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Articolo 21 - Editoriali
Libia, la strana guerra contro noi stessi
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di Silvia Bartolini

In cifre: al 158º posto su 165 per livello di democrazia, 35 anni fa  415 milioni di dollari alla Fiat, 2% di Finmeccanica,  4% di Unicredit, 1% della Eni,  7,5 della Juventus
 
Accordo per evitare le doppie imposizioni sui redditi derivanti dall'esercizio della navigazione aerea 1976; Protocollo di intesa in materia commerciale. 1982;  Accordo bilaterale per la cooperazione nel settore del turismo 1998; Accordo bilaterale sulla promozione e protezione degli investimenti 2000; Accordo bilaterale di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica 2003; Trattato bilaterale di amicizia, partenariato e cooperazione 2008; Accordo bilaterale di cooperazione economica e scientifica nel settore delle risorse marine 2009; Accordo bilaterale di esenzione dall'obbligo di visto per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio 2010. Sono alcuni dei patti/accordi/trattati che negli anni ci hanno legati alla Giamahiria e come se non bastassero ci sono i baciamani, le tende beduine a villa Borghese, i purosangue berberi e le ragazze in via di islamizzazione. Come dimenticare poi i business che fin dai primi anni “70 hanno avvicinato la Libia all’Italia? Il 2% di Finmeccanica, il 4% di Unicredit,  l'1% della Eni, il 7,5 della Juventus, per non parlare di quando 35 anni fa il 10% di azioni della Fiat arrivò  alla banca centrale libica in cambio di 415 milioni di dollari. «Non avevamo bisogno di questo danaro, ma è buona regola che i capitali si vadano a trovare quando non sono necessari» fu il commento di  Agnelli... noblesse oblige. Perché in realtà di liquidità aveva un gran bisogno già allora la Fiat, ma erano altri tempi, tempi in cui i vertici del Lingotto, quasi con scherno dichiaravano di non volere aiuti statali per uscire dalla crisi, che spetta alle imprese provvedere a se stesse, magari con capitali esteri. Sarebbe banale adesso attaccare con l’elenco dei casi in cui poi la Fiat ha attinto a piene mani agli aiuti del governo, spesso disattendendo agli impegni presi con i sindacati e con il governo stesso, no, il punto non è questo, il momento è grave, ci sono morti feriti, c’è la guerra, perché parlare di economia? Per Ibrahim al-Koni il suo paese è pronto per una nuova rivoluzione dopo 42 anni d’oppressione... Però c’è una cosa che veramente non capisco, abbiamo allegramente fatto affari/patti/accordi/trattati/cavalcate/baciamano con un governo che apertamente viola i diritti civili e umani da oltre 40 anni, il cui ministro degli esteri ha dichiarato illecita  l'Agenzia dell'ONU per i Rifugiati ((UNHCR), che per The Economist   è al 158º posto su 165 per livello di democrazia, e adesso? Adesso tutto il mondo evoluto e democratico, che non viola apertamente di diritti civili dei propri cittadini/elettori si è accorto che la Libia è guidata da un pazzo dittatore sanguinario. Ma non è un oscuro dittatore di un qualche stato africano, no è un nostro socio, così mi domando, è possibile stringere una mano sporca di sangue senza sporcarci a nostra volta? Senza essere in un qualche modo taciti complici non meno colpevoli?

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