di Stefano Mencherini*
La notizia sta tutta qui: il nuovo vescovo di Lecce abbandona a sé stessa la Fondazione “Regina pacis”. Monsignor Domenico D’Ambrosio infatti potrebbe aver già firmato oggi un protocollo, come lui stesso mi ha detto qualche giorno fa con lo sguardo acceso, che spezza i legami tra Curia salentina e una realtà molto imbarazzante non solo per la per la chiesa leccese, data dalla presenza invasiva e fortemente negativa di due vecchi capisaldi come Cosmo Ruppi, oggi emerito vescovo, e Cesare Lodeserto da sempre suo sodale e poi capofila e capobastone di un’agguerrita brigata di banditi, per di più violenti. Tutto per voltare finalmente pagina e grazie alla nuova gestione riavvicinare una buona fetta di credenti pugliesi e non. Oppure si può leggere così, la questione: che magari anche Ruppi, pur in “esilio” (dorato) e pur sempre dedito alle “sacre scritture” (un libro sui santi lanciato da radio Vaticana e accompagnato qualche settimana fa da 12 righe di Ansa che riportavano il verbo illuminato dell’illustre religioso: “Basta parlare di escort, riscopriamo i santi”), ma impegnato anche nell’esercizio di pubblicistica sulla stampa locale, e da varie apparizioni con una rubrichetta sulla onnipresente Tele Norba; che l’emerito Cosmo Ruppi –dicevamo- possa trarre giovamento da questo definitivo e formale allontanamento e quindi sia lui il vero ispiratore della scelta del nuovo vescovo. Giovamento per sé stesso e per la Curia leccese che lui ha fatto crescere ambiziosamente, anche se con intermezzi inquietanti, negli ultimi decenni. Così, sarebbe infatti messa al sicuro non soltanto la propria riconquistata immagine, ma anche evitati fastidi e imbarazzi da possibili nuovi guai giudiziari che potrebbero far mettere nuovamente il naso negli affari passati della Curia e di conseguenza anche rimettere a rischio la sua figura da autorevole e sempre potente e persino illuminato prelato oggi in pensione.
La pecora nera, Lodeserto, pur sempre una pecorella del gregge anche per il nuovo vescovo che non dimentichiamolo salì a celebrarlo pure in Moldavia, probabilmente se la gode. Perché, ed è questa l’altra notizia che ci passa monsignor D’Ambrosio, la Fondazione “Regina pacis”, che fu la vera cassaforte della Curia leccese, non viene ribattezzata o affidata a nuovi, trasparenti e volenterosi religiosi, ma viene spostata a Mantova dove il Lodeserto, lo ricordano bene le sue vicende giudiziarie, ha vecchie e probabilmente nuove amicizie.
Nel frattempo, nella capitale moldava le “opere di bene” mettono radici, come recita l’invito per domani 17 marzo a Chisinau:” Car.mi Amici,
alle ore 11.00 inaugureremo la nuova struttura “Casa Regina Pacis”.
All’interno la Fondazione effettuerà i seguenti servizi: cucina, mensa e centro ascolto per anziani e indigenti. “Cerco amici per un pezzo di pane”, il progetto. CCB -Monte Paschi di Siena IBAN: IT95 eccetera eccetera”.
Per chiudere: una soluzione, quella adottata da monsignor D’Ambrosio, che mette tutti (loro) di buon umore. Meno, molto meno noi cittadini, sfiduciati, stanchi e irati spettatori di questa rinnovata soap in salsa salentina sulla pelle dei piu’ deboli. Ancora meno i magrebini seviziati e torturati nel vecchio Cpt denominato anch’esso “Casa Regina Pacis”, e le donne sfruttate dal prete e dai suoi aguzzini. Che aspettano ancora giustizia. Ed ecco che diventa questa, oggi, la vera e unica notizia.
*giornalista indipendente e regista Rai (pubblicato su "Il Paese Nuovo")