proprio l’analfabetismo storico del Ministro della Pubblica Istruzione, hanno in comune con i loro predecessori di 40 anni fa la stessa passione per l’impegno civile, per il progresso, per il miglioramento della società.
La riforma Gelmini è stata la prima, reale, devastante, conseguenza del vergognoso mercato del 14 dicembre. Ennio Remondino sceglie la strada del sarcasmo e del disgusto, io sento l’assoluta necessità, urlata a gran voce da Beppe Giulietti, di individuare una nuova, concreta, efficace proposta e capacità organizzativa. Come?
Innanzi tutto finiamola di aspettare il posizionamento del Pd. Anticipiamo le scelte, progettiamo il Paese che vogliamo, disegniamo un’Italia diversa dagli egoismi, dagli opportunismi, dalle volgarità di oggi, predisponiamo una speranza per i ragazzi ai quali vengono cancellate prospettive di studio, di lavoro, di autonomia, di un’età adulta economicamente garantita. Programmi e progetti, dunque, sui quali far confrontare tutto il centrosinistra, temi su cui aprire una discussione, su cui discutere con il Paese. Dimostriamo di essere noi la forza politica del “fare” e non questo governo imbelle, concentrato solo sulla difesa dei più ricchi e delle aziende del Padrone, che si è riempito la bocca anche di questo termine – “Il governo del fare” -, dopo aver violentato altre parole fondamentali della democrazia per usarle solo come slogan propagandistici, svuotate nella pratica dei loro contenuti profondi.
E’ su quel programma che costruiremo le alleanze, non su ragionamenti a tavolino fatti da strutture di potere che hanno completamente perso il contatto con il Paese Reale. Cosa voglio dire? Faccio un esempio concreto.
Vendola ha più volte ripetuto che Tremonti non è la soluzione dei problemi del Paese, ma è lui stesso il problema. Credevo che anche questo fosse solo uno slogan, finché il suo assessore regionale alle politiche giovanili, Fratoianni, in un convegno svoltosi a Cagliari l’11 dicembre, ha illustrato quale lungimirante scelta di interventi per favorire l’occupazione dei giovani la giunta Vendola ha disposto incontrando continui ostacoli proprio nel “ragioniere” che guida il ministero dell’economia. In quell’occasione mi son detto: “Ecco dov’è la vera ragione dello straordinario seguito che Nicky Vendola ha nella sua regione. Fa progetti innovativi e li realizza”. Questo dovrebbe fare la nuova politica, Basta con calcoletti e giochetti, parliamo di quale Italia vogliamo costruire. C’è tanta progettualità in termini di solidarietà, libertà e legalità, come sottolinea Giulietti: diamo a questi grandi ideali le gambe su cui camminare. Credo che ci siano molti amministratori democratici e progressisti in grado di raccontare storie diverse dal ritorno alle clientele, ai favori, alle raccomandazioni. L’Italia che conosce solo la propaganda berlusconiana deve essere messa in grado di capire e di scegliere, non per appartenenza o per ideologia, ma perché finalmente messa nelle condizioni di conoscere realtà rigidamente tenute nascoste dagli apparati dell’informazione strettamente controllati da chi detiene il potere politico.
Facciamo dunque una grande riunione organizzativa, ma per finalizzarla a “Che fare” con progetti su cui poi ci si dovrà confrontare in primarie vere, sorrette da differenti valutazioni e non destinate soltanto a scontri nominalistici, organizzate in fretta e furia, magari a ridosso delle vere scadenze elettorali, quelle che servono alla Democrazia Italiana e non solo alla democrazia interna del centrosinistra. La nostra strenua difesa della Costituzione non può restare in letargo in attesa che il Pd decida con chi stare. Decidiamo che noi stiamo dalla parte degli studenti; dei giovani ai quali viene negato il futuro; dalla parte dei precari; degli operai ai quali vengono chiuse le fabbriche e negati i diritti; dalla parte degli Aquilani massacrati dal terremoto e dalle tasse; degli alluvionati del Veneto; dei siciliani che vedono come un terribile rischio e una minaccia la costruzione del ponte sullo stretto di Messina; dei calabresi con i loro spaventosi record di disoccupazione; dei sardi ai quali chiudono tutto l’apparato industriale e le cui coste e città corrono seri rischi di ulteriore cementificazione; degli immigrati che sempre più vengono descritti come un problema e non come una risorsa; dei ricercatori universitari, grande realtà strategica d’ogni Paese, ridotti a vivere d’elemosina; dei Beni Culturali, del Teatro, del Cinema massacrati da un poetastro incensatore dell’imperatore che si spaccia per ministro; delle donne sempre più emarginate e zittite, come è capitato anche a due significative esponenti del Dicastero Berlusconi. C’è riuscita la Spagna, in un quarto di secolo, dopo la caduta del Franchismo, perché non dovremmo riuscirci noi?
Facciamo come quegli studenti romani. Scegliamo il Paese Reale e facciamo sì che il Palazzo ritorni ad essere al suo servizio, come è scritto a caratteri indelebili nella nostra Carta Costituzionale.