Articolo 21 - Editoriali
La strana idea della democrazia senza giustizia
di Ernesto Maria Ruffini
La riforma della giustizia è una costante della politica berlusconiana. In più occasioni, il tentativo è stato quello di indebolire i pubblici ministeri, di rendere difficoltose le intercettazioni telefoniche, di depenalizzare condotte prima previste come reati, fino ad arrivare al manifesto intento di sciogliere il premier dal vincolo delle leggi e, da ultimo, alla proposta di abbreviare i termini di prescrizione.
Tutte le proposte di riforma sono state accompagnate da campagne demagogiche volte a convincere i cittadini che i loro veri problemi non sono il lavoro, la casa, la salute, lo studio, ma i magistrati. Come se il problema principale e più urgente dei cittadini non fosse quello di arrivare a fine mese, di garantire un futuro ai propri figli, di essere curati nel migliore dei modi, di comprare una casa o di affittarne una ad un prezzo ragionevole, ma quello di non essere intercettati o quello di difendersi da accuse ingiuste avanzate da pubblici ministeri disonesti.
L’idea di fondo di queste proposte è quella della difesa di una singolare idea di democrazia. Una democrazia che pone i politici al di sopra delle leggi e al di sopra degli altri cittadini. Una democrazia minata dall’azione della magistratura che vorrebbe far rispettare il principio costituzionale secondo cui siamo tutti uguali di fronte alla legge. Una democrazia che non può tollerare che i magistrati, privi del mandato popolare, possano permettersi di ostacolare quei pochi cittadini che fanno politica e che hanno ricevuto l’investitura del popolo sovrano.
Anzi. Se quel voto è stato dato nonostante le azioni della magistratura, a maggior ragione i magistrati dovrebbero alzare le mani e lasciar correre.
Un’idea semplice, che sembra affermare una verità incontrovertibile, ma invece è una menzogna, che merita di essere contraddetta con fermezza.
Non è vero che i magistrati non hanno un mandato popolare. Ne hanno uno diverso e, in qualche misura, altrettanto sacro di quello ricevuto dai politici.
Sono i magistrati, infatti, che devono garantire l’osservanza delle leggi che il popolo si è dato. E lo devono garantire in modo costante ed uniforme indipendentemente dall’alternarsi delle maggioranze parlamentari. Se viene meno questa garanzia, è l’idea stessa di democrazia ad essere messa in crisi ed è quello a cui stiamo assistendo.
Tutte le proposte di riforma sono state accompagnate da campagne demagogiche volte a convincere i cittadini che i loro veri problemi non sono il lavoro, la casa, la salute, lo studio, ma i magistrati. Come se il problema principale e più urgente dei cittadini non fosse quello di arrivare a fine mese, di garantire un futuro ai propri figli, di essere curati nel migliore dei modi, di comprare una casa o di affittarne una ad un prezzo ragionevole, ma quello di non essere intercettati o quello di difendersi da accuse ingiuste avanzate da pubblici ministeri disonesti.
L’idea di fondo di queste proposte è quella della difesa di una singolare idea di democrazia. Una democrazia che pone i politici al di sopra delle leggi e al di sopra degli altri cittadini. Una democrazia minata dall’azione della magistratura che vorrebbe far rispettare il principio costituzionale secondo cui siamo tutti uguali di fronte alla legge. Una democrazia che non può tollerare che i magistrati, privi del mandato popolare, possano permettersi di ostacolare quei pochi cittadini che fanno politica e che hanno ricevuto l’investitura del popolo sovrano.
Anzi. Se quel voto è stato dato nonostante le azioni della magistratura, a maggior ragione i magistrati dovrebbero alzare le mani e lasciar correre.
Un’idea semplice, che sembra affermare una verità incontrovertibile, ma invece è una menzogna, che merita di essere contraddetta con fermezza.
Non è vero che i magistrati non hanno un mandato popolare. Ne hanno uno diverso e, in qualche misura, altrettanto sacro di quello ricevuto dai politici.
Sono i magistrati, infatti, che devono garantire l’osservanza delle leggi che il popolo si è dato. E lo devono garantire in modo costante ed uniforme indipendentemente dall’alternarsi delle maggioranze parlamentari. Se viene meno questa garanzia, è l’idea stessa di democrazia ad essere messa in crisi ed è quello a cui stiamo assistendo.
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